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Starfield: un viaggio infinito, tra pianeti da esplorare e battaglie spaziali, nel nuovo RPG di Bethesda

Starfield, l’ultima mastodontica fatica di Bethesda, è finalmente pronta a far decollare migliaia di astronavi e lanciarle nell’esplorazione di altrettanti pianeti e, dal canto nostro, dopo decine e decine di ore di prova nell’ultima settimana e mezza, sentiamo di aver visto ancora poco.

La trama e le storie collaterali
Parlare della trama di Starfield senza cadere in spoiler è pressoché impossibile. Spieghiamoci: durante la nostra esperienza abbiamo ovviamente premuto l’acceleratore sulla questline principale per farci un’idea completa, ma anche lei ha premuto sull’acceleratore insieme a noi, inondandoci d’ informazioni fin dalle prime 7-8 ore.

Per farla breve, il nostro avatar è un operatore di una ditta mineraria che, dopo il ritrovamento di uno strano artefatto e la violenta risonanza derivata dal contatto con esso, si ritrova catapultato suo malgrado a far parte di Constellation, una gilda di esploratori spaziali che sta cercando di studiare e ritracciare questi strani manufatti. Come da tradizione di ogni gioco Bethesda, durante e alla fine di ogni missione principale, faremo la conoscenza di nuovi personaggi che ci introdurranno a nuove storie, fazioni e situazioni in un reticolo sempre più ampio e fitto che in Starfield, rispetto a Fallout ed Elder’s Scroll, raggiunge dei livelli quasi angoscianti.

Il background del personaggio comincerà già dalla sua creazione, all’interno dell’editor. Dopo aver sistemato l’aspetto esteriore, modificabile comunque in ogni suo parametro anche all’interno del gioco in appositi negozi, potremo scegliere la classe iniziale e, volendo, fino a 3 tratti selezionabili da un’interessante lista che gioca sull’avere un vantaggio in cambio di uno svantaggio, come da tradizione di molti giochi di ruolo. Potremmo insomma decidere di avere già un’affinità con una specifica “religione” sbloccando esclusive missioni e linee di dialogo precludendoci però le rispettive ricompense di quella opposta, ma anche possedere una casa con relativo, salato mutuo da pagare o addirittura possedere DNA alieno che ci donerà vita e ossigeno extra, ma ridurrà l’efficacia degli oggetti curativi.

Una trama principale che non fa urlare al miracolo, ma dalla quale partono tanti piccoli e grandi sentieri decisamente più interessanti e variegati con l’ovvio numero incalcolabile di quest secondarie che ormai i fan di Bethesda hanno imparato a conoscere tra fazioni, attività e richieste d’aiuto. Come risoluzione delle situazioni non siamo certo ai livelli di altri titoli che fanno della trama la propria raison d’etre, ma il tentativo di creare diversità nell’affrontare buona parte delle missioni secondarie è stato apprezzabile: una persuasione riuscita, con annesso minigioco, può evitare un inutile combattimento, così come un’azione stealth o un hacking. Nulla ci impedisce comunque di risolvere il tutto con una cara, vecchia cascata di piombo.

L’esplorazione
È arrivato il momento di parlare di quello che ha reso famoso il gioco ancora prima della sua uscita, nel bene e nel male, tra hype sognante e critiche preventive: l’esplorazione in Starfield. Alla luce di tutti i commenti a video, interviste e leak ci sarebbe da scrivere un piccolo libro da quante cose ci sarebbero da dire e sulle riflessioni che si potrebbero fare sulla gestione dell’esplorazione in questo titolo, ma cerchiamo di trovare una quadratura del cerchio senza cadere in un proverbiale “too long, don’t read”, anche se non sarà facile.

Come ormai è noto, a differenza di No Man’s Sky, con il quale condivide parecchie meccaniche, Starfield non ha un approccio procedurale nella creazione di sistemi stellari e pianeti, ma è una vastissima tela già dipinta dagli sviluppatori con più di un migliaio di pianeti sparsi in vari sistemi stellari. Una volta a bordo della nostra prima nave, dopo aver distribuito l’energia dei motori tra armi, scudi e il gravisalto, possiamo azzardarci nelle prime esplorazioni, stando molto attenti a quello che ci possiamo trovare davanti, soprattutto nello spazio aperto e sempre pronti a darci alla fuga, nel caso.

