Mafie

Sicilia, l’ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello condannato a 12 anni per concorso esterno alla mafia

Dodici anni per concorso esterno a Cosa nostra. È questa la condanna emessa dal tribunale di Trapani per Paolo Ruggirello, ex deputato regionale del Partito democratico. Per lui i pm Gianluca De Leo e Luisa Bettiol, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, avevano chiesto vent’anni di carcere. Dopo aver cominciato a fare politica nel centrodestra, Ruggirello aveva aderito al Pd ai tempi della segreteria di Matteo Renzi. Candidato senza successo al Senato nel 2018, l’anno dopo è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa insieme ad altre 27 persone, tutti luogotenenti e gregari di Matteo Messina Denaro. Secondo le accuse della procura Ruggirello ha cercato il sostegno elettorale della famiglia mafiosa di Trapani, di cui è stato punto di riferimento politico a livello regionale, lavorando anche per far vincere appalti ai clan. Il diretto interessato ha ammesso di aver incontrato esponenti di Cosa nostra, gli proposero mille voti in cambio di 50mila euro alle regionali del 2017: proposta che lui aveva accettato soltanto per poter interrompere prima possibile la discussione e andarsene. Dall’inchiesta è emerso inoltre come Ruggirello sia stato un sostenitore dell’elezione di Giuseppe Castiglione, sindaco di Campobello di Mazara, il paese dove Messina Denaro ha trascorso l’ultima parte della sua latitanza.

La dinasty di Ruggirello – Ras delle preferenze della provincia di Trapani, globetrotter dell’arco costituzionale, Ruggirello aveva esordito in politica come assistente di Bartolo Pellegrino, deputato socialista, vicepresidente della Regione con Totò Cuffaro, l’ex governatore che ha scontato cinque anni per favoreggiamento alla mafia. Anche Pellegrino ha avuto i suoi guai: arrestato e poi assolto per concorso esterno a Cosa Nostra, divenne celebre per aver definito “infame” un personaggio che aveva parlato con i carabinieri (a loro volta etichettati come “sbirri“). Vicino a Pellegrino era il padre di Ruggirello, il ragionier Giuseppe, capostipite della famiglia. Aveva cominciato negli anni ’60 con una piccola azienda edile che evidentemente gli deve aver fruttato una fortuna. E infatti negli anni ’70 si era addirittura comprato una banca: si chiamava Banca Industriale, e in pochi anni era passata da uno a sedici sportelli, coprendo ben tre province. Ruggirello senior diventa ricco molto velocemente. Troppo velocemente. Talmente tanto da meritare addirittura un’interrogazione parlamentare sull’origine del suo successo economico. “Si chiede di conoscere a quale improvvisa fortuna si debba l’arricchimento del ragioniere Giuseppe Ruggirello”, scrivevano nel 1972 i deputati del Msi Franchi, Nicosia e Marino. Interrogazione che rimarrà lettera morta, mentre Ruggirello senior fa il grande salto a Roma. Dove la Guardia di finanza lo cita nel rapporto Colosseo Connection, quello su Enrico Nicoletti, cassiere della banda della Magliana: “Nel settore bancario – scrivono gli inquirenti – sono in corso indagini su un soggetto (Giuseppe Ruggirello) sospettato di collegamenti con esponenti vicini alla mafia, il quale starebbe per rilevare o avrebbe già rilevato una considerevole partecipazione in un Istituto di credito romano. Il soggetto, tramite tre società finanziarie, è presente sulla piazza di Roma e opera nel settore mobiliare e immobiliare impiegando ingenti capitali”.