Scienza

Gli arti fantasma potranno tornare a percepire il freddo, i potenziali impieghi anche per laser e satelliti

Gli arti fantasma potranno tornare a percepire il freddo. Lo dimostra lo studio del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL), pubblicato su Nature Biomedical Engineering. La sindrome dell’arto fantasma è una patologia, che si verifica in coloro che hanno subito un’amputazione, nella quale si ha una viva percezione, spesso spiacevole o dolorosa, dell’arto che non è più presente. I ricercatori del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory hanno sviluppato uno dei dispositivi di refrigerazione più piccoli, intensi e veloci al mondo, il raffreddatore termoelettrico a film sottile indossabile, TFTEC, e hanno collaborato con neuroscienziati per permettere agli amputati di avvertire la temperatura circostante attraverso gli arti fantasma. Questa innovazione, prima nel suo genere, consente una nuova capacità utile per una serie di applicazioni, tra cui il miglioramento delle protesi, l’aptica, ovvero il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto, utile per nuove modalità di realtà aumentata e la terapia termomodulata, che consiste nel trattamento di una lesione attraverso l’uso del calore, per sviluppare, ad esempio, strategie per la gestione del dolore.

La tecnologia ha anche una serie di potenziali impieghi in ambito industriale e di ricerca, come il raffreddamento di elettronica e laser e la raccolta di energia nei satelliti. “Sappiamo che possiamo stimolare parti specifiche dell’arto amputato e indurlo a provare sensazioni di tatto e vibrazione, ma nessuno è stato in grado di riprodurre la sensazione di raffreddamento con la velocità, l’intensità e l’efficienza necessarie a ripristinare la naturale percezione termica con un sistema protesico”, ha detto Bobby Armiger, supervisore dell’Exploratory Science Branch dell’APL. “Il ripristino della sensazione che permette di percepire la temperatura ha applicazioni pratiche, come l’identificazione di una bevanda fredda, ma ha anche il potenziale di migliorare l’incarnazione emotiva del dispositivo protesico, magari sentendo il calore della mano di una persona cara”, ha continuato Armiger.

Il TFTEC indossabile è nato dalla collaborazione di Rama Venkatasubramanian, ingegnere di dispositivi a semiconduttore e capo tecnologo della ricerca termoelettrica dell’APL, con con Armiger e un gruppo di neuroscienziati. “Il nostro TFTEC è spesso poco più di un millimetro, pesa solo 0,05 grammi, come una sottile benda adesiva, e può fornire un raffreddamento intenso in meno di un secondo”, ha dichiarato Venkatasubramanian. “È anche due volte più efficiente dal punto di vista energetico rispetto ai dispositivi termoelettrici più comuni e può essere facilmente fabbricato con strumenti per semiconduttori utilizzati anche per la produzione di diodi a emissione luminosa, noti come LED”, ha spiegato Venkatasubramanian. “È uno sviluppo entusiasmante che potrebbe avere enormi implicazioni per le protesi e le applicazioni aptiche”, ha continuato Venkatasubramanian.

Per testare l’efficacia del TFTEC, i ricercatori hanno mappato le sensazioni termiche nelle mani fantasma di quattro amputati. “Quando si perde una parte di un arto, i nervi interni sono ancora presenti, il che può portare alla sensazione del cosiddetto arto fantasma’”, ha spiegato Luke Osborn, ricercatore di neuroingegneria che guida gran parte del lavoro di simulazione nervosa non invasiva dell’APL. “È possibile posizionare elettrodi su diverse parti del braccio superiore di un amputato, dove i nervi sono ricresciuti, e stimolare le percezioni; in genere con la pressione, ma nel caso attuale con la temperatura, così che l’individuo possa dirci in quale punto della sua mano fantasma avverte tali sensazioni”, ha precisato Osborn. I risultati della ricerca hanno rivelato che il TFTEC, a differenza della tradizionale tecnologia termoelettrica che ha avuto una buona riuscita solo in metà dei partecipanti, ha generato sensazioni di raffreddamento negli arti fantasma di tutti coloro che hanno preso parte allo studio, durante un compito di rilevamento del freddo. Inoltre, il TFTEC lo ha fatto otto volte più velocemente e con un’intensità tre volte superiore. Il TFTEC è anche sostenibile, in quanto ha dimostrato di impiegare la metà dell’energia rispetto agli attuali dispositivi termoelettrici. “Abbiamo scoperto che il dispositivo TFTEC era significativamente migliore nel creare sensazioni di raffreddamento più rapide e più intense rispetto ai dispositivi tradizionali, anche se la temperatura target era la stessa”, ha affermato Osborn. I siti di stimolazione sui partecipanti al test sono rimasti invariati per 48 settimane, suggerendo che la tecnologia potrebbe consentire agli utenti di percepire la temperatura negli arti superiori mancanti per anni. Questa tecnologia è interessante in quanto in grado di garantire una stabilità temporale attraverso una procedura indossabile semplice e non invasiva. “Oltre a migliorare la qualità della vita degli amputati, abbiamo aperto molte porte alla ricerca che possono aiutarci a studiare e trovare nuovi trattamenti per le malattie neuromuscolari o per il dolore cronico”, ha concluso Catherine M. Carneal, ingegnere presso il Laboratorio di Fisica Applicata della Johns Hopkins University, dove studia la bio-meccanica umana e la prevenzione degli infortuni.

Lo studio

Lucrezia Parpaglioni

Foto: Ed Whitman / Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University