Mafie

‘Ndrangheta, la denuncia dell’ex nuora del boss: “Minacciava di seppellirmi con la ruspa. Io laureata, ma mi impedivano di lavorare”

“Della famiglia Arena so che non hanno mai lavorato onestamente. In generale già durante la mia vita matrimoniale ho subito numerose volte minacce del mio ex suocero e dal mio ex marito, che mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa, volendo intendere che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita. Quando ho lasciato Rosario, 13 novembre 2018, Domenico Arena, il mio ex suocero, mi ha detto che sarebbe venuto sotto casa, avrebbe distrutto tutto e ci avrebbe uccisi, infatti ho denunciato questo evento presso la tenenza di Rosarno”. È il racconto raccapricciante di una donna ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

A parlare è l’ex moglie di Rosario Arena. Lui e il padre, Domenico Arena, sono stati arrestati dai carabinieri nell’ambito di un’operazione che ha fatto luce sulle angherie subite dalla donna dopo che ha sposato un uomo ritenuto vicino alla cosca Pesce di Rosarno. Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, nei confronti di Domenico e Rosario Arena il gip Tommasina Cotroneo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Estorsione e minacce aggravate dalle modalità mafiose sono i reati contestati nei tre capi di imputazione dalla Dda che, grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha fatto luce sulle attività illecite della famiglia Arena che, nella zona di Rosarno e Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, avrebbe imposto il proprio volere tramite una generale condizione di assoggettamento ambientale. Nell’inchiesta sono indagati altri due soggetti dello stesso nucleo familiare: la figlia e sorella dei due arrestati, Angela Arena, e suo marito Giuseppe Valenzise.

“Sono imparentati con i Pesce”, spiega ai pm il pentito Vincenzo Albanese secondo cui gli Arena “sono come una coschicella. Sono gente che va rispettata sul territorio, gente che ha influenza. Sono imparentati e affiliati ai Pesce cioè ad esempio, se io gli dò uno schiaffo a Biagio Arena (altro figlio di Domenico, ndr) so che intervengono i Pesce al 100%”. Padre e figlio arrestati sono accusati di estorsione ai danni della cooperativa agricola “Fattoria della Piana” che si trova a Candidoni e che, per 18 anni, sarebbe stata costretta a versare somme di denaro alla famiglia Arena la quale avrebbe imposto anche due assunzioni di persone che godevano della loro protezione.

Per i pm dell’antimafia e per i carabinieri la “Fattoria della Piana” era diventata una vera e propria fonte di reddito illecito della famiglia Arena. La cooperativa agricola, infatti, doveva consegnare a Rosario Arena una sorta di stipendio mensile comprensivo di tredicesima nel periodo delle festività natalizie. Una parte dei guadagni dell’attività di ristorazione e della produzione di biogas, invece, sarebbero stati versati agli altri figli di Domenico Arena “come prezzo della possibilità di svolgere l’attività di impresa”. L’inchiesta ha fatto luce anche su alcune minacce rivolte a un medico dell’ospedale di Bari per assicurarsi la modifica di un certificato che sarebbe servito per fare ottenere i domiciliari a Domenico Arena, all’epoca detenuto.

In sostanza, contattato più volte telefonicamente e in un’occasione anche di persona presso lo studio del professionista all’interno di una clinica di Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, gli indagati hanno fatto capire al medico che “sarebbe finita male” in caso di rifiuto. Per le minacce al medico, oltre a Domenico Arena, sono indagati la figlia Angela e il marito Giuseppe Valenzise. Quest’ultimo si è rivolto così al medico: “Domani voi venite con la relazione fatta, dottore… domani venite con la relazione fatta perché mio suocero non può aspettare i comodi vostri. Domani venite con la relazione fatta, sennò finisce male! Chiaro e tondo”.

“Un medico-chirurgo, specialista in neurochirurgia, venne, dunque, costretto a piegarsi ed umiliarsi – scrive il gip Cotroneo – di fronte di un pericoloso delinquente, a scrivere quello che non riteneva di dover scrivere, secondo la sua diagnosi e le sue conoscenze mediche, a farlo nel più breve tempo possibile, a mostrare, addirittura, sul proprio pc ad un qualunque Valenzise il file word della relazione redigenda e ad indicare a costui il momento preciso in cui avrebbe inviato l’elaborato al difensore dell’Arena. Egli, dunque, fu letteralmente perseguitato al fine di redigere una relazione sanitaria che aveva un solo scopo: quello di fare ottenere all’Arena la tanto agognata detenzione domiciliare”.

L’aspetto più raccapricciante dell’inchiesta sono però le minacce subite dall’ex moglie di Rosario Arena che, mentre era ancora detenuto, attraverso i figli, avrebbe detto alla donna che lo aveva lasciato che, una volta scarcerato, “avrebbe sistemato tutto”. Suo padre Domenico Arena, invece, utilizzando un falso profilo Facebook, avrebbe pubblicato frasi indirizzate all’ex nuora. Sulla bacheca di quest’ultima, infatti, il suocero avrebbe scritto “dovrai morire di fame” e, successivamente, in uno scambio di messaggi “le offriva la somma di 100mila euro se fosse tornata a vivere con il figlio”.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari scrive che la vita matrimoniale della vittima “è stata improntata a pressioni psicologiche continue, in quanto il suocero ed il marito pretendevano che lei, come le altre nuore, prendesse parte attiva agli affari illeciti della famiglia, tra cui il traffico di stupefacenti, e che avesse con il suocero atteggiamenti sessuali promiscui e confidenziali”. “Mi sono diplomata e laureata – dice la donna ai pm – Lui mi diceva sempre che non dovevo lavorare. Se volevo dei soldi me li dovevo guadagnare, senza lavorare però. Ricordo in particolare che mio suocero proponeva a noi donne della famiglia di occuparci della coltivazione di sostanza stupefacente. Mio marito mi chiamava ‘pentita’… mi alzava le mani addosso, mi abbandonava 3-4 notti, e diceva che se ne andava per colpa mia”.