Cronaca

Caro affitti, lo Stato non sa neanche quante siano le case popolari vuote. In Lombardia il dato è in costante aumento: oltre 15mila

Misure che incentivino o spingano i privati a mettere sul mercato i loro alloggi sfitti. E una regolamentazione degli affitti brevi in modo da limitarne la diffusione. Le ipotesi emerse a livello politico per far fronte al caro affitti che porta gli studenti a protestare in tenda sono rivolte ai privati. Ma dai privati, e nello specifico da chi rappresenta i proprietari di case, la risposta è secca: “Il vero scandalo dello sfitto è quello che riguarda le case popolari, quelle che sono a carico dei contribuenti. Si renda disponibile quel patrimonio immobiliare, prima di ogni cosa”, ha twittato nei giorni scorsi il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa. Facile a dirsi, ma chissà quanti soldi pubblici ci vorrebbero. Il problema però è ben più a monte dei finanziamenti, visto che a livello centrale il governo nemmeno sa quanti siano e dove siano gli alloggi pubblici sfitti sparsi per il Paese. Il ministero delle Infrastrutture e Trasporti, attualmente guidato da Matteo Salvini, non ha alcuna mappatura del fenomeno. Mentre una stima fatta da Federcasa, associazione che rappresenta gran parte degli enti che gestiscono case popolari, e dalla società di studi economici Nomisma parla di 55.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica sfitti, dato che però è stato presentato nel 2019 e si riferisce al 2016, vecchio dunque di ben sette anni.

Schlein e i sindaci – Nel suo programma per le primarie del Pd Elly Schlein ha fatto riferimento a “politiche di intermediazione pubblica per recuperare al mercato degli affitti medi e lunghi una parte del patrimonio privato sfitto”. Una frase che già a marzo aveva fatto gridare a un “esproprio proletario 2.0” il parlamentare di Forza Italia Giorgio Mulè. Poi è arrivata la studentessa Ilaria Lamera con la sua tenda picchettata davanti al Politecnico di Milano e il caro affitti è diventato un tema di tutti i giorni. In tour nel veronese per le elezioni amministrative la segretaria del Pd è tornata sulla questione dicendo di ritenere “necessario mettere sul mercato degli affitti alloggi che sono sfitti, dando aiuto, intermediazione, garanzia“. Tutte cose anche ragionevoli, finché restano limitate a forme di incentivazione e non prevedono obblighi per i privati. In ogni caso il presidente di Confedilizia ha replicato via twitter a Schlein e in seguito si è detto anche contrario a quella regolamentazione degli affitti brevi che da settimane chiedono i sindaci di 11 città, tra cui Milano, Firenze e Bologna. Per i sindaci è necessario porre un limite al numero di giorni in cui si può affittare un alloggio, cosa che una norma ad hoc consentirebbe già di fare al sindaco di Venezia e cosa che già avviene in alcune città europee. La speranza dei sindaci è che con meno alloggi affittati su Airbnb o altre piattaforme e destinati soprattutto ai turisti, ce ne saranno di più disponibili per studenti e lavoratori, e a canoni inferiori. Prima di dire ai privati cosa devono fare – è però la posizione di Spaziani Testa – la politica pensi a rendere disponibile tutto il patrimonio pubblico.

