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A Zelensky i Leopard non bastano: “Russi superiori in cielo, frenano la controffensiva”. E per il suo consigliere l’Onu è una “lobby di Mosca”

Arrivano i Leopard, ma all’Ucraina non basta, dice il presidente Volodymyr Zelensky. Il presidente torna a polemizzare sulla difesa dei cieli: è la superiorità aerea russa a frenare la controffensiva ucraina, dice. Zelensky ha ribadito la necessità di Kiev di essere dotata di attrezzature specifiche, in particolare di aerei da combattimento. “Ci sono determinati chilometri quadrati della nostra terra, e ogni metro liberato è una vita umana – ha spiegato – Più tempo ci vuole, più persone soffrono”. L’uscita di Zelensky è una risposta al quesito che negli ultimi mesi è tornato più spesso: non è che la portata della controffensiva è stata sopravvalutata? Il capo di Stato ucraino è tornato ad attaccare i critici delle strategie del suo esercito, oltre al rallentamento nelle sanzioni alla Russia e nelle forniture di armi a Kiev da parte dell’Occidente: “Oggi i nostri passi sono probabilmente più veloci dei nuovi pacchetti di sanzioni”, ha osservato con sarcasmo. “L’offensiva mondiale delle sanzioni deve riprendere” dice ancora Zelensky. “Attualmente stiamo assistendo a una pausa troppo lunga nelle sanzioni da parte dei nostri partner e i tentativi della Russia di aggirare le sanzioni sono troppo attivi”. Per questo, ha rincarato la dose, “è molto importante aggiungere soluzioni da parte del mondo libero, che deve difendersi” e “ancora di più, si deve evitare qualsiasi tentativo di usare le aziende del mondo libero, le tecnologie del mondo libero, i prodotti del mondo libero per combattere la libertà”.
Il presidente ucraino ha perciò indicato tre priorità: “Ulteriori sanzioni contro il settore energetico russo, vere e proprie restrizioni alla fornitura di chip e microelettronica ai terroristi in generale e ulteriore blocco del settore finanziario russo“. Dall’altra parte oggi ha parlato anche il presidente russo Vladimir Putin che citato dalle agenzie russe è tornato a ribadite che “il conflitto in Ucraina è stato provocato deliberatamente dall’Occidente, anche per limitare lo sviluppo della Federazione russa”.

E’ stata una giornata di “offensiva comunicativa” almeno nei toni, a Kiev. Il capo-consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, ha attaccato di nuovo frontalmente Papa Francesco, al quale ha tolto qualsiasi patente di legittimità come possibile mediatore in un negoziato di pace. “E’ filorusso“, la spiegazione di Podolyak. Ma poi il braccio destro del presidente dell’Ucraina se l’è presa anche con le Nazioni Unite. Il motivo è il retroscena di Bild che racconta di una presunta lettera inviata da Antonio Guterres al ministro degli Esteri russo, Serghey Lavrov, nella quale il Palazzo di Vetro sembra andare incontro alle richieste di Mosca per ripristinare l’accordo sul grano. “Chi avrebbe potuto immaginare che le Nazioni Unite si sarebbero trasformate nei principali lobbisti dei criminali di guerra?”, si chiede Podolyak su X. “Promemoria: imponendo sanzioni per le violazioni del diritto internazionale . aggiunge Podolyak – i Paesi occidentali hanno inviato un chiaro messaggio alle élite russe: la Russia con Putin non ha futuro; la Russia dopo Putin avrà una possibilità. Facendo pressione sull’idea di revocare le sanzioni alla Russia per esportare grano rubato nel mezzo di una guerra su vasta scala, la leadership delle Nazioni Unite vuole prolungare la vita del regime di Putin e riconoscere gli attacchi missilistici come uno strumento efficace per raggiungere obiettivi politici“, prosegue Podolyak. “Nessuna di queste idee assurde può essere realizzata, soprattutto sullo sfondo del terrorismo missilistico contro porti e infrastrutture cerealicole dell’Ucraina. Tuttavia – conclude il consigliere di Zelensky – questo è l’ennesimo promemoria del fatto che la presenza della Russia nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sta avvelenando l’organizzazione nel suo insieme”.

Intanto piovono droni sui seggi di Kherson, una delle tante sezioni elettorali che i russi hanno messo in piedi nei territori occupati dell’Ucraina in un voto che Kiev, ma non solo, ha definito “una farsa” senza alcun valore. Da Mosca fanno sapere di aver intercettato gli attacchi, ma dall’area di Berdyansk, sotto controllo delle forze del Cremlino, arrivano notizie di esplosioni e di fumo che si diffonde in diverse aree della città. L’esercito ucraino non si starebbe limitando a questo e, secondo quanto denunciato dal capo della diplomazia di Mosca Lavrov, avrebbe preso di mira i gasdotti Turkish Stream e Blue Stream nel Mar Nero, tentando di sabotarli come già successo con il Nord Stream. Il voto nei territori occupati era già iniziato il 31 agosto dalla regione di Zaporizhzhia, per poi continuare nelle aree del Lugansk e Kherson a partire dal 2 settembre. Poi il Donetsk e la Crimea. Ma il processo è lungo e si svolgerà in concomitanza con quello in Russia, aperto l’8 settembre e che terminerà il 10. Al voto 50 regioni del Paese, compresa Mosca, dove si prevede che il sindaco Serghei Sobyanin rimarrà in carica visto che gode del sostegno del Cremlino. Lo pseudo processo elettorale non frena la guerra sul campo. Le truppe russe hanno lanciato attacchi missilistici contro Zaporizhzhia e Sumy, ma hanno colpito con un missile Iskander anche la città natale di Zelensky, Kryvvi Rih, uccidendo almeno una persona e ferendone altre 72 in seguito all’attacco su una stazione di polizia. Altre tre persone sono state uccise in un raid aereo nella regione di Kherson.