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Ucraina, l’Italia fornisce 20 obici ma non funzionano e devono rientrare. La beffa svelata al Financial Times da un consigliere di Kiev

L’Italia ha donato venti cannoni semoventi all’Ucraina, ma sembra che siano diventati giganti d’acciaio inutili al fronte. Secondo il Financial Times, un consigliere del ministro della Difesa ucraino ha dichiarato che questi mezzi non servono a nulla, tanto che sono stati inclusi in un elenco di materiali da rottamare. Ma come, il governo di Roma ha donato mezzi da demolire? Pare che questi cannoni, prodotti in Italia nei primi anni Novanta, siano la versione aggiornata di un cingolato di progettazione statunitense con cannone da 155 millimetri. Insomma, sulla carta il top dell’artiglieria pesante della Nato. Alla prova dei fatti si sono rivelati un mucchio di ferraglia che gli eserciti europei hanno tolto dal servizio.

Sono gli stessi che due settimane fa si sono visti in un video di un treno in transito alla stazione di Udine diretto a Est. Ne ha parlato il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, chiarendo che si tratterebbe proprio di “semoventi di artiglieria su cingoli” diretti in Ucraina, parte di un pacchetto di aiuti militari “deliberato dal governo precedente e che vengono consegnati questa settimana”. Sul numero, come sempre, non si ha certezza. I mezzi, progettati negli Stati Uniti all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati aggiornati e prodotti dall’italiana Oto Melara (la controllata armamenti terrestri di Leonardo) tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Oggi l’Esercito italiano dispone del semovente d’artiglieria PzH-2000 armato con un pezzo da 155/52 mm.

L’Italia ha quindi deciso di offrire le vecchie versioni sul mercato, ma solo il Pakistan e Gibuti hanno voluto acquistarne alcuni esemplari. Quando sono scoppiati i combattimenti in Ucraina, il governo italiano ha deciso di recuperare gli M109L e fornirli a Kiev, dopo una revisione finanziata dagli Stati Uniti. Peccato che, per rimettere a posto gli apparati meccanici, fossero necessari dei kit provenienti dagli States che però non sono mai arrivati o si sono dimostrati incompatibili con la versione italiana dell’arma. Insomma, quei cannoni sono rimasti fermi per mesi, in attesa di conoscere il loro destino.

Adesso sembra che almeno una parte farà il percorso in direzione opposta, per tornare in officina e completare i lavori in Italia o in Belgio. Ma non preoccupatevi, gli altri quaranta sono stati revisionati interamente in Italia, anche se si sono dovuti aspettare che i pezzi necessari venissero costruiti ex novo. Ma alla fine sono partiti, e alcuni video mostrano che sono già stati schierati in prima linea e impegnati in battaglia. Sempre che funzionino.