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Claudio Santamaria al concerto di Castelvetrano per le vittime di mafia: “Non smetterò mai di credere nella verità e nella giustizia”

Anche Claudio Santamaria tra gli ospiti del concerto-evento “A nome loro: musiche e voci per le vittime di mafia” tenutosi il 24 febbraio al Parco archeologico di Selinunte, nel comune di Castelvetrano, luogo natio di Matteo Messina Denaro: "I riflettori servono perché la mafia agisce nell’ombra e nel silenzio"

“Sono qui perché non smetterò mai di credere nella verità e nella giustizia”, così Claudio Santamaria motiva la sua presenza al concerto-evento “A nome loro: musiche e voci per le vittime di mafia” al Parco archeologico di Selinunte, nel comune di Castelvetrano, luogo natio di Matteo Messina Denaro. L’iniziativa è nata da un’idea della musicista Sade Mangiaracina, originaria del posto, proprio in seguito all’arresto del boss. Tra gli artisti che hanno aderito alla causa c’è l’attore romano. Con lui anche la moglie, la giornalista Francesca Barra, che ha condotto l’evento insieme a Gino Castaldo.

Qual è la funzione dell’arte e dell’artista in manifestazioni come queste?
Essere un megafono; amplificare un messaggio che accenda gli animi e tenga viva la memoria. I riflettori servono perché la mafia agisce nell’ombra e nel silenzio.

Lei ha avuto modo di studiare da vicino “la materia”, interpretando un giornalista antimafia nella fiction “L’Ora, inchiostro contro piombo”. Cosa le ha lasciato quel ruolo?
Mi ha lasciato la convinzione ancora più forte che il mio mestiere, l’arte, può fare tanto per informare e scuotere le coscienze e può essere un mezzo potente che affianca il giornalista.

Dostoevskij scriveva “La bellezza salverà il mondo”. Qual è, oggi, nell’epoca dell’apparenza, la bellezza che può ritagliarsi ancora un ruolo salvifico?
La bellezza della scuola, dell’insegnamento. “La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari” diceva lo scrittore Gesualdo Bufalino.

Che percezione ha della mafia oggi? Fa ancora paura?
La mafia oggi è ancor più spaventosa perché non è più così evidente e non ha i riflettori accesi.

Qual è stato il suo primo pensiero dopo l’arresto di Messina Denaro, l’ultimo capo della stagione delle stragi?
Ho pensato immediatamente alle vittime e ai loro familiari. Se penso a loro non riesco a esultare fino in fondo. Aspettano ancora verità e giustizia per la morte dei loro cari.

Ed è proprio questo il tema del concerto a cui partecipa con sua moglie Francesca. Se dovesse raccontare a vostra figlia di questo evento, le direbbe “mamma e papà sono qui perché…”?
Siamo qui perché mamma e papà non smetteranno mai di credere nella verità e nella giustizia. Con il loro lavoro proveranno a non smettere di allenare la memoria e raccontare le storie degli altri, scegliendo da che parte stare, sempre. Noi prendiamo sempre posizione, che piaccia o meno.

Entriamo in clima di concerto. La conosciamo tutti come attore, ma lei ha anche una grande passione per la musica. Come si sente Claudio Santamaria quando canta?
Mi sento felice perché sono libero.

C’è un brano di Brunori Sas che si intitola “Canzone contro la paura”. Qual è la sua canzone contro la paura?
La mia canzone è “Killing in the name of” dei Rage Against the Machine. L’ascoltavo sempre prima di andare in scena durante le riprese dell’Ora. Quel brano rappresenta l’urlo contro gli oppressori.

Un singolo uscito, peraltro, nel settembre del 1992, a pochi mesi dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Sebbene i Rage l’abbiano scritto contro i soprusi della polizia statunitense, è inevitabile leggervi un grido universale di ribellione alle ingiustizie. Perché, come ha detto Santamaria, il ruolo anzi il potere dell’arte è saper “amplificare un messaggio che accenda gli animi e tenga viva la memoria”.