Al ministero nessuna mappatura – Ma c’è un problema. Il pubblico nemmeno conosce troppo bene se stesso. A livello nazionale le politiche abitative sono in capo al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ma al Mit nemmeno c’è una mappatura a livello nazionale dello stato dell’arte dell’edilizia residenziale pubblica, con numeri aggiornati degli alloggi assegnati, occupati abusivamente o sfitti. Una legge del 1998 aveva previsto la nascita dell’osservatorio nazionale della condizione abitativa, che però è stato istituito solo da Giovannini, ministro del governo Draghi. Se sono serviti più di vent’anni per attivare un osservatorio per la raccolta di dati dai diversi territori e l’elaborazione di progetti che rispondano al fabbisogno abitativo, non deve stupire che al momento l’osservatorio non abbia ancora ricevuto dai territori alcun dato aggiornato da analizzare. Gli ultimi numeri disponibili sono quelli messi insieme da uno studio di quattro anni fa in cui Federcasa e Nomisma hanno fatto una fotografia dello sfitto ferma al 2016. Lo studio, frutto di un censimento effettuato tra gli enti associati a Federcasa, ha stimato che in Italia c’erano circa 790mila alloggi disponibili alla locazione. Di questi 700mila erano assegnati regolarmente, 30mila occupati abusivamente e ben 55mila sfitti, il 7% del totale. In termini percentuali le cose andavano peggio nel Nord Ovest del Paese (10,8%) e nel Nord Est (9,5%), meglio nel Sud e nelle Isole (3,9%) e in Centro (2,9%), almeno stando a quanto dichiarato dalle varie aziende locali. Ed ecco le cause della mancata assegnazione dei 55mila alloggi sfitti: 33mila erano in ristrutturazione o mobilità (passaggio da un alloggio a un altro, magari perché la famiglia si è allargata o perché è presente un disabile), 11.700 non erano assegnabili perché inadeguati e 10.700 erano in attesa di assegnazione da parte del comune. Di dati nuovi non ce ne sono e – dicono dagli uffici del dipartimento per le Politiche abitative e urbane del ministero – nemmeno è facile averne. “I dati sugli alloggi sfitti sono molto sensibili per le aziende e per le prefetture – confida a ilfattoquotidiano.it una funzionaria – . Gli alloggi che non sono assegnati regolarmente o sono sfitti o sono occupati abusivamente. E ammettere che ci siano molte occupazioni abusive diventa un problema”. In questo periodo Federcasa sta lavorando a un nuovo censimento tra le sue associate per arrivare a una fotografia più attuale del sistema dell’edilizia pubblica, ma i risultati saranno disponibili solo verso fine anno.

In Lombardia più di 15mila case sfitte – Come si possono fare politiche abitative se nemmeno esiste una mappatura recente del fenomeno? Il direttore di Federcasa Patrizio Losi risponde che “ogni Regione ha costituito un Osservatorio regionale sulla condizione abitativa” e “le Aziende Casa hanno già in atto politiche abitative”. Così, per avere qualche dato più aggiornato, bisogna bussare alle porte delle singole Regioni o dei singoli comuni. In Lombardia l’ex assessore regionale alla Casa Alan Rizzi, in una comunicazione alla giunta dello scorso ottobre sui bilanci delle singole Aler territoriali (Azienda lombarda per l’edilizia residenziale), ha parlato di un totale di 97.700 alloggi destinati ai servizi abitativi pubblici (sap), tra cui 15.538 unità sfitte, quasi il 16%, e 3.680 occupate abusivamente, per la quasi totalità riferibili ad Aler Milano. Il dato sugli alloggi sfitti, ha detto Rizzi, “negli ultimi esercizi risulta in costante incremento; si tratta di un elemento particolarmente critico, sia a livello di mancata risposta ai bisogni di utenti che avrebbero i requisiti per beneficiare dell’alloggio pubblico, sia per le conseguenze sulla sostenibilità finanziaria delle aziende”.

A Milano gli alloggi popolari sfitti sono più di 8mila, tra cui 4.752 unità gestite dall’azienda del comune MM e 3.668 dall’azienda regionale Aler, a cui vanno aggiunte quelle vuote perché in fase di ristrutturazione. Qui l’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran sta aspettando che la Regione gli approvi il progetto Casa ai lavoratori, che prevede di assegnare case non solo a famiglie a bassissimo reddito ma a persone che si facciano carico della ristrutturazione dell’appartamento: “In paesi come Francia e Spagna l’edilizia residenziale pubblica è un servizio abitativo più trasversale. Se le case popolari vengono assegnate solo ai più bisognosi si crea un duplice effetto di ghettizzazione e di insostenibilità economica del sistema, peraltro creando le condizioni per cui nessuno ne costruisca più essendo impossibile gestirle. Aprendo ai lavoratori, e magari agli studenti, si creerebbe un mix sociale e le necessarie condizioni economiche per puntare a zero sfitti e tornare a costruire case pubbliche”.

Twitter @gigi_gno