Attualità

Michael Jackson e il giallo dei disegni da 12 milioni di euro: due italiane ne rivendicano la proprietà. “Me li donò perché ero la sua musa”

Mentre si discute sulla loro autenticità, due donne veneziane si battono per il possesso dei disegni che il Re del Pop avrebbe donato loro

Una serie di disegni dal presunto valore di 12 milioni di euro sono spuntati fuori da una cassaforte. Il motivo del loro valore? L’autore delle opere altri non sarebbe che Michael Jackson. Le proprietarie dei disegni sono due donne veneziane, Wanda Ruberti e Michela Turco, che sostengono di averli ricevuti direttamente dalla popstar in quanto molto vicine a lui in passato. Turco dichiara addirittura di essere stata una musa ispiratrice per Michael, motivo per cui le avrebbe regalato dei disegni di Trilli, la piccola compagna di Peter Pan del cartone Disney, ispirati da lei. Gli altri disegni rappresentano Winnie the Pooh e Giovanni Paolo II. I capolavori sarebbero stati autenticati nel 2012 dallo scultore Silvio Amelio, che avrebbe attribuito al disegno di Trilli un valore di circa 6 milioni e mezzo di euro, a quello di Winnie The Pooh 780 mila euro, mentre il ritratto del Papa avrebbe un valore di bel 10 milioni di euro.

Tuttavia, attorno alle opere si è scatenato un vortice di accuse e contro-accuse: Wanda Ruberti ha denunciato un’estorsione poiché costretta, a suo dire, a venderle in un momento di difficoltà per 5 mila euro, tuttavia il pubblico ministero avrebbe richiesto l’archiviazione del caso. Lo scultore Amelio, durante lo svolgimento delle indagini, ha dichiarato di essere stato raggirato, in quanto le opere visionate da lui al tempo non erano le stesse per cui ha firmato la perizia. Denuncia inoltre di aver prestato a Ruberti una somma di 4 mila euro, che la donna non gli avrebbe mai restituito.

Nell’inchiesta sono finiti anche degli imprenditori, un gallerista e un manager, che a loro volta puntano il dito contro le donne accusandole di calunnia. Uno degli imprenditori, che si occupa di Nft, dichiara:” Mi hanno contattato per ottenere la certificazione delle opere di Jackson. Eravamo in un hotel, siamo stati raggiunti dal direttore che voleva il pagamento del conto. Lui dice di averlo regolato personalmente e di aver proposto alle due un contratto d’acquisto su una vendita futura delle opere. Ma dopo ha indagato sulla dichiarazione dello scultore e ha scoperto, sostiene, che non vale nulla”. A seguito, l’uomo avrebbe chiesto a Ruberti di mostrargli una firma di Jackson, ma senza alcun risultato. “Dalle mie verifiche è emerso che sono due falsi.” Nell’attesa che venga emesso un verdetto che ne dimostri o smentisca l’autenticità, le opere sono tornate in cassaforte.