Cronaca

Zuppi (Conferenza episcopale): “Le ong salvano vite, non fanno il gioco degli scafisti. La guerra in Ucraina? Dialogo, non riarmo”

Il Cardinale intervistato da Lucia Annunziata a Mezz'ora in più ribadisce la posizione della Chiesa sul conflitto e promuove i salvataggi in mare

“La legittima difesa e la giustizia sono fondamentali” ma va abbandonata “l’idea che soltanto con le armi si arrivi a una soluzione“. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più ribadisce la posizione della Chiesa, su cui è sempre stato chiarissimo Papa Francesco: “Deve esserci un’iniziativa di dialogo, pubblico o riservato, laterale, che a volte parte da luoghi impensabili, altrimenti c’è soltanto il riarmo“. L’Italia allora fa ancora bene ad inviare armi? “Se c’è lo stesso impegno a trovare spazi di diplomazia direi di sì. Il problema è che l’Europa manca troppo, come la comunità internazionale. L’Italia e l’Europa devono fare di più. Ogni giorno che passa è gente che muore”.

L’ex arcivescovo di Bologna difende poi l’operato delle ong impegnate nei salvataggi in mare: “Se salvo qualcuno non “faccio il gioco degli scafisti” ma di chi sta in mezzo al mare: ancora ieri è morto un neonato, questa cosa deve suscitare una reazione, la reazione è “io vado a salvarli”. Non può essere sbagliato. Credo che le ong facciano bene”. Sull’immigrazione “qualche volta ho l’impressione che continuiamo a pensare di essere in emergenza nonostante cambino gli inquilini a Palazzo Chigi: la situazione è sempre quella di 40 anni quando Jerry Masslo fu ucciso”, ha detto il leader dei Vescovi riferendosi al rifugiato sudafricano assassinato da una banda di criminali nel 1989 a Villa Literno. “Il problema è creare delle strutture di accoglienza per chi cerca di venire, a chi ha il diritto di essere ascoltato, salvato, è qualcosa che i vari inquilini di Palazzo Chigi devono affrontare”.

Pochi giorni fa, aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, Zuppi aveva sottolineato la necessità di maggiori flussi regolari d’ingresso, di “corridoi umanitari e ricongiungimenti familiari“, aggiungendo: “Soprattutto è importante come accogliamo: non facciamo vivere umiliazione, tempi lunghi di attesa, viaggi infiniti, anticamere senza senso, marginalizzazione“.