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Pierfrancesco Favino contro Ferrari: “Perché lo interpreta un attore straniero?”. Il produttore del film: “Il cinema italiano non ha uno star system riconoscibile nel mondo”

Così l'attore a margine della proiezione di Adagio, di Stefano Sollima e a stretto giro la risposta del produttore Iervolino

Pierfrancesco Favino accende la scintilla della polemica al Festival del Cinema di Venezia e lo fa a margine della proiezione di Adagio di Stefano Sollina. “I Gucci avevano l’accento del New Jersey non lo sapevate?”. Cosa intende dire? Il riferimento ben chiaro è alla serie House of Gucci di Ridley Scott dove la famiglia italiana della moda è interpretata da attori stranieri. Un “gancio” per parlare del fatto che in Ferrari di Michael Mann il protagonista è Adam Driver. “C’è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di questo livello (parla dei suoi ‘colleghi’ nel film Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea) non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi”. E a poche ora dall’innesco della polemica, è arrivata la risposta del produttore italo-canadese Andrea Iervolino: “Caro Favino, negli ultimi trent’anni, il cinema italiano non ha creato uno star system riconoscibile nel mondo, nonostante siano presenti sul panorama italiano moltissimi attori di eccellente professionalità, restando chiuso a collaborazioni internazionali che in un mondo globale ritengo al contrario utili alla crescita del settore. Gli altri Paesi non americani hanno avuto invece un approccio diverso e forse vincente dando vita e luce a: Banderas, Bardem, Cruz, Cassel, Cotillard, Kinnam, Mikkelsn, Schoenaerts, Kruger che sono oggi nomi internazionalmente riconosciuti con un notevole e comunque discreto valore”. Una stoccata. Che non finisce qui: “Il cinema italiano deve guardare oltre il proprio Paese e mettere in campo sinergie con l’industria internazionale che vuole investire sulle icone del made in Italy. Film come Ferrari che vengono distribuiti in 150 paesi nel mondo promuovono profondamente l’Italia e il genio italiano dando lustro e visibilità al nostro Paese”.