Mafie

Riecco l’asse tra i clan siciliani e i Gambino: 17 fermi tra Palermo e New York. Nelle intercettazioni spunta anche Messina Denaro

“Perché… alle persone dobbiamo dare ‘la sicuranza‘ fratello mio…”, parlava con chiarezza Frank Vicari, in una serie di conversazioni intrattenute nel 2020 con Gabriele Vito Rappa, figlio del più noto Frank, e ritenuto dalle autorità statunitensi affiliato della mafia statunitense. Una “sicuranza”, a fronte di un pagamento mensile di 6mila euro, per garantire gli imprenditori soggetti al loro controllo. Una serie di conversazioni che sono state trasmesse dalle autorità americane all’Italia, e dalle quali emerge “non soltanto l’inserimento dei medesimi interlocutori in una organizzazione criminale, stabile e a struttura verticistica, operativa a New York da individuarsi nella storica famiglia Gambino – scrivono gli inquirenti nella richiesta di arresto – ma anche la capacità dell’odierno indagato Frank Rappa di intervenire a beneficio degli associati statunitensi, mediante dei propri emissari, in una vicenda avente chiara matrice estorsiva”.

Affari mafiosi tra la Sicilia e gli Stati Uniti, grazie ad attività anche di import-export, mentre si teneva al corrente gli americani di tutto. Giovan Battista Badalamenti, lo scorso agosto rivelava del fratello Martino a John Jack D’Amico, reggente della famiglia Gambino, fino al 2008: “No, la sera va a dormire pure inside”, aggiornando D’Amico sullo stato di carcerazione del fratello. Un misto di americano e italiano che rivela i legami mafiosi tra la Sicilia e gli Usa. Un filo diretto che lega oggi 17 misure cautelari, scattate tra Palermo e New York. Alle 4 del mattino nella Grande Mela, alle 10 nel capoluogo siciliano, sono scattate le manette per esponenti della mafia al di qua e al di là dell’oceano. Un’operazione di Fbi e Sco di Roma, coordinate dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia dall’aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto Giovanni Antoci. Un filo diretto tra i due mondi che riporta indietro alle indagini che negli anni Settanta aveva condotto il capo della mobile di Palermo Boris Giuliano e alle celebri indagini Pizza Connection e Iron Tower. L’inchiesta di oggi riguarda le famiglie mafiose di Partinico, Borgetto e Torretta. Proprio quella di Torretta fu protagonista negli anni Ottanta nell’inchiesta Pizza Connection condotta da Giovanni Falcone che svelò i rapporti tra le mafie di vecchio e nuovo continente.

Ad unire i due periodi storici c’è appunto Frank Rappa, che, ad 81 anni, ancora emerge come punto di riferimento del sodalizio tra i due mondi, grazie anche alla presenza del figlio Gabriele Vito Rappa negli States. “Ah, con Ciccio! E tu di che cosa hai bisogno? Parla! Tutto quello che hai bisogno…”, così il 24 settembre, Giacomo Palazzolo (tra gli arrestati di oggi), uomo di fiducia di Rappa, si rivolgeva ad un imprenditore che chiedeva protezione per la sua pizzeria, a riprova, secondo gli inquirenti, del potere di controllo del territorio di Rappa. Un controllo esercitato su Borgetto, piccolo paese della provincia di Palermo.

“Tu a Ciccio Rappa lo conosci Salvatore, l’hai visto? Capisco che forse, il mandamento, o l’hanno dato a lui o lo vogliono dare a lui!”, Giovan Battista, in occasione di una recentissima conversazione del 20 luglio 2023, disvelava Salvatore Prestigiacomo, tra gli arrestati dell’operazione di mercoledì della Dda di Palermo, quale fosse il prestigio e la considerazione vantata dal capomafia di Borgetto, Rappa Francesco, nel sodalizio mafioso, tanto che era ormai ritenuta unanimemente certa la sua imminente ascesa al vertice dell’intero mandamento mafioso di Partinico. Mentre nell’agosto del 2019 Badalamenti con Puglisi parlava dell’omicidio di Frank Calì, boss della mafia americana, freddato da sei colpi di pistola esplosi da un ragazzo di 24 anni sulla soglia di casa sua: “La morte di questo c’ha tagliati a tutti le gambe”, diceva Badalamenti. “Sì, minchia una morte di fissa però, Battì”, rispondeva Francesco Puglisi, condannato per mafia, da sempre considerato vicino agli ambienti mafiosi di Torretta, altro comune della provincia di Palermo. “Oh yeah! – rispondeva Badalamenti, che continuava: “Mai si aspettava Franco era impensabile che … questo folle poteva … minchia ma io la sera che è successo … io la lotteria non posso vincere … un pazzo ma … chi può … nessuno ma manco se veniva … solo un pazzo, un pazzo … minchia il coroner, la realtà è successo … un pazzo fu”.

In un’altra conversazione, lo scorso aprile, Prestigiacomo, invece, abbassava la voce, per nominare Matteo Messina Denaro: “Quando è andato a finire a… a Trapani, i Trapanesi non sapevano niente. Messina Denaro si siddiò, dice: ‘Ma questo docu che ci faceva senza che io ne so niente’? E lui invece gli è andato a dire (incomprensibile) dice: ‘A posto, io qua, dice, posso…’. Quando poi lo hanno preso, dice: ‘Ma questo qua che ci faceva, dice, senza che io so niente!?’.” Dice: ‘Come tu non sai niente? Dice, ma… non l’hai avuto detto‘? Dice: ‘Io non so niente, dice, di questa cosa’”. “Il cuore di questa indagine è la conferma del peso di parti importanti della mafia palermitana e del ruolo che ancora possono avere su situazioni di malaffare che riguardano compagini malavitose d’oltreoceano, ha sottolineato il questore di Palermo Vito Calvino, durante una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche Thomas Donnelly, attaché dell’Fbi presso l’ambasciata Usa a Roma, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni: “Apprezzo molto le vostre domande e vi ringrazio ma non posso rilasciare alcun tipo di dichiarazione in merito”.