Calcio

Il Chelsea gioca col Fair Play Finanziario: perché può permettersi (per ora) di cacciare Potter e bruciare 400 milioni in 6 mesi

La storia si ripete. Nel gennaio dello scorso anno ilfattoquotidiano.it aveva analizzato il paradosso del Chelsea, club che a dispetto di 250 milioni di perdite complessive accumulate in tre anni risultava in attivo di un milione di euro per i parametri del Financial Fair Play (FFP) Uefa. Tredici mesi dopo, a Stamford Bridge è cambiato tutto, dalla proprietà – con l’abbandono dopo 19 anni di Roman Abramovich e il passaggio all’imprenditore americano Todd Boehly – fino alla guida tecnica, con Thomas Tuchel sostituito da Graham Potter, a sua volta licenziato dopo aver stabilito il primato della peggior media punti (1.27 a partita, con il 38% di vittorie complessive) totalizzata da un allenatore nella storia del Chelsea in Premier League. Ciò che è rimasto immutato sono le spese faraoniche, l’indebitamento consistente e il porsi quale società simbolo – pur se in buona compagnia – di tutte le storture del Ffp, strumento sacrosanto ma strutturato e regolamentato in modo pessimo.

Il patrimonio di Boehly è stimato in 5 miliardi di euro. In meno di un anno ne ha speso il 10% per il Chelsea, squadra cui a breve ha dichiarato di voler affiancare almeno un’altra società. Tutto alla luce del sole nell’era delle multiproprietà, non come quando il Chelsea di Abramovich aveva come squadra satellite gli olandesi del Vitesse che però rimanevano “indipendenti”, salvo poi emergere – è notizia di qualche settimana fa – che il russo aveva versato al club di Arnhem oltre 130 milioni. Sul mercato Boehly non ha badato a spese, acquistando (o ingaggiando) diciassette giocatori, tra il mercato estivo e quello invernale, per una cifra attorno ai 611 milioni di euro. La fonte è Transfermarkt ma la stima è per difetto, visto che non considera eventuali bonus, costi salariali e costi aggiuntivi quali le commissioni di intermediazione. Solo a gennaio i Blues hanno sborsato 369 milioni per otto giocatori, battendo il record di spesa della Premier League e spendendo più di quanto fatto assieme dalle squadre di Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1.

Cifre mostruose, destinate però a cedere il passo a quelle, ancora più incredibili, spese per il doppio cambio di allenatore Tuchel-Potter. In sei mesi, il conto si aggira sui 54 milioni di euro, composto dai 17 per la buonuscita a Tuchel e al suo staff, dai 24 pagati al Brighton per ottenere subito Potter a stagione in corso, e dai 13.5 quale prima annualità del contratto quinquennale sottoscritto dall’allenatore che, al momento del suo esonero, era il terzo tecnico più pagato della Premier dopo Pep Guardiola e Jurgen Klopp, e il quarto al mondo. Ma Potter costerà al Chelsea molto di più, perché gli spettano altre quattro annualità, che però, come scritto da David Ornstein su The Athletic, con tutta probabilità verranno sostituite dal versamento di un’indennità ordinaria non correlata alla durata residua del contratto. Una cifra non ancora stabilita, ma che potrebbe superare i 30 milioni di euro pagati dal Chelsea ad Antonio Conte nel 2018 dopo averlo licenziato. Un altro primato di spesa dell’ancora giovane gestione Boehly.

Il Chelsea possiede tante frecce al proprio arco che gli consentono di evitare problemi con il Ffp, dalle ingenti entrate dei diritti tv – mai così munifici in Inghilterra – alle prestazioni europee (quattro qualificazioni consecutive alla fase a eliminazione diretta della Champions, la vittoria del 2021), da un mercato in uscita più efficace rispetto alle rivali di Premier fino al Covid-19, che ha allentato le regole del Fair Play Finanziario, per finire con le detrazioni consentite dalla Uefa per investimenti nel settore giovanile, in progetti sociali e nel calcio femminile. Al resto ci pensano strategie che agiscono tra le pieghe del regolamento del Ffp, sfruttandone carenze e omissioni. Un po’ come gli hacker informatici che cercano di essere sempre un passo avanti rispetto ai dispositivi di sicurezza. La strategia principale del Chelsea si basa sui contratti di lunga durata. I nuovi acquisti Benoit Badiashile, Noni Madueke e Malo Gusto hanno firmato per 7 anni e mezzo, mentre Enzo Fernandez e Mykhailo Mudryk per 8 e mezzo. Prendiamo come esempio l’ucraino prelevato dallo Shakhtar Donetsk: il Chelsea spalma la quota di trasferimento, stimata in circa 70 milioni (più 30 di bonus), su un contratto di 8 anni e mezzo, con un costo di circa 8.5 milioni per esercizio finanziario.

Questa costruzione, applicata su più contratti, porta a un “profitto” finanziario (le virgolette sono d’obbligo) importante nel breve periodo. Soprattutto, il Chelsea ha giocato d’anticipo rispetto alla Uefa, che a partire dalla prossima stagione ha approvato un nuovo regolamento che non consente di spalmare la quota di trasferimento per più di cinque esercizi finanziari, con la conseguenza che un giocatore come Mudryk peserebbe sul bilancio dei Blues per oltre 14 milioni a stagione. La regola però non è retroattiva. Con l’obbligo dei cinque anni di contratto la Uefa chiude, in ritardo, una falla del proprio sistema, visto che a oggi l’obbligo dei cinque anni valeva secondo le regole Fifa, ma non si applicava se nel paese dove operava il club interessato la legge consentiva di stipulare contratti di durata maggiore. L’Inghilterra, sotto questo profilo, non prevede restrizioni.

Come nel caso del Barcellona che cede quote dei futuri proventi da diritti televisivi per garantirsi risorse immediate, anche quella del Chelsea è una politica di corto respiro destinata ad avere conseguenze nel medio periodo, che solo un forte incremento delle entrate potrà mettere al riparo dai rischi. In primo luogo, il monte stipendi continua a crescere, andando in direzione contraria alle nuove regole di sostenibilità finanziaria Uefa che prevedono un massimo di spesa del 90% dei propri incassi i salari, commissioni e costi netti di trasferimento dal prossimo anno, con la percentuale che scenderà all’80% il secondo anno e al 70% il terzo. Per i Blues sarà inoltre vitale la qualificazione alla Champions. Kieran Maguire, esperto di economia calcistica, ha stimato che ogni sterlina guadagnata per la partecipazione all’Europa League equivale a quattro sterline e mezzo in Champions. Infine, sul bilancio i soldi risparmiati oggi si ripresenteranno nei prossimi esercizi. E il bulimico shopping invernale del Chelsea sarà ancora presente, tra sette anni, sui libri contabili della società.