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Egitto, Tajani dopo aver visto al-Sisi sostiene: “Nessuna reticenza da parte egiziana sulle questioni Regeni e Zaki”

“Nessuna reticenza da parte egiziana”. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, dopo aver incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi sostiene che da parte del Cairo non ci sono resistenze sul processo per la morte di Giulio Regeni e sul rientro in Italia di Patrick Zaki. Dichiarazioni ottimiste che però, al momento, non sono sostenute da alcun risvolto concreto. “Durante i colloqui abbiamo anche affrontato perché un tema molto sensibile in Italia le questioni Regeni e Zaki“, ha affermato il titolare della Farnesina. “Ho chiesto ancora collaborazione da parte egiziana sia al presidente sia al ministro degli Esteri. Mi hanno assicurato la volontà dell’Egitto di rimuovere gli ostacoli che possono creare problemi. Quindi anche questo tema è stato al centro dei nostri colloqui e non c’è stato, devo dirlo agli italiani, nessuna reticenza da parte egiziana”.

L’Italia però, nonostante gli annunci, aspetta ancora giustizia per la morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano sequestrato, torturato ed ucciso al Cairo nel gennaio del 2016. Sul fronte giudiziario si registra solo il silenzio dopo l’ennesima richiesta di collaborazione avanzata da via Arenula con una nota inviata alla Procura Generale della Repubblica Araba d’Egitto per cercare di capire se è possibile “superare” l’archiviazione del procedimento degli egiziani sui quattro 007. L’obiettivo resta sempre quello di dare la possibilità al tribunale di Roma di andare avanti con il processo alla luce della mancata notifica degli atti agli appartenenti alla National Security. L’unica certezza è l’udienza gup fissata al 13 febbraio prossimo. Tra i documenti messi a disposizione del tribunale anche quelli depositati dal Ministero della Giustizia in cui si conferma la totale chiusura dell’autorità egiziane alla collaborazione giudiziaria.

Nessuna risposta, per ora, anche sul caso dello studente Patrick Zaki. Lo studente dovrà aspettare ancora tre mesi, fino al 28 febbraio prossimo, prima di ricomparire davanti al giudice per una nuova riconvocazione nel processo che lo vede imputato per diffusione di false informazioni. Un’accusa per cui rischia 5 anni di carcere in un procedimento che va avanti ormai da tre anni e che solo un anno fa lo ha visto varcare il portone del carcere dopo 22 mesi lunghissimi mesi di custodia cautelare.