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Narcotraffico, omicidi e controllo delle carceri: chi sono “Los Lobos”, la gang ecuadoriana che ha rivendicato l’assassinio di Villavicencio

Si chiamano “Los Lobos“, I Lupi, e nei loro video, come quello in cui hanno rivendicato l’assassinio del candidato alle prossime Presidenziali dell’Ecuador, Fernando Villavicencio, si presentano incappucciati, armati e facendo il gesto delle corna. Sono criminali reclutati nelle peggiori carceri del Paese, formano una delle gang più pericolose e potenti dell’Ecuador e in quel video così carico di simbolismo lanciano un messaggio di guerra ai loro avversari, alle forze di sicurezza e a tutto il Paese: con questo omicidio eccellente prende il via la loro strategia del terrore per colpire politici, secondo la loro visione, infedeli e corrotti.

Il simbolismo è ciò che prima di tutto si nota guardando le immagini diffuse dal gruppo. Decine di miliziani armati fino ai denti che fanno fieri il gesto delle corna. Non è una mossa qualsiasi, ma un modo per marchiare il territorio. Con quel simbolo, che ricorda lo stile delle ombre cinesi, hanno tappezzato le città del Paese e in particolar modo le zone che controllano. Una guerra parallela tra bande, dato che ognuna ha la sua immagine di riferimento, per mostrare a tutti chi comanda per quelle strade. E le corna, con il medio, l’anulare e il pollice che invece si toccano, rappresentano proprio la faccia del lupo, il simbolo del gruppo.

Le affiliazioni su cui Los Lobos possono contare sono numerose: si stima che almeno 8mila membri del gruppo si trovino in galera siano responsabili delle diverse stragi avvenute nelle carceri del Paese che hanno visto opporsi diverse gang criminali, con l’uccisione di oltre 315 detenuti solo nel 2021, e generare una vera e propria crisi di violenza carceraria. La loro influenza in Ecuador è tale che Los Lobos sono in grado di competere per il controllo delle prigioni, investire sul narcotraffico e persino sul settore minerario illegale.

Con la morte del leader dei Choneros, il più importante gruppo criminale del Paese, avvenuta nel 2020, Los Lobos hanno sfruttato il vuoto di potere creatosi nei settori criminali per presentarsi come la rappresentazione della nuova generazione criminale e, con una serie di attacchi coordinati nelle carceri contro la leadership indebolita dei Choneros, sono riusciti ad affermarsi come una delle più importanti bande attive in Ecuador nella battaglia per il controllo del traffico di cocaina, vantando anche dei presunti rapporti con il cartello messicano Jalisco Nueva Generación. Ad aprile del 2022, il grande capo dei Los Lobos, Manuel F. C., è stato arrestato a Ibarra insieme ad alcuni collaboratori, una città a circa cento chilometri dalla capitale, con un’operazione speciale che prevedeva l’incursione delle forze di polizia in tre città diverse in contemporanea.

Come riporta il portale Insight Crime, le zone del Paese in cui operavano Los Lobos erano la provincia amazzonica di Pastaza, le città di Latacunga e Cuenca e la città costiera di Machala, ma si presume che la loro influenza negli ultimi mesi si sia ampliata, toccando nuove zone chiave e confermando l’interesse per la loro principale fonte di reddito: lo spostamento, attraverso l’Ecuador, di cocaina acquistata da cartelli messicani e colombiani. Interessi e azioni come quelle portate avanti da questa banda fanno dell’Ecuador un cosiddetto “nastro trasportatore” di cocaina colombiana destinata ai mercati europei e statunitensi. Circa un terzo della cocaina colombiana lascia il Sud America partendo proprio dai porti ecuadoriani, accrescendo notevolmente il ruolo strategico di questo Stato per il narcotraffico mondiale.

Le attività dei Los Lobos sono cruciali in questo senso, poiché si basano strutturalmente sulla protezione delle partite di droga verso le città portuali e il servizio di recupero crediti. Ma anche per compiere omicidi per conto di altri gruppi, rispondendo a una fitta catena di interessi e schieramenti fatti di alleanze e inimicizie fra bande. Los Lobos partecipano però anche al micro-traffico nelle principali città ecuadoriane come Quito, Guayaquil e Quevedo, oltre che a gestire una parte del settore minerario illegale, concentrato soprattutto nella zona settentrionale di Imbabura, applicando una tassa del 10% su tutti i minerali estratti e ottenendo una buona parte del reddito criminale proprio da questa attività.