Lavoro & Precari

Tav, due operai morti in quattro mesi nei cantieri francesi. France Insoumise chiede indagini imparziali: “Prevenzione fallita”

Due morti nei cantieri Tav in soli quattro mesi. Accade sul lato francese dei lavori di costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione. L’ultima vittima è un tecnico di 31 anni. Nel pomeriggio del 7 novembre ha perso la vita mentre lavorava nel cantiere di Saint Martin La Porte, in Savoia. Secondo la ricostruzione del giornale francese Le Dauphine, l’uomo sarebbe morto “per la caduta di un elemento metallico molto pesante nel laboratorio dove si effettuano le prove sul calcestruzzo”. I suoi colleghi hanno chiamato i soccorsi ma non c’è stato nulla da fare. Il nome della vittima non è stato divulgato mentre la magistratura ha aperto un’inchiesta per accertare le cause del decesso. A dare la notizia è stata la società promotrice pubblica responsabile della realizzazione della sezione internazionale della futura linea Torino Lione, Telt. In un comunicato pubblicato solo in francese che per una settimana non è stato rilanciato sui media italiani, la società “si unisce al dolore della famiglia, dei cari e dei colleghi della vittima” e dichiara di essere “a disposizione delle autorità pubbliche”. Eppure non è un caso isolato. Meno di quattro mesi fa, il 19 luglio, un operaio di 51 anni è morto nel cantiere di Saint Jean de Maurienne. Anche in questo caso la procura di Albertville aveva aperto un’inchiesta per accertare le eventuali responsabilità.

“La domanda è dunque una sola, quanti morti dovremo ancora contare? Quanto denaro ancora vedremo sprecato prima di dire basta – si chiede in una nota il movimento No Tav – da oggi è in corso un’indagine che dovrà stabilire le cause della morte, i colpevoli invece sono chiari. Sono i committenti responsabili di questi cantieri, politicanti francesi e italiani intenti a sprecare e rubare un fiume di denaro pubblico in cantieri inutili e climaticidi”.

Una posizione condivisa anche dal deputato francese di La France Insoumise Jean-François Coulomme che al fattoquotidiano.it racconta: “Questo ripetersi inaccettabile illustra il fallimento dell’azienda in termini di prevenzione dei rischi di incidenti, così come di trasparenza sulle condizioni in cui si sono verificati questi incidenti mortali”. Il deputato si dice “preoccupato per la gestione del progetto sia in termini di danni alla salute e alla vita dei lavoratori sui due versanti delle Alpi, sia in termini di prevenzione dei rischi di gravi danni ambientali riguardanti le risorse idriche, le falde acquifere, la dispersione di prodotti e metalli inquinanti”. L’appello al governo francese e italiano è quello di “svolgere indagini amministrative e giudiziarie serie e imparziali sulle condizioni di lavoro e di sicurezza nei cantieri e di effettuare studi esaustivi di impatto ambientale sulle conseguenze del lavoro sulle risorse naturali e sulle impronte ambientali che avranno un impatto sulle generazioni future nei territori alpini interessati”.

Sul versante italiano, la consigliera regionale piemontese del gruppo misto Unione Popolare Francesca Frediani punta il dito sul silenzio attorno a questa vicenda. “Due morti in quattro mesi nei cantieri francesi della Torino-Lione, una notizia che non ha certo avuto la stessa rilevanza che solitamente viene data agli annunci roboanti sull’avanzamento degli scavi Oltralpe. Eppure parliamo di vite spezzate in un cantiere che, quando fa comodo, viene considerato unico”. La consigliera esprime una grande preoccupazione nei confronti delle condizioni di sicurezza applicate nei cantieri collegandole alle condizioni di lavoro emerse nel corso di un’audizione della terza commissione della Regione Piemonte: “Sul lato francese sono presenti numerosi lavoratori stranieri intermittenti (80%, secondo quanto riferito in una recente audizione in Commissione) e in Italia preoccupano le novità introdotte dal nuovo codice appalti, con il sistema delle tutele equivalenti e degli appalti a cascata. Se morire sul lavoro è un destino inaccettabile, risulta ancora più duro accettare che si possa sacrificare delle vite per realizzare una grande opera inutile, come abbiamo già ribadito commentando i decessi avvenuti nel cantiere del Terzo Valico”.