A differenza del già citato No Man’s Sky, metro di paragone quasi obbligato per spiegare in modo fruibile le meccaniche di avvicinamento a un pianeta da esplorare, non si potrà entrare fisicamente nell’atmosfera per atterrare manualmente dove si vuole, ma si dovrà selezionare un punto preciso del corpo celeste e posarsi a terra in modo automatico. Tranquilli comunque, si potrà selezionare un luogo d’interesse già prefissato o un punto qualsiasi a piacimento. Una volta atterrati, eseguendo uno scan del terreno, si riveleranno ulteriori punti d’interesse da poter raggiungere a piedi: giacimenti minerari, grotte, laboratori, insomma potrebbe esserci di tutto.

I vari punti d’interesse possono tranquillamente essere a più di un chilometro dall’ atterraggio ed è apprezzabile il fatto di poter tornare alla navicella in qualsiasi momento tramite viaggio rapido, ma ciò non toglie che, non essendo possibile raggiungere manualmente un punto distante pilotando la nave, sarebbe stato più che gradito un piccolo mezzo di terra per accelerare le escursioni.

Scarpinare verso punti specifici non sarà ovviamente l’unica cosa fattibile sui pianeti, ognuno dotato di propria gravità, ciclo giorno/notte, flora, fauna e specifici minerali: studiare la biologia del pianeta con lo scan portatile per ricevere interessanti ricompense una volta raggiunto il 100%, raccogliere minerali per migliorare l’equipaggiamento, costruire interi avamposti comprensivi di mezzi d’estrazione ed eventualmente risolvere le quest degli abitanti, saranno parte integrante dell’esperienza. Si potrà anche decidere di assegnare un compagno a un avamposto per gestirlo e ricevere dei bonus di raccolta a seconda delle capacità “dell’impiegato”. Una volta soddisfatti si potrà ripartire in qualsiasi momento, o semplicemente cliccare sulla mappa stellare un altro luogo già visitato in range con la potenza del gravisalto e “teletraspostarsi” istantaneamente lì. Questa totale libertà nell’uso del viaggio rapido farà sicuramente storcere alcuni nasi, ma non siamo davanti a niente di nuovo per quel che riguarda l’esperienza con qualsiasi altro open world di Bethesda che ha sempre avuto un rapporto più che amichevole con la meccanica. Avendo avuto a che fare con la vastità di quello che aspetta i giocatori, non possiamo che essere favorevole alla cosa: l’importante è poter scegliere.

Una volta presa confidenza con le distanze e i salti, l’esplorazione è completamente libera: Starfield segnala solo il livello consigliato del sistema stellare che si sta puntando!

È pur sempre un GDR
Cinque alberi delle abilità, caschi, vestiti e armi craftabili e modificabili, ricerche, fazioni, compagni ognuno con la propria storia e le proprie abilità (20 reclutabili dei quali 4 con un background più profondo e “romanzabili”) e una nave completamente personalizzabile formano il corredo ruolistico di Starfield. Abbiamo già accennato alla scelta della classe iniziale nell’editor del personaggio, a fianco dei tratti, ma è ora di approfondire il discorso.

Le abilità di Starfield che sbloccheremo livellando si dividono in fisico, sociale, combattimento, scienza e tecnologia. Al salire di ogni livello si guadagnerà un punto da spendere in una delle 5 abilità della prima fila di ogni albero ognuna delle quali avrà 4 livelli di efficacia che richiederanno, oltre alla spesa di un punto extra, la risoluzione di una determinata mini quest. Se ad esempio, una volta imparato borseggio, vorremo apprendere il livello 2 d’efficiacia, per sbloccare la possibilità di spenderci dentro un altro punto dovremo prima borseggiare con successo 5 volte, e così per ogni abilità. Per sbloccare la fila successiva di uno dei 5 alberi dovremo prima spendere 3 punti nella fila precedente.

