Cronaca

Vittime del nazismo, l’Italia paga i risarcimenti al posto della Germania: lo prevedono un accordo del 1962 e una legge del 2022

L’Italia pagherà al posto della Germania le richieste di risarcimento dei familiari delle vittime italiane di crimini nazisti: stragi come quelle di Marzabotto o Sant’Anna di Stazzema, deportazioni nei campi di concentramento ed eccidi. Come prevede un accordo siglato tra i due Paesi nel 1962, Berlino non è tenuta a risarcire: lo farà lo Stato italiano con le risorse contenute in un apposito Fondo di 61 milioni di euro fino al 2026, in base ad un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale e firmato dai ministri di Economia, Esteri e Giustizia. Sulla legittimità della norma si dovrà però esprimere la Corte Costituzionale, chiamata in causa da una giudice del tribunale di Roma: martedì è in programma l’udienza pubblica.

Il Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle forze del Terzo Reich tra il primo settembre 1939 e l’8 maggio del 1945 è stato istituito dal governo Draghi con la legge 36 del 30 aprile 2022. Il finanziamento è di 20 milioni per il 2023 e 13,6 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. Può accedervi chi ha “ottenuto un titolo costituito da una sentenza passata in giudicato avente ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni” e chi ha “definito i giudizi pendenti per effetto dell’esercizio delle suddette azioni giudiziarie con un atto di transazione“.

Risale invece al 1962 la legge che ha reso indenne la Germania dalle pretese delle vittime italiane in seguito ad un accordo tra i due Paesi che ha previsto il versamento, da parte di Berlino, della somma di 40 milioni di marchi. La magistrata Miriam Iappelli che si è rivolta alla Corte costituzionale si sarebbe dovuta pronunciare sull’autorizzazione alla vendita di immobili pignorati alla Germania a Roma a seguito di sentenze di condanna al risarcimento dei danni subiti da due vittime, il fante Angelantonio Giorgio e il partigiano Gualberto Cavallina, entrambi deportati a Dachau. Ma prima della decisione era intervenuto il decreto e la Germania aveva chiesto – in forza della nuova norma – di dichiarare estinta la procedura. Alla richiesta si era associata l’Avvocatura dello Stato per conto della presidenza del Consiglio dei ministri. Gli eredi delle vittime si erano però opposti, sostenendo l’illegittimità della disciplina introdotta con il decreto del governo Draghi e la giudice aveva sollevato la questione di incostituzionalità prospettando la violazione degli articoli 2, 3, 24 e 111 della Carta.

Saranno quindi i giudici costituzionali a dover stabilire se è legittima la norma dello scorso anno o se “l’impossibilità presente e futura” di iniziare un procedimento di esecuzione per chi si è già visto riconoscere dai giudici il diritto al risarcimento per la deportazione o per gli eccidi nazisti sia sproporzionata rispetto alla finalità del legislatore, come sostiene la magistrata romana, che ritiene “violato il principio di insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti” e vede “un evidente sbilanciamento” a favore della Repubblica tedesca. Uno squilibrio che non può trovare, scrive nell’ordinanza inviata alla Consulta, un “contrappeso idoneo” nel riconoscimento del diritto di “mero accesso” al fondo di ristoro.

Il tema sta ovviamente a cuore nei luoghi che sono stati teatro degli eccidi nazisti. Lo scorso anno il sindaco di Stazzema, Maurizio Verona, aveva scritto al ministro dell’Economia per chiedere uno stanziamento maggiore, ricordando che solo a Sant’Anna ci sono state poco meno di 600 vittime tra la popolazione civile. “Potenzialmente possono accedere al fondo decine di migliaia di persone e centinaia di enti”, aveva sottolineato.