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Tensione sul fronte moldavo, ecco perché un attacco russo dalla Transnistria sarebbe inutile e controproducente

Dato che nelle recenti offensive nell’oblast di Zaporizhzhia la Federazione russa ha perso anche più di mille uomini al giorno, non si può ritenere seriamente che meno di 6mila truppe miste potrebbero durare in combattimento contro le forze armate ucraine. Soprattutto per la conformazione territoriale del piccolo territorio indipendentista suo alleato

La Moldavia è piccola, ma non proprio minuscola: con i suoi 32mila chilometri quadrati equivale grossomodo all’Emilia-Romagna e alle Marche mese insieme. Tuttavia, ha appena 2,6 milioni di abitanti, meno della città di Roma. Di questi ultimi, meno di un quinto risiede nell’autoproclamata Repubblica Moldava di Pridniestrov, meglio nota come Transnistria, un’area poco più estesa della provincia di Siena con la forma di una striscia strettissima lunga 200 chilometri e larga al massimo 20, situata lungo la sponda orientale del fiume Nistro. Né la Moldavia né, tantomeno, la Transnistria hanno collegamenti col mare: mentre la prima è circondata dalla Romania (quindi dalla Nato) e dall’Ucraina, la seconda è spalmata lungo il confine dell’Ucraina stessa. Il territorio della Transnistria ospita sul suo territorio, oltre a un modesto distaccamento di elicotteri russi, due contingenti di truppe di Mosca: uno di 400 soldati è dispiegato in una zona smilitarizzata come parte di un accordo del 1992; un altro, all’incirca di mille soldati, ha il compito di sorvegliare i depositi di armi e munizioni di epoca sovietica lasciate più di trent’anni fa dalla 14° armata russa agli ordini del generale Alexander Lebed. A questa repubblica, riconosciuta solo da Mosca e alleati, non mancano proprie forze armate: parliamo di 4.500-5.500 soldati in servizio attivo, oltre ad almeno 15.000 riservisti. Gli equipaggiamenti sono modesti: i prezzi pregiati includono 18 carri T-62, un elicottero da combattimento Mil Mi-24, 15 veicoli da combattimento di fanteria BMP-1 e BMP-2 e una settantina di veicoli corazzati da combattimento “made in Urss”. I camion Ural-375, GAZ-66 e Zil-131 costituiscono la spina dorsale logistica: peccato che la loro produzione sia cessata da decenni e che non costituissero già ai tempi di Breznev, quando furono lanciati, dei modelli di affidabilità. Non manca una piccola industria bellica locale produttrice di lanciarazzi da 122 mm e droni da ricognizione.

L’ultima esercitazione congiunta delle forze della Transnistria con quelle russe risale al gennaio 2022, un mese prima dell’inizio della guerra: i soldati russi di stanza a Est del Nistro hanno tenuto simulazioni presso il loro poligono di tiro in Transnistria contro “obiettivi che simulano l’avanzata della fanteria e l’equipaggiamento militare nemico. I militari hanno provato manovre, assumendo posizioni di fuoco e travestimenti improvvisati, prestando particolare attenzione alla distruzione di piccoli bersagli situati a grande distanza”, come spiegò allora in una nota il locale ministero della Difesa affermando inoltre che le truppe russe utilizzarono lanciagranate automatici AGS-17 di progettazione sovietica. Non risulta che il personale della riserva abbia avuto di recente degli addestramenti. Il personale russo presente in Transnistria non ha possibilità di rotazione, dato che dovrebbe attraversare i territori della Nato o dell’Ucraina.

È lecito preoccuparsi per un’ipotetica offensiva delle forze armate locali e dei due contingenti russi allo scopo di aprire un “fronte occidentale” nella guerra contro l’Ucraina? Dato che nelle recenti offensive nell’oblast di Zaporizhzhia la Federazione russa ha perso anche più di mille uomini al giorno, non si può ritenere seriamente che meno di 6mila truppe miste potrebbero durare in combattimento contro le forze armate ucraine: è possibile che già dopo il secondo giorno di scontri le unità militari non sarebbero più in condizione di operatività a causa delle perdite e delle diserzioni. La geografia non fa sconti a un territorio dalla forma stretta ed allungata: anche se non volessero spostare gli Himars da Odessa, le truppe di Kiev potrebbero agevolmente colpire in modo chirurgico più della metà del territorio dell’ipotetico invasore.

Anche nel caso in cui il Cremlino decidesse di usare il territorio di tutta la Moldavia per dare profondità al nuovo fronte, con le nuove bombe Saab-Boeing fornite dagli americani sarebbe agevole annientare basi, mezzi e depositi nell’intero territorio moldavo in pochi giorni. Per non dire, poi, del fatto che per rifornire le truppe Mosca dovrebbe esporsi al fuoco degli ucraini, ben lieti di vedere elicotteri e navi impiegate in operazioni autodistruttive. Certo, a Mosca fa aggio riuscire a spostare anche solo pochi dei temibili lanciarazzi occidentali o distrarre dai fronti sud-orientali della guerra qualche centinaio di combattenti ucraini: tuttavia, il valore tattico dell’apertura di questo nuovo fronte sarebbe, comunque, prossimo allo zero, anche perché le linee ferroviarie ucraine potrebbero facilmente far convergere un battaglione a sud-ovest, nella previsione di uno scontro rapido, per poi riportarlo dove più serve, cioè tra il Donbass e Zaporizhzhia.
Sembra urgente, comunque, per l’Occidente sostenere la Moldavia. Non a caso, incontrando la presidente moldava Sandu, Biden ha sottolineato l’impegno di Washington “per aiutare la Moldavia a rafforzare la sua resilienza politica ed economica e per affrontare gli effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina”.