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Caso Orlandi, dai due Papi all’Amerikano: ecco tutti i personaggi coinvolti nella sparizione di Emanuela

Per aiutare a comprendere uno dei misteri più impenetrabili del nostro Paese, ecco un quadro generale con un breve profilo di molti dei personaggi coinvolti in questa storia

Il 22 giugno saranno trascorsi 40 anni esatti dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la “ragazza con la fascetta” sparita nel nulla all’uscita dalla sua scuola di musica nel cuore di Roma in un pomeriggio di giugno. Quest’anno, è stata aperta la prima indagine da parte della Città del Vaticano di cui la ragazza allora appena 15enne era cittadina. Anche la Procura di Roma ha avviato nei giorni scorsi un’inchiesta, la terza. Per aiutare a comprendere uno dei misteri più impenetrabili del nostro Paese, ecco un quadro generale con un breve profilo di molti dei personaggi coinvolti in questa storia.

Alì Agcà: l’uomo che il 13 maggio del 1981 ha sparato al Papa in Piazza San Pietro. Il terrorista turco è stato arrestato e ha scontato in Italia la sua condanna all’ergastolo. In cambio della sua scarcerazione, più volte il Turkesh ha richiesto la liberazione di Emanuela Orlandi di cui ha ammesso il rapimento sin da subito senza però fornire mai prove.

L’Amerikano: l’uomo che a più riprese ha rivendicato il rapimento di Emanuela (e anche quello di Mirella Gregori), con le sue telefonate, non ha mai avuto un volto ma soltanto una voce dall’ accento straniero e, secondo le ultime perizie, neanche sempre la stessa. Ha lasciato in tutto 34 messaggi di cui 16 ritenute attendibili dai Servizi Segreti Militari.

Marco Accetti, fotografo romano che si è più volte autodenunciato come rapitore del sequestro di Emanuela Orlandi ma senza portare mai a un solo elemento riscontrabile dagli inquirenti. È stato condannato per omicidio colposo per aver travolto e ucciso a bordo di un furgone, nella pineta di Castel Porziano, Josè Garramon, un ragazzino uruguayano di 12 anni.

Gennaro Egidio, scomparso nel 2005, è stato il primo avvocato della famiglia Orlandi, come suggeritogli dal funzionario del Sisde Gianfranco Gramendola che si recò anche lui a casa Orlandi presentandosi come “Leone”. Egidio fu pagato prima ancora che la famiglia firmasse il documento preparato dal Sisde per la nomina del legale. Anche Pietro Orlandi ricorda che l’avvocato fu loro consigliato da uno 007.

Adele Rando, il giudice istruttore che chiuse la prima inchiesta su Emanuela Orlandi su richiesta del sostituto procuratore generale Giovani Malerba che le avanzò una requisitoria di 23 pagine. Tra i fascicoli della Rando, anche lei scomparsa da poco, tre faldoni top secret del Sismi, spariti nel nulla. Atti d’indagine acquisiti dalla Procura ma mai consegnati alla famiglia.

Giulio Gangi: era un agente del Sisde e partecipò alle prime indagini. Tre giorni dopo la scomparsa di Emanuela, che aveva conosciuto a Torano (dove andavano in villeggiatura gli Orlandi) si presentò a casa della famiglia, offrendo un aiuto. Era amico di una cugina di Emanuela, Monica Meneguzzi. Fece i primi accertamenti, finché non fu rimosso dal suo ruolo per indagini “inopportune”. È venuto a mancare lo scorso anno.

Marcello Neroni, ex uomo di Enrico De Pedis (come emerge dall’ordinanza Colosseo) e suo socio nel business delle slot machine. Lo scorso gennaio, è stato pubblicato l’audio di una conversazione avvenuta nel 2009 tra lui e il giornalista Alessandro Ambrosini, direttore del blog Notte Criminale. Parlando di Emanuela, Neroni parla di abusi e chiama in causa il papa Giovanni Paolo II su cui lancia pesanti accuse per cui, secondo il criminale, l’allora segretario di Stato, Agostino Casaroli, avrebbe deciso di intervenire.

Agostino Casaroli, è il protagonista della telefonata più inquietante di questa storia. Quella al centralino della Santa Sede, la sera stessa del rapimento, in cui uno sconosciuto chiese di comunicare con il segretario di Stato (che intanto è in volo per la Polonia con il Papa) per cui fu attivata una linea privata che risponde a un codice, 158.

Enrico De Pedis detto “Renatino”, capo della fazione testaccina della banda della Magliana trucidato nel febbraio del ‘90 in via del Pellegrino. Il suo corpo fu tumulato nella Basilica di Sant’Apollinare, adiacente alla scuola di musica da cui è scomparsa Emanuela “in cambio di un favore fatto al cardinal Poletti”: disse un anonimo che nel 2005 telefonò in diretta al programma “Chi l’Ha Visto”.

