Diritti

Aborto in Lombardia, le misure urgenti per garantirne l’accesso a tutte. Dall’informazione ai consultori: i cinque punti

L’ha redatta un gruppo composto da mediche, ricercatrici, giornaliste, e un’antropologa attive nel movimento femminista e impegnate per i diritti sessuali e riproduttivi, ed è indirizzata alle candidate e ai candidati del centrosinistra alle prossime elezioni Regionali perché possano rilanciarle nel programma elettorale

È composta da cinque punti la lista di azioni che garantirebbe alle donne in Lombardia (e non solo) l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, nel rispetto della legge 194/78. L’ha redatta un gruppo composto da mediche, ricercatrici, giornaliste, e un’antropologa attive nel movimento femminista e impegnate per i diritti sessuali e riproduttivi, ed è indirizzata alle candidate e ai candidati di centrosinistra, a partire da Pierfrancesco Majorino, nonché Mara Ghidorzi di Unione Popolare. Un appello perché facciano proprie le proposte e le portino avanti nel proprio programma elettorale. Si tratta, spiegano le firmatarie, di garantire accoglienza, accessibilità, autodeterminazione, sicurezza anche per le donne che scelgono di abortire.

INFORMAZIONE E PRENOTAZIONE – Anche secondo l’Organizzazione mondiale della sanità l’informazione è una chiave fondamentale per l’accesso ad un aborto sicuro perché consente alle interessate di capire in tempo utile cosa fare e come muoversi. Se per l’interruzione volontaria di gravidanza il fattore tempo è fondamentale, scrivono le firmatarie, in Lombardia, reperire informazioni e fissare appuntamenti per un aborto richiede più tempo e fatica che per qualsiasi altro atto medico. I siti istituzionali, infatti, non mettono a disposizione guide, mappe, liste di indirizzi e orari. Si chiede quindi che “le informazioni sulle procedure e i passaggi da compiere per accedere alle prestazioni” siano “chiare e disponibili sui siti istituzionali di ogni ATS, di ogni ospedale e sul sito della Regione. Chi prenota la prestazione deve poterlo fare attraverso un numero dedicato o con un sistema di prenotazione online, segnalati sui siti dei singoli servizi sanitari che erogano la prestazione”.

ABORTO FARMACOLOGICO – Il secondo punto di attenzione proposto dalle firmatarie riguarda la procedura di interruzione volontaria di gravidanza con farmaci mifepristone e misoprostolo. La Regione Lombardia non ha mai recepito le Linee di indirizzo emanate dal Ministero della salute ad agosto 2020, che assegnano anche ai consultori familiari (sia pubblici che privati accreditati) “adeguatamente attrezzati” il compito di somministrare i farmaci. Si chiede di seguire l’esempio di Emilia Romagna, Lazio e Toscana che hanno definito procedure aggiornate per l’aborto farmacologico e di produrre “atti concreti per potenziare i consultori, a partire dalla assegnazione di un nomenclatore tariffario della prestazione”.

CONSULTORI – L’efficienza dei servizi territoriali è collegata al punto precedente, ma non solo, poiché ha a che fare anche con la prevenzione delle gravidanze indesiderate attraverso la promozione di una cultura della contraccezione e dei mezzi per realizzarla. Efficienza minata dalla DRG n. 2594 dell’11 dicembre 2000, con cui la Giunta regionale consente di “escludere dalle prestazioni rese quelle previste per l’interruzione volontaria di gravidanza ivi comprese quelle connesse o dipendenti da dette prestazioni”. La Deliberazione, che si inserisce nel quadro generale delle privatizzazioni della sanità in Regione Lombardia, consente ai consultori che chiedono l’accreditamento di “derogare dalle norme” e ha aperto la strada a una flotta di consultori privati di matrice confessionale. Nel 2019 i consultori in Lombardia erano 144 pubblici e 99 privati (dati Regione Lombardia), il che significa che il 68% dei consultori lombardi è autorizzato a non applicare le leggi nazionali. Per questo le firmatarie chiedono che “d’ora in poi l’accreditamento sia vincolato all’applicazione della L. 405/75 (consultori e contraccezione), della L. 194/78 (aborto volontario) e delle Linee di Indirizzo ministeriali del 2020. I consultori, inoltre, devono poter garantire una contraccezione gratuita universale, misura già approvata per le donne fino a 26 anni, ma non fattivamente finanziata”.

OBIEZIONE DI COSCIENZA – Come si evidenzia nella lista di richieste, nel 2021 in 7 ospedali pubblici lombardi l’obiezione di coscienza è stata del 100%, quella media regionale del 60%. Le firmatarie riconoscono che “non è nei poteri della Regione modificare la norma sull’obiezione di coscienza”, ma ribadiscono quanto già contenuto nella legge 194/78, su questo punto disattesa dai governi di centro-destra che si sono succeduti in Lombardia: la Regione deve “garantire il servizio” anche con meccanismi di premialità per le strutture che applicano a pieno la legge. Le firmatarie toccano un punto dolente della sanità privata lombarda, ovvero la mancata presa in carico delle interruzioni di gravidanza del secondo trimestre, che sono per la maggioranza gravidanze volute la cui prosecuzione comprometterebbe la salute della donna gravida. Come abbiamo raccontato anche su ilfattoquotidiano.it, l’aborto del secondo trimestre può diventare un percorso molto problematico proprio per la mancata presa in carico da parte dei servizi. Per questo le firmatarie affermano che “le strutture pubbliche e le private accreditate per le prestazioni di diagnosi prenatale devono fornire un’assistenza globale anche inerente l’interruzione della gravidanza oltre i primi novanta giorni, eventualmente assicurando l’invio a strutture che dispongano dei requisiti per poterla effettuare”.

FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO – Ultimo punto, ma in realtà all’origine della possibilità stessa di fornire un servizio di interruzione volontaria di gravidanza efficace e sicuro per la salute delle donne. “La Regione – è scritto nel documento – deve istituire e finanziare corsi di aggiornamento in merito alle tecniche chirurgiche e farmacologiche di interruzione della gravidanza e alla contraccezione: ciò può contribuire a restituire all’interruzione volontaria di gravidanza la dignità di ogni altro atto medico e, forse, disincentivare l’obiezione di coscienza”.

LE FIRMATARIE – Il documento è stato sottoscritto da Manuela Cartosio, giornalista; Eleonora Cirant, antropologa; Daniela Fantini, ginecologa; Ida Finzi, psicoterapeuta; Maddalena Gasparini, neurologa; Sara Martelli, ricercatrice; Cristina Pecchioli, giornalista; Marina Ravizza, ginecologa; Graziella Sacchetti, ginecologa; Assunta Sarlo, giornalista; Anna Uglietti, ginecologa.