Diritti

“Ogni due minuti nel mondo muore una donna per cause legate alla gravidanza. Il 45% degli aborti praticati non sono sicuri”

Chi non gode del pieno diritto alla salute sessuale e riproduttiva vive nella disuguaglianza. E’ quello che emerge dall’atlante WeCare pubblicato il 5 aprile da WeWorld, organizzazione indipendente che gestisce programmi di sviluppo in 27 paesi del mondo, tra cui l’Italia. Attraverso analisi e ricerche condotti sul campo, lo studio mappa alcuni fattori di ingiustizia sessuale e riproduttiva materna, infantile e adolescenziale e individua le fasce sociali più esposte alle discriminazioni o alle negazioni dei diritti, in Italia e nel mondo. “Donne, bambini, adolescenti, membri della comunità LGBTQIA+, persone con disabilità, popolazioni indigene, minoranze etniche, rifugiati. Gli appartenenti a queste categorie pagano il prezzo più alto”- spiega Martina Albini di WeWorld. E la situazione è peggiore dove ci sono conflitti in corso o il contesto socioeconomico è più difficile, come in Africa Sub-Saharina, Asia Centro-meridionale, Medio Oriente e America Latina.

Il report tiene in considerazione la vita sessuale dal periodo prenatale in avanti e approfondisce sei grandi aree: salute natale, politiche del corpo, violenza di genere, accesso all’acqua potabile (Wash) e diritti sessuali e riproduttivi, salute mestruale, salute e benessere sessuale. Secondo gli autori, in fase di gestazione, solo il 66% delle donne riceve i quattro controlli previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità per un corretto monitoraggio dello sviluppo del feto. Si stima che ogni due minuti una donna muoia per cause legate alla gravidanza o al parto a cui si poteva porre rimedio. Prima o subito dopo il parto, una su cinque affronta un problema di salute mentale. Non sempre, nei primi due anni di vita del bambino, madri e figli riescono ad avere cure e nutrizione adeguate. A generare discriminazioni sono anche le politiche del corpo, quelle cioè che riguardano la possibilità di pianificare una famiglia o un aborto, ma anche l’esposizione ad atti di violenza legittimati o diffusi. Ancora in molte regioni in via di sviluppo la contraccezione è poco praticata, a causa della difficoltà di accedere a servizi di informazione e metodi contraccettivi efficaci. Di tutti gli aborti effettuati nel mondo, il 45% non è sicuro e la percentuale cresce nei Paesi in cui le leggi sono più restrittive.

Ad aggravare il divario di genere ci sono poi pratiche lesive dell’integrità fisica. Circa 200 milioni di ragazze hanno subito mutilazioni genitali femminili e in molti Paesi – tra cui Afghanistan, Bangladesh, Egitto – sono ancora in uso prassi come il test di verginità. Tra i fattori che limitano l’equo sviluppo della persona, secondo lo studio c’è la violenza di genere. Ancora oggi ovviene la selezione del sesso basata sul genere, per cui almeno 23, 1 milione di donne non sono mai nate perché i loro genitori hanno preferito un figlio maschio. A violare i diritti delle ragazze sono anche i matrimoni precoci, 23 al minuto secondo i dati riportati nello studio, che spesso si combinano a gravidanze nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni. Le condizioni politiche, ambientali e socioeconomiche possono causare problematiche tanto gravi da portare alla morte.

Nelle zone in cui è in corso un conflitto, per esempio, i bambini corrono 20 volte di più il rischio di morire per malattie diarroiche che per la guerra in corso.
Forte impatto nella crescita di una bambina ha inoltre la salute mestruale, cioè il benessere fisico, mentale e sociale di cui si gode durante il ciclo. Ancora il 10% delle donne è colpito poi dall’endometriosi e in Africa Sub-Sahariana una ragazza su dieci non va a scuola durante il periodo mestruale. Dallo studio emerge un’arretratezza culturale per cui un ragazzo su tre pensa che le mestruazioni andrebbero tenute segrete. WeWorld certifica infine una situazione in peggioramento per le malattie sessualmente trasmissibili, con 374 milioni di nuove infezioni tra cui clamidia, gonorrea, sifilide, tricomoniasi. E una grande diffusione di tumori tra le donne. Una paziente oncologica su otto si ammala di cancro al seno. Gli altri tumori più diffusi tra le donne sono in ordine, quello al colon, ai polmoni e il cancro cervicale.
Né in età infantile né per gli adulti, però, c’è la stessa possibilità di cura e prevenzione. Il risultato è che in gran parte del mondo alcune categorie sociali non hanno gli stessi diritti. Oltre all’Agenda 2030, a fissare gli obiettivi per superare il divario è il summit di Nairobi indetto nel 2019 dal governo del Kenya. Con una dichiarazione In 12 punti, i sottoscrittori si impegnavano a raggiungere l’accesso universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi, a contrastare la violenza di genere e le pratiche lesive. Ma ad oggi, anche a causa della pandemia, molti dei traguardi fissati sembrano irraggiungibili. “Dove non c’è spazio sicuro per cambiarsi un assorbente, per ricevere i controlli fondamentali in gravidanza o per decidere liberamente del proprio corpo – dice Martina Albini di WeWorld – donne e bambine non hanno spazio per autodeterminarsi. In tutti questi casi, negando la giustizia sessuale e riproduttiva, viene di fatto negata la parità di genere”.