Angelo Cassani, detto Ciletto, di Cerveteri e Libero Angelico, detto Rufetto, di Ostia. Sabrina Minardi, l’ex amante di Enrico De Pedis, fece questi due nomi (due malavitosi vicini al criminale) al procuratore Giancarlo Capaldo, indicando i presunti responsabili del sequestro della Orlandi. I due secondo la donna avrebbero preso parte attiva al rapimento.

Sabrina Minardi: l’amante di “Renatino” è la supertestimone del caso. Interrogata dalla procura, ha dichiarato di aver preso in consegna la ragazza al Bar Gianicolo dall’autista di De Pedis, nell’estate del 1983, per consegnarla a un sacerdote tra le mura del Vaticano. A causa delle sue dipendenze, la testimonianza è stata dichiarata inattendibile.

Giancarlo Capaldo, il magistrato che più a lungo ha indagato sulla scomparsa di Emanuela, prima che l’inchiesta venisse archiviata dall’attuale presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone allora a capo della Procura di Roma. Pignatone, oggi, è il presidente del Tribunale Vaticano.

Pietro Vergari: era cappellano del carcere di Regina Coeli dove conobbe De Pedis. Poi, divenne rettore della Basilica di Sant’Apollinare. Per giustificare la sua sepoltura, definì De Pedis un “grande benefattore de poveri”. Lo stesso Vergari fu indagato per concorso in sequestro della ragazza ma con la chiusura dell’ultima inchiesta, nel 2015, caddero tutte le accuse.

Paul Marcinkus, l’ex presidente dello Ior (Istituto delle opere religiose), deceduto nel 2006, già al centro degli scandali finanziari della Santa Sede, è stato accusato da Sabrina Minardi di aver incontrato Emanuela Orlandi nei giorni successivi alla sua scomparsa, nel covo in cui era tenuta prigioniera.

Roberto Calvi: secondo le dichiarazioni dell’ex boss della Magliana Maurizio Abbatino, l’omicidio del banchiere trovato impiccato a Londra è legato al sequestro Orlandi da un flusso di soldi finiti nelle casse del Vaticano e mai restituiti alla mafia dopo il crack del Banco Ambrosiano. Secondo questa pista, i soldi sarebbero serviti a finanziare Solidarnosc per contrastare il comunismo.

Joesph Ratzinger, eletto nel 2005, dopo la morte di Wojtyla, Benedetto VI è stato il primo Papa della storia moderna a rinunciare al suo ruolo. Le sue dimissioni sono state ricondotte ai numerosi scandali esplosi durante il suo pontificato e alla fuga di documenti nota come Vatileaks. Nove giorni dopo la sua morte, è stata aperta la prima inchiesta su Emanuela Orlandi dal Vaticano.

Monsignor Valentino Miserachs, l’insegnante di canto corale di Emanuela. Dopo quasi 40 anni viene fuori che il Vaticano, per volere di papa Benedetto XVI, lo interrogò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Accadde il 4 maggio 2012, da lì a dieci giorni sarebbe stata aperta la tomba di De Pedis.

Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa protagonista del processo Vatileaks. Fu arrestato perché trovato in possesso di carte riservate della Santa Sede. Gabriele disse a Pietro Orlandi di aver visto un dossier intitolato “Rapporto Emanuela Orlandi” sulla scrivania di Georg Gänswein, allora segretario di Benedetto XVI, ma di non essere riuscito a fotocopiarlo assieme agli altri documenti.

Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto VI, aveva ammesso l’esistenza un fascicolo riservato all’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò. Nel 2011, Padre Georg aveva anche dichiarato di voler affidare un’indagine al capo della Gendarmeria vaticana Domenico Giani sulla vicenda di Emanuela. Ha poi negato tutto nel suo libro nel suo libro “Nient’altro che la Verità”, uscito subito dopo la morte di Ratzinger.

Lorenzo Antonetti: il presidente dell’Aspa che nel 1998 firmò il resoconto, trovato in una cassetta di sicurezza del Vaticano, in cui elencava tutte le spese sostenute dal Vaticano “per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi”. Secondo il documento, Emanuela sarebbe stata trasferita prima a Parma e poi a Londra, in strutture religiose. Antonetti è morto nel 2013.

Giovanni Battista Re è il cardinale, all’epoca ai vertici della Curia, a cui era indirizzato questo documento. Il suo nome era già venuto fuori dall’istruttoria del giudice Rando. Aveva un legame stretto anche con l’avvocato Egidio. Il suo è tra i nomi fatti da Pietro Orlandi al procuratore Diddi come persone da ascoltare perché informate sui fatti.

Ugo Poletti: il cardinale che nel 1990 concesse il nulla osta per la sepoltura del boss De Pedis a Sant’Apollinare. A lui è indirizzata una lettera firmata dall’arcivescovo di Canterbury George Carey in cui si richiede un incontro a Londra per discutere della “situazione di Emanuela Orlandi”.