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Mediterranea Inferno: il videogame della Generazione Z che racconta il periodo Covid

"L'idea non era quella di parlare esclusivamente della Generazione Z, ma era quella di parlare dell'Italia attraverso i miei occhi e gli occhi dei miei amici, perché è la realtà che conosco, che vivo": così il creatore Lorenzo Redaelli a Fanpage

La vita milanese di Claudio, Mida e Andrea procede come al solito. Tra sogni, ambizioni e progetti però si frappone un virus, denominato poco dopo come ‘Covid‘. Da lì un epilogo che tutti conosciamo, condito da quarantene, distanziamento sociale e tamponi. La vita di milioni persone in Italia e in tutto il mondo si ferma e cambia radicalmente. Due anni dopo, una vacanza in Puglia organizzata dai tre amici risulta fondamentale per riscoprire loro stessi dopo il trauma della pandemia. Nasce così Mediterranea Inferno, un videogioco che racconta gli interrogativi ed i turbamenti provati dai giovani della Generazione Z, nati tra il 1997 e il 2012, durante il lockdown.

Il risultato è un prodotto che riflette il pensiero di molti, partendo sì dall’esperienza dei tre ragazzi, ma adottando uno sguardo universale, in cui potenzialmente ogni persona può essere in grado di rispecchiarsi. Intervistato da Fanpage.it, Lorenzo Redaelli, game designer, ha raccontato le idee ed il processo di realizzazione avvenuto attorno al gioco. Il classe ’95 ha quindi spiegato com’è nato il progetto, rimarcando il concetto che il ‘gioco elettrico’ è stato pensato per poter essere gustato da tutte le età: “[… L’idea non era quella di parlare esclusivamente della Generazione Z, ma era quella di parlare dell’Italia attraverso i miei occhi e gli occhi dei miei amici, perché è la realtà che conosco, che vivo. Non doveva essere nemmeno un gioco sul Covid, ma un gioco che parla del presente. Ho iniziato a lavorarci nel 2020, poi il Covid ha preso sempre più spazio nel presente e quindi è diventata la parte per il tutto. In qualche modo, è diventato anche un espediente narrativo che mi ha permesso di mettere il salto temporale tra com’era prima e come siamo diventati dopo”, spiega lo sviluppatore.

Dopo la chiusura, il ritorno in Puglia è stato fondamentale per l’ideazione del lavoro: “Milano è il mio punto di partenza, dove vivo e sto crescendo. La Puglia è letteralmente il posto in cui in quanto milanese andavo a fare le vacanze da quando ero piccolo. … Lei (la Puglia, ndr) mi ha visto crescere e io l’ho vista trasformarsi, dal punto di vista turistico, durante la bolla estiva di agosto. Ogni anno in cui ci ritornavo l’ho vista sempre più ricca di turisti, più cara, con questa voglia quasi ingorda di trasformarsi. Da lì l’idea di distruggere lo stereotipo della vacanza italiana, di trarne una sorta di incubo, di inferno appunto“, continua.

Il finale del gioco avrà diversi scenari, ma solo uno – quello ‘assoluto’ – rispecchia il pensiero dell’ideatore, come a dire: “Non volevo insegnarvi nulla, volevo solo farvi vedere quello che provo, non è una lezione, anzi se qualcuno se l’aspetta non ha capito nulla”. E ancora: “L’idea iniziale era quella di fare un fumetto. Però, dato che mi occupo pure di musica e regia, sentivo che avrei potuto dare molto di più mischiando tutti i linguaggi multimediali“. L’obiettivo finale dell’opera è quello di raccontare il punto di vista italiano per far comprendere, grazie ad un linguaggio universale come quello dei ‘games’, cosa hanno provato i ragazzi ed una popolazione intera di fronte ad una pandemia.