Mafie

Messina Denaro, il gip: “Importanti documenti sugli affari criminali del boss sono ancora custoditi in altri covi non ancora individuati”

Ci sono “covi” non ancora individuati di Matteo Messina Denaro. Nascondigli dove il boss delle stragi custodisce importanti documenti. E quindi i suoi segreti. Lo scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di misura cautelare di Laura Bonafede, l’insegnante arrestata dal Ros dei carabinieri con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e il pm Gianluca de Leo hanno scoperto che l’insegnante aveva una lunga relazione col capomafia. Uno stabile rapporto quasi familiare, cominciato nel 1997, che coinvolgeva anche Martina Gentile, la figlia avuta dalla donna e dal marito Salvatore Gentile, detenuto all’ergastolo per due omicidi ordinati proprio da Messina Denaro. Per la giovane, che è indagata, la procura aveva chiesto gli arresti domiciliari, ma il giudice ha rigettato la richiesta.

“Latitante a Campobello da 26 anni” – Nelle carte dell’indagine il gip mette nero su bianco l’esistenza di altri rifugi del capomafia, arrestato il 16 gennaio dopo quasi trent’anni di clandestinità, trascorsi in buona parte a Campobello di Mazara, a pochi chilometri dalla sua Castelvetrano. Come ha fatto a rimanere lì per tutto questo tempo? Scrive il giudice nelle carte: “Non può certo nascondersi che le investigazioni conseguite a tale arresto destano (sempre più) sconcerto perché mettono in luce l’incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni ed anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (sino all’individuazione dei coniugi Bonafede-Lanceri, come si osservava nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, si pensava almeno sette anni, ma ora, come si vedrà, l’arco temporale si allarga sino ad almeno ventisei anni), una ‘normale’ esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)”.

“Altri documenti in covi non ancora trovati” – Quindi il latitante più ricercato d’Italia si muoveva indisturbato nella zona in cui era nato e cresciuto, protetto da una famiglia nota nella storia di Cosa nostra: Laura Bonafede, infatti, è figlia di Leonardo, storico boss di Campobello, che aveva gestito la latitanza di Francesco Messina Denaro, il padre di Matteo. Come è potuto accadere? “Appare al momento inspiegabile e non privo di conseguenze – scrive il gip – Basti considerare che è stato possibile così individuare soltanto l’abitazione del latitante del periodo ‘post malattia‘, nella quale, quindi, sono stati rinvenuti, per quel che è dato sinora sapere, soltanto documenti per lo più recenti e di carattere spesso personale“. Fino a oggi gli investigatori hanno individuato l’appartamento di vicolo Sanvito, dove Messina Denaro viveva dal giugno del 2022, dopo averlo acquistato usando l’identità di Andrea Bonafede. Nei mesi precedenti, invece, il padrino abitava in una appartamento di via Sangiovanni, proprio accanto alla casa di Giovanni Luppino, il suo ultimo autista. E prima ancora? Dove viveva il capomafia nel periodo precedente? Secondo il gip “la cura quasi maniacale del latitante nella annotazione di qualsiasi accadimento della sua vita, nella tenuta di diari e quademi in cui trascriveva anche commenti e nella elencazione delle spese personali quale risulta dai documenti in atto rinvenuti, non può fare dubitare dell’esistenza di materiale documentale di ben altra importanza sugli affari criminali di Messina Denaro Matteo (oltre che sulle fonti dei suoi ingenti guadagni ovviamente di sicura provenienza delittuosa) custodito in altri ‘covi’ non ancora individuati (e di cui, peraltro, v’è già traccia in alcune delle corrispondenze tra il latitante e Bonafede Laura che pure mostra di conoscerli)”.

Il tugurio e il libro di Vargas Llosa – E quindi esiste un tesoro segreto di Messina Denaro, custodito in altri rifugi ancora sconosciuti. D’altra parte, secondo alcuni collaboratori di giustizia, Messina Denaro era il custode dell’archivio di Totò Riina, sparito dalla villa di via Bernini, a Palermo, prima che i carabinieri la perquisissero. I documenti del capo dei capi sono davvero custoditi da quello che era il suo pupillo? E Messina Denaro li conserva ancora in covi sconosciuti, come pare ipotizzare il gip Montalto? Di sicuro c’è solo che una traccia sui rifugi del boss è contenuta nella corrispondenza scambiata dal mafioso con Laura Bonafede. “ll tugurio: stavamo bene in quel posto; si ero felice di trascorrere quel tempo insieme, penso che lo sapevi che era così. Nel libro c’è un tratto segnato in cui Niño buono dice che il posto dove viveva era un tugurio ma per lui era una reggia perché li aveva vissuto momenti felici. Credo sia stato segnato in riferimento al nostro tugurio“. Gli investigatori notano come nella lettera ci sia “il riferimento ad un luogo, indicato in codice come tugurio, ove Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede si davano periodicamente appuntamento”. Niño buono, invece, è un riferimento al protagonista di Avventure della ragazza cattiva, romanzo del premio Nobel Mario Vargas Llosa. Un libro che in effetti viene ritrovato in casa della donna.

L’incontro al limoneto – Figlia del capomafia di Campobello, sposata con un mafioso fedelissimo a Messina Denaro, Laura Bonafede aveva una relazione col boss di Castelvetrano. Dallo scambio epistolare tra i due emerge anche un altro luogo dove la donna incontrava Messina Denaro: un “limoneto” dove il latitante le aveva a suo tempo comunicato che al “ritorno” (per gli inquirenti intende la “scarcerazione”) di Leonardo Bonafede (indicato come “Uomo”) e, successivamente, di Bomby (per gli inquirenti si tratta di Salvatore Gentile, marito della donna), la loro relazione sarebbe dovuta cessare. “Una volta – scrive la donna – al limoneto mi dicesti che al ritorno di Uomo e, successivamente, di Bamby la nostra Amicizia si interrompeva, Ricordo, che ti risposi che non ne vedevo il motivo. Mi ero quasi offeso per il tuo dire, come se la nostra Amicizia era per me una sorta ditappabuchi, un passatempo. Come se io avessi instaurato quell’Amicizia perché non sapevo stare da solo”.