Per quanto riguarda invece la modifica ad armi e armature il discorso potrebbe sembrare più complesso, ma in realtà non è niente di nuovo rispetto ad altri titoli dell’azienda: all’interno del mondo di Starfield sono presenti diversi tavoli di ricerca per sbloccare nuove modifiche ad armi, armature, caschi, nuove costruzioni agli avamposti, ricette e via discorrendo. Le ricerche più avanzate, oltre agli ovvi materiali farmabili -ndr, ottenibili- durante le esplorazioni, avranno bisogno anche di abilità specifiche del ramo tecnologia, quindi toccherà ponderare bene, nelle fasi inziali, se sacrificare qualche skill di combattimento per buttarsi sulla ricerca tecnologica.

Le fazioni sembrano abbastanza libere: durante la prova abbiamo seguito diverse questline di quasi tutte le fazioni che abbiamo incontrato, alcune fino alla fine, senza particolari problemi ne preclusioni una volta passati alla successiva, magari anche come spia della fazione precedente! Essere un infiltrato non è l’unica zona d’ombra che possiamo concederci, ovviamente.

Perché spendere soldi per comprarsi una nave nuova, quando se ne può abbordare una e rubarla?
Starfield permette di essere letteralmente un pirata spaziale volendo con tanto di abbordaggi e un sistema di contrabbando che merita qualche riga a parte.

Ci sono degli oggetti nel mondo di gioco contrassegnati da una piccola iconcina gialla vicino ad essi, il cui possesso è assolutamente illegale; come per i normali oggetti rubati in Skyrim (uno dei titoli più famosi dell’azienda americana), non si potranno vendere nei normali chioschi, ma toccherà trovare una soluzione sottobanco per vie traverse. Dov’è il problema quindi? Il problema sta nel fatto che la navicella, prima di ricevere il permesso di atterrare nei maggiori centri abitati, verrà scansionata e starà al giocatore cercare di proteggere dal sequestro il prezioso carico illegale tramite la schermatura della stiva o delle abilità adeguate.

Per quanto riguarda i rapporti umani coi compagni, portandoli insieme a noi nelle nostre scorribande spaziali, guadagneremo o perderemo approvazione a seconda del nostro comportamento potendo ovviamente arrivare al punto di cominciare una vera e propria storia d’amore con l’accompagnatore di turno. Durante la prova ci siamo concentrati su un personaggio in particolare per capire il funzionamento della meccanica e bisogna dire che il tutto si è sviluppato abbastanza velocemente… forse fin troppo velocemente. In una manciata di ore siamo passati sostanzialmente dal “chi sei” al giurarsi amore eterno, ma visto che si parla comunque di viaggi intergalattici più o meno lunghi, facciamola passare!

Il gunplay è piacevole e bisogna ammettere che la qualità delle hitbox lascia abbastanza sorpresi. C’è solo un piccolo appunto da fare sulla strana abitudine che ha il gioco nel far trovare pochi tipi di munizioni rispetto al numero di armi presenti: siamo stati ore intere con un paio di armi completamente vuote perché le munizioni giuste erano introvabili in qualsiasi contenitore, ma è più una stranezza, appunto, che un fastidio. Non manca comunque un buon numero di personalizzazione tra mirini, canne, caricatori e pallottole incendiarie, perforanti, anti umani/robot e via discorrendo. Le battaglie spaziali sono ben calibrate, impegnative e spettacolari. L’unica sbavatura che ci sentiamo di segnalare è che ci vorrebbe un feedback dei colpi ricevuti leggermente più evidente.

Ultimo dettaglio veloce da approfondire sono i 2 minigiochi principali che caratterizzano altrettante abilità: persuasione e lockpicking. Il primo minigioco prevede il riempire una barra che ha un numero di slot variabili a seconda della difficoltà. Alla domanda della persona da persuadere appariranno diverse risposte che riempiranno un numero di slot crescente con crescente possibilità di fallire, caratterizzate da colori verde, giallo e rosso a seconda della percentuale. Ci si potrà ad esempio trovare davanti una persona con 5 tacche da riempire e un primo pool di risposte di crescente possibilità di fallimento +1,+3,+5 e in 3 turni il giocatore dovrà riempire tutte le tacche. Ovviamente punti abilità spesi nell’abilità “persuasione” diminuirà la difficoltà delle risposte più remunerative, ma resta comunque in gioco una piccola dose di fortuna per non fallire.

