Cronaca

Venezia, l’assessore denuncia i tempi d’attesa in pronto soccorso. L’Azienda sanitaria: “Pretendeva un trattamento di favore”

All’assessore alla mobilità del Comune di Venezia Renato Boraso è accaduto quello che accade spesso ai cittadini veneti che entrano in un pronto soccorso: aspettare. Assieme al padre ottantenne, accolto in codice bianco, si è presentato alle 9 del mattino di domenica all’ospedale All’Angelo di Mestre. Dopo il triage è stato pregato di accomodarsi. “Siamo rimasti lì per tre ore senza ricevere alcuna assistenza. Finché ho capito che lo specialista che gli serviva proprio non c’era, così ho preso mio padre e me lo sono riportato a casa. Ma non sono più disponibile a stare zitto: la sanità pubblica non può lasciare la gente, e soprattutto gli anziani, in attesa per un giorno intero in ospedale per potersi curare”. Così ha dichiarato l’assessore, che un tempo militava in Forza Italia e poi è passato alla lista fucsia del sindaco Luigi Brugnaro.

Le sue dichiarazioni non sono, quindi, uno sfogo estemporaneo dettato dal disappunto per aver dovuto aspettare assieme al padre anziano, ma costituiscono una vera denuncia politica. A cui però l’Ulss 3 Serenissima di Venezia ha replicato in modo duro, sostenendo che l’amministratore avrebbe voluto forzare la mano, ottenendo un trattamento di favore, ovvero passando davanti ad altri, prima di lui nella lista in base ai criteri di accettazione delle urgenze. “Di fronte alle proteste e all’insistenza, la chiamata in ambulatorio è stata anticipata rispetto all’ordine del triage, per il quale era stato dato colore bianco. Hanno preferito andarsene. Non si può che stigmatizzare chi pretenda per sé, fino a ottenerlo, un trattamento di favore. Da chi riveste ruolo pubblico ci si aspetterebbe, al contrario, rispetto dei luoghi, delle funzioni, delle priorità vere, a tutela dei diritti dei cittadini”.

Lo scontro è pesante. Boraso ha raccontato al Gazzettino: “Mio padre ha avuto un problema serio alla mandibola. È malato, ma dopo tre ore nessuno ancora lo aveva visitato. Ho scoperto che non c’era un odontoiatra né un chirurgo maxillo facciale che potesse vederlo. Così ce ne siamo andati: a casa gli abbiamo dato l’antidolorifico e l’antibiotico in attesa che il giorno successivo lo visitasse un medico privato. Che razza di sanità è questa?”. La replica dell’Ulss, sintetizzata in una nota, insinua che l’assessore, se non ha detto il fatico “Lei non sa chi sono io…”, poco c’è mancato. “In sala d’attesa, fin da subito, il signor Renato Boraso si è lamentato con l’assistente criticando i tempi di attesa e commentando negativamente l’assenza in sede di uno specialista odontoiatrico nei giorni festivi. È per i continui solleciti del figlio, più ancora che per verificare eventuali criticità non rilevate al triage, che alle 11.45 il paziente veniva chiamato in ambulatorio, anticipando la chiamata. Il figlio aveva però già lasciato l’area d’attesa insieme al paziente: richiamato all’esterno, non rientrava con il padre, continuava a manifestare pesanti lamentele e si congedava”.

La reazione di Boraso non è inconsueta nei pronto soccorso dove le attese sono sempre molto lunghe. Ma l’assessore ha rincarato: “Hanno fatto una figuraccia, non sapevano più come giustificarsi. Ora basta, scriverò al presidente della Regione, Luca Zaia, e sono pronto a una raccolta firme. Chi ha 80-90 anni non può stare un giorno all’ospedale ad aspettare quello che poi non arriva. Devono creare una corsia d’accesso preferenziale”. Dalla struttura sanitaria è arrivata un’ultima precisazione. “Il Pronto Soccorso stigmatizza l’atteggiamento di chi dimentica che la reale finalità del servizio è di gestire prioritariamente i casi critici per poi fornire risposte a tutti. È da stigmatizzare anche l’atteggiamento tenuto nei confronti degli operatori sanitari che quotidianamente, e anche in questo caso, dedicano la loro attenzione alla malattia e al malato, e non al ruolo istituzionale di chi lo accompagna”. Quindi un riferimento al ruolo ricoperto nell’amministrazione comunale dev’esserci stato. “Spiace che col suo modo di fare Boraso abbia impedito al padre di beneficiare, di domenica, di una prima presa in carico, e poi della visita specialistica che poteva fare stavolta, senza che fossero lesi i diritti di alcuno, già l’indomani mattina, presso gli specialisti dell’Angelo, che sono comunque a disposizione, per i casi gravi, 24 ore su 24, anche la domenica”.