Mafie

Un certificato di nascita riapre il giallo della morte di Antonio Bardellino, il fondatore del clan dei Casalesi che era amico di Buscetta

C’è un certificato di nascita che può riaprire il giallo della morte di Antonio Bardellino, il fondatore del clan di Casalesi. Esponente di spicco della Camorra, affiliato a Cosa nostra, amico e socio in affari di Tommaso Buscetta, Bardellino sarebbe stato ucciso nel maggio del 1988 ad Armação dos Búzios, in Brasile, dove era latitante. Questo almeno è quello che sostiene la sentenza del maxiprocesso Spartacus. Una ricostruzione, quella sulla morte di Bardellino, sostenuta da diversi collaboratori, a cominciare da Carmine Schiavone, il principale pentito dei Casalesi.

Eppure, a trentacinque anni dai fatti, la morte di Bardellino torna a interessare gli inquirenti, visto che la vicenda è stato oggetto di indagini delle procure di Roma e Napoli, coordinate dal procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo e del pm Antonello Ardituro. A far riaccendere i riflettori su quello che è uno dei principali misteri della storia della Camorra è un certificato di nascita presentato nel 2003 all’anagrafe di Formia dell’ex moglie di Bardellino. La donna ha altri due figli ai quali ha dato solo il suo cognome. Alla bimba nata nel 2003, invece, è stato imposto anche il cognome del padre, un tale Marco Bardellino Diana. Come racconta l’agenzia Ansa, però, nonostante gli accertamenti degli investigatori non è stata trovata traccia alcuna dell’esistenza di questo Marco Bardellino Diana, che ha quasi lo stesso cognome del boss. Per una curiosa coincidenza, tra l’altro, Diana era proprio lo stesso cognome che portava la madre di Antonio Bardellino.

Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno trovato anche altri elementi – tra cui alcune testimonianze, tutte da verificare – che potrebbero accreditare l’ipotesi di una messinscena: l’omicidio di Bardellino non sarebbe mai avvenuto ma sarebbe stato un escamotage per consentire al boss di ritirarsi, sfuggendo alla giustizia, barattando il proprio potere in cambio dell’incolumità per sè e per i suoi cari. Secondo il racconto del pentito Schiavone, invece, Bardellino fu ucciso da un suo ex amico: Mario Iovine. I due avevano avuto contrasti e alla fine di una telefonata “‘chiarificatrice” , Bardellino aveva invitato l’interlocutore a recarsi in Brasile. Iovine, però, temeva una trappola: dopo aver raggiunto il suo capo dall’altra parte dell’Oceano, aveva preparato una vera e proprio esecuzione. “All’esterno della villa in Brasile – era il racconto di Schiavone – Iovine vide l’auto di Bardellino, una Osdomobile di colore verde che egli ben conosceva. Ebbe la certezza che Bardellino voleva tendergli una trappola. Si fece accompagnare dal tassista a una distanza di tre chilometri e sul litorale scavò una fossa“. Quindi attese che il boss tornasse a casa per ucciderlo a colpi di mazza: il corpo venne poi sotterrato in spiaggia. Il cadavere di Bardellino, però, non venne mai trovato. È anche per questo motivo se fino al 2018 non era mai stata dichiarata la morte presunta.

Chi non aveva mai creduto alla fine del fondatore dei Casalesi era Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi che divenne anche il primo grande pentito di Cosa nostra. I due mafiosi erano soci e amici, avendo trascorso parte della loro latitanza in Brasile. Durante la seconda guerra di mafia, tra l’altro, i corleonesi di Totò Riina chiesero al clan camorristico dei Nuvoletta di eliminare don Masino, approfittando della sua vicinanza a Bardellino. Quest’ultimo, però, si rifiutò di assassinare Buscetta. “Per voi è scontato che Bardellino è morto? E chi l’ha ucciso? A me non mi risulta, non credo che sia morto”, disse il boss dei due mondi nel 1993. Una frase mai approfondita e che ora potrebbe tornare d’attualità.

Nelle scorse settimane, tra l’altro, durante alcune perquisizioni della Polizia a Formia, è stato scoperto un piccolo vano sotterraneo, alto 170 centimetri, in un appartamento in passato riconducibile al fondatore del clan dei Casalesi: secondo gli inquirenti potrebbe essere uno dei covi usati da Bardellino. Quest’ultima scoperta è frutto delle indagini delle Dda di Roma e Napoli sul tentato omicidio di Gustavo Bardellino, 43 anni, nipote del boss, avvenuto nel febbraio 2022.