Diverso il discorso per quanto riguarda il lockpicking nel quale la variabile della fortuna non esiste. Si dovranno riempire da 1 a 4 strati di cerchi incompleti a seconda della difficoltà dell’oggetto da scassinare, utilizzando ovviamente un corrispettivo tecnologico del caro, buon vecchio grimaldello (digipick). Per completare i cerchi si avrà a disposizione un set di chiavi dentate che dovranno combaciare con le fessure dei cerchi, partendo dal più esterno per arrivare al centro, sparendo con il posizionanemto, ma attenzione, una ruota dentata potrebbe andare bene per un cerchio esterno, ma anche per uno interno e se si arriva verso la fine senza più una chiave adatta si fallirà e si perderà un digipick.

“Ma insomma, questo Starfield?”
Scusate, è la domanda che ci ha perseguitato nell’ultima settimana e mezza, ma per ovvi motivi abbiamo dovuto tenere la bocca cucita. Se ne sono dette tante su questo titolo negli ultimi 2 anni, nel bene e nel male, e la risposta è sempre una: dipende tutto dalle proprie dalle aspettive.

Starfield punta sulla quantità rispetto alla qualità? Starfield è uno Skyrim nello spazio con dei pezzetti di No Man’s Sky? E se Starfield non fosse quel titolo da Olimpo del videogame che si aspetta? È assolutamente vero che la nuova, attesissima creatura di Bethesda punta sull’opulenza e le aspettative sono epocali. È assolutamente vero che più di qualcosa si può migliorare e qualche dettaglio si è perso nella vastità dell’universo, ma bisogna dire che Bethesda ha davvero messo il cuore in questo progetto.

Al di là degli ovvi paragoni che c’erano, ci sono e ci saranno con altri titoli, Starfield è un gioco soverchiante dalla quantità di cose da fare che, proseguendo con le ore, appariranno nella finestra delle missioni, ma riesce a restituire un senso di libertà che non si vedeva da un pezzo e in qualche modo riesce a non far sentire schiacciati dagli indicatori. È più che ovvio che non tutti si divertiranno davvero a camminare chilometri per i pianeti, sia che si tratti di un corpo celeste dalla splendida, rigogliosa vegetazione sia che si tratti di una palla di terra morta popolata solo da minerali strani da raccogliere e insetti bizzarri con magari una vecchia base militare da razziare. Dopo sessanta e più ore di gioco, non possiamo ancora dire se si possa o meno ritenere Starfield un capolavoro, un nuovo apice, il Deus Ex Machina degli “open universe(?)”, ma è un quasi infinito parco giochi pieno di luoghi, persone e storie che sicuramente gli appassionati del genere spolperanno per migliaia di ore perdendosi nell’universo, anche nel mezzo delle lamentele, esattamente come ancora succede per Skyrim.

Chiudiamo la recensione parlando dell’impatto visivo, altro fattore che ha creato non poche aspettative. Il lavoro svolto dagli sviluppatori e dal Creation Engine 2 è spaziale, passateci il termine. Gli scorci e i panorami dei pianeti, soprattutto di quelli più lussureggianti, vi faranno fissare lo schermo per minuti interi tra nebbie, giochi di luce e sbuffi di gas, ma anche l’impatto in spazio aperto con le prime navi davvero giganti da assaltare (se ne avete la forza) è unico.

La nostra esperienza è stata interamente su PC con il gioco totalmente settato su ultra – avevamo a disposizione una gpu Nvidia RTX 4070 ti – e possiamo finalmente dire che sì, è assolutamente il titolo Bethesda con meno bug al lancio di sempre! Anzi, a dirla tutta, in più di 60 ore, non abbiamo riscontrato un singolo bug tanto grave da constringerci a ricaricare la partita, tutto quello che abbiamo “subito” è stato qualche piccolo rallentamento nel caricare alcune zone particolarmente popolate, sia per quanto riguarda una grande città, che per quanto riguarda qualche base assediata dai nemici, ma oltre a quello c’è stato un lavoro di pulizia eccelso da parte di Bethesda.

Cercare di parlare di Starfield dopo 60 ore è stata un’impresa e forse lo sarà anche tra 300, ma seriamente sentiamo di aver visto ancora poco e nulla e siamo noi i primi ad essere curiosi di carpire le reazioni del grande pubblico dopo il rilascio!