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Raz Degan: “Il nostro kibbutz è stato evacuato, mia sorella sta arrivando in Italia. Ma mio padre, 80 anni, non vuole lasciare la sua casa”

Ospite di Silvia Toffanin nel salotto televisivo di "Verissimo", l'attore e modello israeliano ha condiviso un racconto toccante e angosciante sulla situazione attuale in Israele in seguito agli attacchi terroristici di Hamas

Ospite di Silvia Toffanin nel salotto televisivo di “Verissimo“, Raz Degan ha condiviso un racconto toccante e angosciante sulla situazione attuale in Israele in seguito agli attacchi terroristici di Hamas che hanno sconvolto il mondo intero. Nato e cresciuto in un kibbutz israeliano, l’attore e modello israeliano ha parlato della terribile realtà che sta vivendo il suo paese e il suo popolo.”Sono giorni orribili per l’umanità intera. Per noi in Israele sono giorni da incubo, dall’Olocausto non abbiamo mai vissuto qualcosa di così grave. Ho sempre collaborato per la pace e mi sono impegnato in progetti di solidarietà, ad esempio per i bambini della Siria. E vedere che la pistola e la spada sono purtroppo più forti della voce del cambiamento, fa male all’anima”, ha esordito Degan.

“Mio padre ha 80 anni e anche se il nostro kibbutz è stato evacuato, lui non lascia la casa. Non vuole andarsene, dice che quello è il suo posto. Una nostra parente di 22 anni non è tornata a casa, è già passata una settimana e i genitori non sanno dove sia, se sia viva o morta. I cadaveri sono così tanti e non si riescono a distinguere i volti, tanti sono stati bruciati. Ogni giorno mi chiamano amici per raccontarmi atrocità inimmaginabili. Tutto questo è al di là della politica, al di là dei diritti. Questo è l’incubo infernale del terrore“.

Raz Degan ha quindi fatto sapere che la sua sorellastra, che ha 4 bambini, lo sta raggiungendo in Italia in queste ore, essendo riuscita a trovare un volo nonostante il caos di questi giorni. “Ma gli uomini vogliono rimanere lì, non vogliono abbandonare il loro paese”. Degan ha poi raccontato della sua infanzia in kibbutz, “che è come un grande campeggio, in cui vivono diverse famiglie che lavorano insieme e dividono quello che producono. Il nostro kibbutz si trova a Nord, al confine tra Siria e Libano. Lo hanno fondato i miei nonni, che erano sopravvissuti dell’Olocausto. Durante l’infanzia spesso stavo chiuso nel bunker, perché al Nord c’erano tante guerre. Ricordo la prima volta che ho sentito il fischio di una bomba, non sai da dove arrivi e poi l’esplosione è tremenda”.

Odio porta odio, sangue porta sangue, vendetta chiama vendetta. Da quando Israele è stata fondata non c’è mai stato un evento di questa entità. Nella guerra di Kippur c’era stata una guerra tra soldati. Ma qui si tratta di terrorismo. Donne violentate, anziani sopravvissute all’Olocausto che ora sono state rapite a 90, 95 anni, trascinate per terra come degli animali, picchiate, ributtate in un incubo che per tutta la loro vita hanno cercato di dimenticare”.

“Tu a che età hai lasciato Israele?”, ha domandato Silvia Toffanin. “Sono partito a 21 anni, volevo vedere tradizioni e culture diverse, ho viaggiato tanto per questo – ha risposto lui -. Volevo fare esperienza diretta e ho capito che dietro alle diversità tutti hanno lo stesso desiderio di crescere i propri figli in pace e nell’amore. Non riesco a capire come i terroristi possano sottomettere e schiacciare interi popoli nel nome del fanatismo”.

Raz Degan ha confermato di avere fatto il servizio militare per 3 anni, “come tutti i figli di Israele”. Infine, ha rivolto un pensiero ai suoi amici rimasti in Israele e ha fatto sapere che ciascuno di loro ha riportato una perdita dopo venerdì scorso: “La quantità di persone colpite è inimmaginabile. I ragazzi che venerdì si erano riuniti per una festa della pace sono stati massacrati. Famiglie intere sono state annientate perché hanno preso la macchina nell’ora sbagliata, gente normale come noi è stata decapitata o bruciata viva mentre si trovava a letto in casa. Spero di trovare un mondo in pace, ma sembra che stiamo vivendo l’effetto contrario. Ho paura che il sogno della pace diventi un ricordo, una nostalgia, qualcosa che ci raccontano”, ha concluso con sincero dolore Raz Degan, abbracciando una commossa Silvia Toffanin.