Diritti

Uffici immigrazione ingolfati a Torino, lettera-denuncia di 60 associazioni: qualcosa si muove

In questo paese di conformisti, adoratori dei potenti e denigratori dei deboli, non è cosa da tutti i giorni scoprire che ben 60 associazioni e organizzazioni, alcune delle quali ben note a tutto il paese, sottoscrivono una lettera-denuncia alla Questura e alla Prefettura di Torino, oltre che all’Unhcr e la rendono pubblica. Il tema: violazioni di legge e inefficienze dell’Uffici immigrazione della Questura di Torino. Della questione ce ne siamo occupati di recente su questo blog raccontando il calvario dei migranti in coda sul piazzale, denunciandone l’invisibilità.

Qualcosa si è mosso, da qualche giorno un camper nel piazzale davanti all’Ufficio Stranieri, allestito dalla Cgil-Cisl-Uil e dal Comune di Torino e gestito da volontari, fornisce le informazioni di primo impatto e contribuisce a ridurre la coda di coloro che debbono accedere agli uffici. La lettera denuncia è promossa dall’Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), sul cui sito web è apparso venerdì 3 marzo 2023 un completo resoconto.

Fra i firmatari della lettera denuncia tante associazioni e organizzazioni della galassia del volontariato cattolico, dalla Pastorale Migranti alla Fondazione Don Mario Operti e poi Amici delle Missioni della Consolata, il Sermig, L’Associazione Camminare Insieme, il Gruppo di Volontariato Vincenziano, la Cooperativa di Animazione Valdocco, solo per ricordare le più note. Poi il mondo del soccorso ai migranti, quello dell’integrazione, quello del lavoro, Medici Senza Frontiere, Psicologi del Mondo, gli scout del Masci. C’è anche il Cisv, faro e apripista della cooperazione internazionale, insieme alle tante associazioni di immigrati. Ci sono anche due Associazioni di volontari che si occupano di solidarietà e sostegno dei minori, si tratta dell’Associazione Famiglie Accoglienti e dell’Associazione Tutrici e Tutori Volontari di m.s.n.a.

Sono tutte realtà che “non fanno politica”, dove convivono persone con vissuti e idee anche molto diverse. La politica che fanno e che li tiene insieme è la consapevolezza che accogliere è nell’etica dell’essere umano, ma è anche nella convenienza: valorizzare l’umanità è meglio che negarla, alla fine è ricchezza per tutti, specie per il paese di vecchi timorosi che siamo diventati. Diventa perciò fondamentare dare maggiore certezza dei diritti e dei doveri che spettano a tutti, immigrati e indigeni, perché questa permette di realizzare maggiore responsabilità.

Il diritto trasformato in favore o casualità dice al mondo che le regole (tutte) sono solo per gli altri, i fessi e gli esclusi. Questo messaggio, veicolato continuamente a tutti i livelli nel nostro paese – dalle tasse all’accesso alle cure e ai servizi, poi anche nell’iscrizione a scuola, o ai servizi sociali – ha un impatto maggiore su chi è arrivato qui e solo molto dopo imparerà, di solito a sue spese, a districarsi in questa vischiosità dove lecito e illecito sono impastati indissolubilmente.

Se queste realtà hanno partecipato e aderito alla lettera-denuncia vuol proprio dire che non ce la fanno più, che l’indignazione e l’allarme per la deriva degli uffici e per l’ingolfarsi di una burocrazia fatta di arbitrio invece che di certezze, è giunta al culmine. Segnalano la “sostanziale impossibilità di presentare domanda di protezione internazionale”, i più fortunati hanno avuto appuntamenti a distanza di mesi “senza un criterio di scelta evidente”. Così “i richiedenti asilo rimangono privi di un valido titolo di soggiorno sul territorio nazionale” correndo il rischio di essere espulsi senza che nemmeno abbiano potuto presentare domanda. Diventano clandestini ancora prima che abbiano potuto scegliere ed essere valutati.

La totale disorganizzazione dell’ufficio genera l’esigenza di ritorni frequenti e infruttuosi, così che aumenta la confusione e la frustrazione. Così si finisce che la pratica per la concessione e/o il diniego del permesso di soggiorno impiega più di un anno per arrivare a conclusione, spesso dopo richieste orali di integrazioni formulate a caso, che mettono l’immigrato nella oggettiva difficoltà di capire cosa si vuole e perciò di farvi fronte. E così via.

Cosa chiedono i firmatari? Il rispetto della legge (siamo al punto di richiedere il rispetto della legge a chi dovrebbe esserne il garante e l’esecutore!), vale a dire: l’istituzione di un sistema di prenotazione degli appuntamenti univoco ed efficiente; la garanzia di un rapido e reale accesso alla domanda di asilo, così che nel frattempo il richiedente può accedere alle misure di accoglienza; il rispetto dei tempi e delle modalità per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, secondo quanto previsto dalla legge 241/90; la “cessazione dei comportamenti inopportuni posti in essere dal personale della Questura di C.so Verona 4 nei confronti degli stranieri e degli operatori che vi accedono come, ad esempio, pretendere adempimenti non richiesti dalla legge”. Almeno il camper di Comune e sindacati, adesso c’è. Grazie.

Che il limite è stato superato l’hanno capito anche i giornali padronali che, dando conto dell’iniziativa raccontano anche di personale civile non riconfermato, di locali fatiscenti e non a norma, di una situazione che di sabaudo sembra avere proprio poco. Al momento non si ha notizie di commenti ministeriali agghiaccianti, come quelli che abbiamo letto sugli annegamenti di Cutro, riferiti alla situazione dell’Ufficio Stranieri della Questura di Torino; qui si preferisce dichiarare poco, ma fare: infilare i migranti nel tritacarne dell’inefficienza colpevole e cercare così di farli scappare prendendoli per sfinimento.

La buona notizia è che c’è chi raddrizza la schiena e non si piega, si fa rete e sistema, non si fa intimidire e rilancia l’idea di un paese dove sicurezza fa rima con certezza (dei diritti e dei doveri), dove chi ha il compito di gestire servizi delicati deve rispondere di quello che non fa o non riesce a fare, dove le vittime non possono essere sempre quelli che non possono parlare. Troppo comodo così. Sarebbe meraviglioso se fosse l’inizio di una nuova cittadinanza; speriamo, ma non illudiamoci, che è ancora lunga.