Diritti

Altro caso di intolleranza contro un disabile: chi è responsabile va messo di fronte alla vergogna

di Lelio Bizzarri*

Moglie e marito vanno in vacanza in un albergo a 4 stelle con il loro figlio 24enne, affetto dalla sindrome di Norrie, la quale comporta cecità e deficit cognitivi. Come riportato dai media, ai genitori del ragazzo è stato detto: “Alcuni ospiti si sono lamentati di suo figlio a cena, vi va se vi sistemo in una saletta un po’ in disparte?”. I genitori aggiungono che la saletta era separata anche visivamente dal resto del ristorante da una porta a vetri decorata, effetto “vedo non vedo”.

Offesi e amareggiati, si sono rifiutati di assecondare la richiesta, sentendosi così costretti a saltare la cena e a ripartire l’indomani nell’impossibilità di viversi una vacanza come tale in un clima così pregiudizievole. La mamma ci tiene ad evidenziare che il figlio non aveva assunto comportamenti che avessero potuto infastidire gli altri ospiti. Diversamente l’intolleranza di questi ultimi non sarebbe stata comunque giustificabile. Tuttavia, la precisazione ci fa capire come si possa reagire alla sola presenza, con un senso di disagio tale da indurre a muovere la richiesta, “garbatamente” arrogante, di allontanarlo persino dalla vista.

Chi si è sentito legittimato a farla parte da assiomi che ritiene indiscutibili e che ha veicolato implicitamente: “vostro figlio è obiettivamente un fastidio”, “questo non è posto per vostro figlio”, “nessun altro, oltre voi, vorrebbe stare insieme a vostro figlio”. Proprio quest’ultimo messaggio angoscia più di tutto. La quasi totalità dei genitori di figli con handicap grave convive costantemente con il pensiero oscuro di come sarà la vita di questi ultimi dopo che loro non ci saranno più: il cosiddetto “Dopo di Noi”. È un pensiero così preminente che i più investono ingenti risorse per garantire loro una buona qualità della vita anche in loro assenza: comportamenti di rifiuto così sfacciati attualizzano lo spettro dell’emarginazione e fanno esplodere un senso di angosciosa prostrazione. Ciò detto non per sminuire la gravità del fatto in sé, ma a beneficio di chi potrebbe chiedersi come mai un fatto isolato possa aver prodotto tanto dolore.

Nel testo Le Microaggressioni – La natura invisibile della discriminazione, D. W. Sue e L. B. Spanierman sostengono che le persone di etnia diversa da quella caucasica, Lgbtq+, le donne e le persone con disabilità subiscono quotidianamente micro insulti (allusioni a caratteristiche negative della categoria), micro assalti (insulti espliciti), nonché micro invalidazioni (allusioni al non avere pieno diritto a stare in un contesto sociale o a manifestare le proprie caratteristiche). Gli autori sostengono che le micro aggressioni possono indurre ansia e depressione, avere ricadute a livello socio-economico e sulla salute, fino a esporre al rischio di subire violenze: la delegittimazione a stare in società induce a creare luoghi speciali i quali spesso si trasformano in microsistemi chiusi, abbandonati a loro stessi, dove i diritti di utenti e operatori sono sospesi.

Reagire alle micro aggressioni è estremamente complicato a causa del loro carattere implicito. Per non cadere nel paradosso tra il subirle e il reagire scompostamente è necessario svelare i messaggi impliciti e restituire agli autori la consapevolezza della loro gravità. Comprensibilmente il dolore porta le vittime a ritrarsi, tuttavia è fondamentale mantenere l’equilibrio emotivo per calcare a testa alta la scena sociale e guardare negli occhi chi pretende di cancellare da essa chiunque si discosti dal feticcio bianco-etero-abile. Nella relazione IO-TU è possibile metterli di fronte alla vergogna che nel loro intimo sanno di provare (dato che delegano ad altri il compito di agire i loro pregiudizi) e alla ruminazione rabbiosa che si attorciglia attorno all’impossibilità di essere loro stessi all’altezza dell’ideale perfezionista. Frustrazione che evidentemente non li abbandona mai… neanche in vacanza.

*psicologo e psicoterapeuta

Foto dal profilo Facebook di Cecilia Bonaccorsi