Ambiente & Veleni

Il “diritto alla riparazione” di smartphone ed elettrodomestici: ecco che cosa prevede la nuova direttiva Ue

L'Unione europea vuole ridurre gli sprechi del consumismo usa e getta: la proposta punta a garantire ai cittadini la possibilità di riparare i prodotti tech anche oltre il periodo di garanzia generalmente di due anni. Prevista anche una stretta sul greenwashing dannoso delle aziende

Estendere il “diritto alla riparazione” anche oltre il periodo di garanzia legale generalmente di due anni. Così l’Unione europea punta a ridurre gli sprechi del consumismo usa e getta tipico dei prodotti tech. Dagli smartphone a tablet e pc, dalle aspirapolveri a tutti gli altri elettrodomestici: la via maestra per una svolta green deve diventare quella della manutenzione e del riuso, con l’obiettivo di far risparmiare oltre 190 miliardi di euro in 15 anni ai cittadini europei e nel frattempo salvaguardare l’ambiente. Le novità sono contenute in una doppia proposta di direttiva presentata dai commissari Ue per la Giustizia e l’Ambiente, Didier Reynders e Virginijus Sinkevicius: oltre agli incentivi alle riparazioni, infatti, Bruxelles vuole introdurre una stratta sul greenwashing: le etichette come ‘eco’ e ‘bio’ sui prodotti dovranno essere accompagnate da prove scientifiche che ne garantiscano la veridicità, altrimenti scattano le sanzioni.

I servizi di riparazione – Le due direttive devono incassare il via libera del Parlamento europeo e soprattutto quello dei governi nazionali. Intanto però Bruxelles prova a tracciare la strada. Il primo obiettivo è appunto la diminuzione dei rifiuti elettronici. La chiave individuata è l’estensione del periodo di garanzia: i cittadini avranno la facoltà per “cinque-dieci anni” di rivolgersi a servizi di riparazione anche indipendenti dai produttori per far aggiustare i prodotti che hanno ancora speranze di vita – e risultino dunque tecnicamente riparabili – senza gettarli e sostituirli al primo difetto o segnale di cedimento.

Una piattaforma ad hoc – Nelle intenzioni di Bruxelles, i cittadini potranno usufruire di manutenzioni ordinarie e straordinarie “più semplici ed economiche” anche tramite una piattaforma di ‘matching’ online per far incontrare consumatori, riparatori e venditori di prodotti condizionati locali, aiutandoli a comparare le offerte e ad aprire la competizione nel settore. A disposizione vi saranno anche un modulo europeo per offrire informazioni chiare sulle condizioni e i prezzi dei servizi di manutenzione e uno standard di qualità europeo per i manutentori. Tutte possibilità da affiancare a modelli di eco-design sostenibili da affinare da parte dei produttori per migliorare durata e resistenza dei dispositivi contro l’ormai celebre obsolescenza programmata.

I guadagni per le tasche e l’ambiente – Una rivoluzione dei comportamenti individuali in linea di massima ben accolta dai consumatori europei (Beuc) che potrà essere incentivata anche dai governi nazionali con tagli dell’Iva ad hoc. E che, nei numeri offerti dal commissario Reynders, porterà all’Ue risparmi per 15,6 miliardi di euro per venditori e produttori e pari a 176,5 miliardi di euro per i consumatori in 15 anni. Benefici che, è la tesi di Bruxelles, si estendono all’ambiente, quantificabili in “un risparmio di emissioni di gas serra di 18,5 milioni di tonnellate, un risparmio di risorse di 1,8 milioni di tonnellate e di rifiuti di 3 milioni di tonnellate”.

La stretta sul greenwashing – La seconda proposta di Bruxelles punta invece a premiare gli imprenditori dalla vena più green a scapito di falsi ecologici. Un ambiente da proteggere quindi anche con una stretta sulle false dichiarazioni delle aziende: nelle stime Ue il 53,3% di quanto dichiarato come ‘biò, ‘eco’, ‘carbon neutral’ o ‘realizzato con plastica riciclata’ oggi non corrispondere al vero. Le etichette dovranno essere accompagnate da prove scientifiche, tutto il resto sarà bollato solo come dannoso greenwashing che i governi nazionali saranno chiamati a punire comminando multe e sanzioni di entità proporzionale alla violazione.