Cronaca Nera

Roma, migrante morto in ospedale: indagati due infermieri e due medici. “Iniettato farmaco non annotato in cartella”

Il medico legale, secondo la sua consulenza alla procura di Roma, ha dichiarato che qualcuno ha sedato Wissem Abdel Latif, deceduto il 28 novembre 2021, usando un farmaco non presente nella cartella clinica

“Qualcuno ha iniettato dosi di un terzo farmaco, che nessuna ha annotato in cartella”. La consulenza del medico legale alla procura di Roma mette nero su bianco l’ipotesi che avrebbe portato alla morte il cittadino tunisino Wissem Abdel Latif, deceduto il 28 novembre del 2021, mentre era ricoverato in ospedale. L’uomo aveva fatto ingresso il 25 novembre presso il servizio psichiatrico dell’Asl 3, ospitato dall’ospedale San Camillo con la diagnosi di schizofrenia psicoaffettiva, mentre prima aveva già trascorso due giorni all’ospedale Grassi di Ostia. In passato era stato recluso nel centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria. Due medici e due infermieri sono indagati in relazione al decesso, e le accuse nei loro confronti sono di omicidio colposo e falso per omissione nella cartella clinica. Il 26enne, secondo quanto emerge da una consulenza del medico legale, è deceduto a causa di un mix di sedativi che gli furono iniettati per calmarlo. In seguito all’autopsia, si è scoperta la presenza di un principio attivo, diverso dai due già somministrati al paziente nei tessuti di Wissem Ben Abdel Latif: quel farmaco, mischiato agli altri due, Talofen e Serenase, si è rivelato mortale. In base alla consulenza qualcuno gli ha somministrato dosi di un terzo farmaco, oltre ai due sedativi prescritti. Una medicina che nessuno ha annotato in cartella. L’uomo venne anche legato al letto.

“Per me non siamo più nel campo dell’omicidio colposo ma di quello volontario con dolo eventuale“, ha dichiarato l’avvocato della famiglia della vittima, Francesco Romeo. Il legale, che lunedì 20 marzo ha denunciato l’ospedale Grassi di Ostia e del Servizio psichiatrico dell’Asl 3 per sequestro di persona, aggiunge: “Non si può tenere continuamente legato un paziente a un letto“.