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Les Plages Électroniques scuote Cannes: una festa esteriore e interiore

Tre giorni a Cannes in piena estate, in altissima stagione, nel gorgo della mondanità globale tra milionari arabi in yacht e Lamborghini e parvenu della vecchia Europa indebitati per la bisogna. E non per il festival del cinema, ma per un ben altro tipo di evento internazionale, più congeniale alla generazione Z e ai loro fratelli maggiori Millennials che dopo anni di “distanziamento fisico” nutrono un solo e legittimo desiderio: ballare.

E non mancavano boomers di recente conio, gente diventata adulta tra gli anni Ottanta e Novanta quando la discoteca era come una seconda casa. Notturna. E allora immaginatevi un dancefloor rutilante ed enorme, anzi, un rigoglioso piano sequenza di palchi all’aperto e indoor distesi intorno e all’interno del Palais des Festivals, sul limitare della leggendaria Croisette. Uno degli ingressi principali stava proprio ai piedi della passerella, il tappeto rosso iconico solcato nel corso dei decenni dalle più squillanti star del grande schermo, e già solo questo sarebbe valso il prezzo del biglietto.

Le domeniche invernali in pigiama immolate sull’altare di Netflix? Possono attendere. Gli smartphone? Accesi quanto basta. E nessuno ascoltava la trap, una deriva immobilizzante giovanile tutta italiana. Non risuonavano chitarre elettriche ma il senso profondo non era poi dissimile. Tra un tuffo semi-caraibico e un pastis, in mezzo a decine di migliaia di persone ebbre di vita, siamo stati a “Les Plages Électroniques”, una mega-kermesse ambientata nella perla della Costa Azzurra che si è svolta a inizio agosto. E benché io militi da sempre nel partito del rock, a tirare le somme e dopo che gli steccati tra i generi erano stati già abbattuti da marziani come i New Order, i Primal Scream, i Chemical Brothers, i Daft Punk, i Radiohead… il giudizio immediato e definitivo è il seguente: una festa esteriore e interiore.

Come rimanere insensibili al sound epidermico di Dj Snake, idolo autoctono? Come non muoversi sulle onde delle alchimie sonore dei nostri Tale of Us, inventori della melodic techno da esportazione? E che dire dell’olandese Armin Van Buuren, tra i giganti della consolle di ogni epoca, dal 2003 stanziale tra i primi cinque posti della Top 100 della rivista e bibbia di settore DJ Mag, semidio della trance? Con loro il gotha dei dj e producer del pianeta: tra i tanti, Fideles, Chloé Caillet, Aime Simone, Bianca Costa, Lodgerz, Mara, Mosimann, Tony Romera, Trinix, Lomepal, Mind Against, Sam Paganini, Ofenbach, The Blessed Madonna, Marina Trench.

L’ultima sera abbiamo incontrato Matthieu Corosine, uno dei fondatori del festival, che ci ha raccontato la genesi e il boom di un happening che si innesta a meraviglia nel contesto urbano, nella magia circostante. Bene, bravi e ancora mille bis. Diffidate di chi vi dice che l’atto del ballare, magari fino all’alba, incarni un tempo ozioso, un veleno per il morale, un’insidia per la salute e la “sana” socialità. Uscite dalle vostre camerette, guardate in giro e oltre, spegnete certa “musica” di inenarrabile bruttezza.

Sei a Cannes e in pochi minuti ti si spalancano poi innumerevoli e ulteriori porte per il paradiso. Gli organizzatori del tour ci hanno fatto, per esempio, scoprire l’incanto dell’isola di Saint Honorat. Minuscola (misura 1500 metri di lunghezza e 400 di larghezza), è un universo-mondo. È celebre perché dà ospitalità a un’antica abbazia dove soggiornano, per dodici mesi l’anno, 21 monaci della comunità del monastero della congregazione cistercense dell’Immacolata Concezione.

Trascorrono dal Medioevo i loro giorni pregando e lavorando: le loro specialità sono i vini e i liquori, che rivendono al giusto prezzo ai turisti di passaggio e finanche in direzione Eliseo. E quando levano lo sguardo all’orizzonte, il panorama è da cartolina illustrata. I pellegrini vi approdano a frotte per guadagnarsi le medesime indulgenze riscattabili in Terra Santa. Oppure si prodigano in un penitenziale periplo dell’isola-monastero a piedi nudi. Non pochi avventori laici occasionali scelgono invece di dormire nelle celle dei monaci, accettandone la spartana way of life.

Infine abbiamo fatto tappa a Mougins, un romantico e pittoresco borgo provenzale a forma di conchiglia. Un giardino francese per pochi eletti perché deliberatamente sottratto alla morsa del turismo di massa. Con le sue viuzze pastello e le numerose botteghe d’arte, a due passi dal glamour della Côte d’Azur, è un eden a sé stante. Qui vi passò e dimorò a più riprese Pablo Picasso: i suoi ritratti fotografici costellano le strade e i musei locali. Il tutto ad appena una decina di chilometri da Cannes. E anche questa è musica, sinuosa e avvolgente. Un pensiero estatico che si balla. Un party per l’anima.