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Fdi si rimangia il no al Ceta. Per Meloni era una ‘porcata’ da ‘traditori’, adesso Lollobrigida apre: “Vantaggi per i produttori, si arriverà al sì”

Per anni l'attuale presidente del Consiglio ha tuonato contro l'accordo di libero scambio Ue-Canada e i suoi sostenitori, ma il ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare, al termine del Consiglio Ue, ha aperto alla ratifica: "Ci sono alcuni accordi che sono avviati, che hanno sviluppato alcuni dati, che pragmaticamente sono a vantaggio delle nostre produzioni o mettono noi in condizione di competere con produttori di altri continenti"

Per Giorgia Meloni era una “porcata”, una roba da “traditori”. Le intemerate della leader di Fratelli d’Italia contro il Ceta e i suoi sostenitori non si contano. Dai banchi dell’opposizione, per anni, è stato tutto un urlo contro l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada, in vigore in via provvisoria dal settembre 2017. Adesso che Fdi è al governo, tocca a un suo fedelissimo fare una marcia indietro, un’inversione a U. Insomma, rimangiarsi tutto. Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, appendice che proprio su questa scelta fa almeno sorridere, lo ha detto chiaro e tondo a margine del Consiglio Ue a Bruxelles: l’Italia in materia di accordi commerciali è “molto pragmatica”. Insomma, si va verso la ratifica del Parlamento.

Tant’è che ha spigato: “Ci sono alcuni accordi che sono avviati, che hanno sviluppato alcuni dati, che pragmaticamente sono a vantaggio delle nostre produzioni o mettono noi in condizione di competere con produttori di altri continenti. E questi accordi, io penso, che possano vedere una discussione in Parlamento che possa metterci nella condizione di arrivare alla sottoscrizione”. A Lollobrigida era stato chiesto un commento sul Ceta e sull’accordo Ue-Mercosur, sul quale ha invece sottolineato: “Altri che bisogna attenzionare di più, perché riuscire a garantire la competitività dei nostri prodotti di qualità per noi è necessario ed utile. Quindi, su questi dati apriamo una riflessione e un approfondimento non solo nell’ambito della politica e delle associazioni datoriali e con le nostre imprese, per garantire la loro tenuta e il loro sviluppo, con tutta la filiera del lavoro che si portano dietro, ma anche per garantire uno standard qualitativo che l’Italia è riuscita a garantire indubbiamente e che anche la maggior parte delle nazioni europee tende a tutelare”.

Alla richiesta di conferma che il primo trattato di cui parlava fosse il Ceta e il secondo quello con il Mercosur, Lollobrigida ha confermato: “Così me l’ha appena sottolineato, ho seguito il suo indice”, ha detto. L’apertura è quindi netta e stupisce, viste le posizioni di netta chiusura da parte di Fratelli d’Italia. Una sorta di crociata in attesa di una ratifica che, dopo il via libera dei parlamenti di Francia e Germania, adesso aspetta il “sì” di Camera e Senato, con l’Italia rimasto l’unico big europeo a non aver ancora dato l’ok definitivo. E ora è proprio Fratelli d’Italia ad aprire, nonostante negli ultimi sei anni il tenore delle dichiarazioni di Meloni sia stato questo: “Il Ceta, trattato di libero scambio UE-Canada, è una porcata contro i bisogni dei popoli. FdI si batterà in Italia contro la ratifica”, annunciava il 14 febbraio 2017. A suo avviso l’Europa dava “carta bianca alle multinazionali a danno delle piccole e medie imprese”, allo stesso tempo “abbassa gli standard di qualità e sicurezza alimentari” e “mette a rischio le sovranità nazionali”.

Ad agosto ribadiva con forza: “La nostra posizione è chiara: per Fratelli d’Italia chi voterà in Parlamento la ratifica del Ceta è un traditore dell’Italia e del Mezzogiorno e non potrà mai essere nostro alleato”. Un mese dopo aizzò la folla di Atreju: “Chi vota il Ceta fa un favore alle grandi produzioni e sputa in faccia agli italiani che si sono rifiutati di mettere schifezze nei loro prodotti”. E definì l’accordo di libero scambio una “vergogna” che “riconosce 40 dei 400 marchi di origine italiana”. Quindi sottolineò: “Non ha senso aprire a nuovi mercati che trattano ‘schifezze’ che suonano italiano come il ‘Parmesan’ ma che italiane non sono e tolgono risorse alle imprese italiane”.

Nuovo attacco il 14 agosto dell’anno successivo: “Fratelli d’Italia dice no al Ceta e sì alla difesa del Made in Italy. Bene il ministro Centinaio sul no alla ratifica del trattato di libero scambio Ue-Canada che penalizza il nostro settore agroalimentare. I nostri voti ci sono”, spiegava durante il governo giallo-verde. E ancora: “Non può esserci libero scambio e concorrenza leale senza una reale difesa del marchio Italia sui mercati mondiali”. Se la prese anche con Forza Italia, che diede il via libera in commissione: “Quando dico che il futuro dell’alleanza di centrodestra si costruisce ripartendo dai contenuti intendo l’esatto opposto di quello che è avvenuto oggi in commissione Esteri al Senato: Forza Italia ha votato col Pd il via libera al Ceta”. In quel caso la definì “l’ennesima marchetta della Ue alle grandi multinazionali”.