Giustizia & Impunità

Sequestrati beni per 80 milioni di euro a tre imprenditori calabresi accusati di truffe con il petrolio

Sequestri ai danni di tre imprenditori reggini operanti prevalentemente nel settore del commercio dei prodotti petroliferi sono stati eseguiti stamane in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Calabria e Germania. Sono stati confiscati beni per 80 milioni di euro che includono 20 compendi aziendali, 60 immobili, 86 autoveicoli e un milione di euro in contanti. L’operazione è stata condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria con il supporto dello Scico e coordinati dalla Dda reggina. Il sequestro fa seguito all’operazione Petrolmafie Spa dellaprile 2021 nella quale i tre furono arrestati. L’operazione Petrolmafie Spa, in cui erano confluite le risultanze delle indagini coordinate dalle Dda di Roma, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro, aveva portato a 56 arresti, 15 fermi ed al sequestro di beni per quasi un miliardo di euro.

Nel filone reggino, denominato “Andrea Doria” e condotto dal Gico del Nucleo di Polizia economico finanziaria con lo Scico erano stati emessi provvedimenti cautelari personali nei confronti di 23 soggetti, tra cui i 3 imprenditori. Si tratta dei fratelli Giovanni e Domenico Camastra, di Locri, rispettivamente di 59 e 52 anni, e di Antonio Casile, di 54 anni, di Reggio Calabria. Tutti e tre sono attualmente sotto processo. L’operazione, secondo l’accusa, aveva svelato un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’Iva e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità. L’associazione avrebbe gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo una serie di operatori economici – imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali – con lo scopo di evadere le imposte in modo sistematico.

Le società “cartiere” sostenevano fraudolentemente, secondo l’accusa, di possedere tutti i requisiti per beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa, acquistando il prodotto petrolifero senza applicare l’Iva. Il prodotto, grazie a meri passaggi “cartolari” tra le società coinvolte, veniva poi ceduto a prezzi concorrenziali a selezionati clienti, ai danni degli imprenditori onesti. Infine, il sistema di ripulitura degli incassi sarebbe avvenuto anche tramite famiglie di ‘ndrangheta portatrici di interessi nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi.