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Intercettazioni, riecco il bavaglio: il governo rinuncia (per ora) a limitare gli ascolti. Ma studia sanzioni per i cronisti che li pubblicano

Dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro, la realpolitik interna alla maggioranza ha prevalso: non si limiteranno le intercettazioni, ma la pubblicazione dei dialoghi sui media. Anche quando non sono più coperti dal segreto investigativo. "La pubblicazione di stralci non pertinenti dovrebbe diventare un illecito civile", dice il sottosegretario di FdI Andrea Delmastro. E anche Salvini scarica Nordio: "Evitare lo scontro tra politica e magistratura"

Sanzioni disciplinari e cause civili contro i magistrati che citano negli atti conversazioni ritenute irrilevanti“, e contro i giornalisti che le pubblicano. Ecco le idee su cui il governo lavora per trasformare in legge gli annunci di una stretta sulle intercettazioni, che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ripete ormai con cadenza quasi quotidiana. Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, la realpolitik interna alla maggioranza ha prevalso: l’intervento non limiterà la possibilità di intercettare né i budget a disposizione delle Procure, ma “solo” la pubblicazione dei contenuti degli audio sui media. Anche quando non sono più coperti dal segreto investigativo, perché riportati in carte a disposizione della difesa. “Dobbiamo incidere di più su quei brandelli di conversazioni che non hanno rilevanza penale e finiscono direttamente dagli atti ai giornali”, dice a Repubblica il sottosegretario di Fratelli d’Italia al ministero di via Arenula, Andrea Delmastro. E poco importa che dal 2020 sia già in vigore la legge Orlando, in base alla quale i dialoghi irrilevanti sono stralciati dagli atti depositati e conservati nei cosiddetti “armadi giudiziari”, archivi segreti tenuti sotto la direzione e la sorveglianza dei procuratori capi: “Evidentemente non ha funzionato, visto che anche oggi leggiamo sui giornali conversazioni private che nulla hanno a che fare con i reati contestati agli indagati”, afferma in un’intervista al Messaggero.

Per risolvere la presunta emergenza, dunque, l’esecutivo vuole intervenire su due livelli: da un lato sanzionare i magistrati che citano “troppe” intercettazioni nelle ordinanze (nonostante, anche qui, dal 2020 possano essere riprodotti solo i brani essenziali), dall’altro punire i cronisti che, esercitando un diritto costituzionale e senza commettere alcun reato, le riportano nei propri articoli. In che modo? Intanto, spiega Delmastro, spingendo l’Ordine dei giornalisti a definire “regole deontologiche più stringenti” e a prendere “provvedimenti disciplinari interni, valutati con fermezza”. Per la verità non si capisce come un risultato del genere possa essere raggiunto con una legge, ma il sottosegretario non lo specifica. Poi rilancia: “Ritengo che la pubblicazione di stralci di intercettazioni non pertinenti dovrebbe diventare un illecito civile. Chi si rende responsabile di quella pubblicazione, dovrebbe esserne considerato il responsabile“. E si dichiara “favorevole all’introduzione di sanzioni nel momento in cui si dimostra la responsabilità della diffusione della conversazione privata. La materia”, specifica però, “va studiata con attenzione: vogliamo agire con la massima prudenza”.

Gia venerdì Delmastro ad Agorà su Rai 3 aveva anticipato l’intenzione di intervenire con misure “anche sui giornali”. “Aspettiamo di vedere quale sia la soluzione, ma ci sono gioco interessi fondamentali, come il diritto all’informazione e la stampa libera”, era stata la prima reazione dell’Associazione nazionale magistrati con il suo presidente, Giuseppe Santalucia, che oggi ribadisce alla Stampa: “Dobbiamo sempre ricordare che il processo, con tutti i suoi atti, è pubblico perché così hanno voluto i costituenti. È un principio di democrazia. Guai a immaginare un processo segreto. I media esercitano un controllo indispensabile“. E alle arringhe di Nordio secondo cui il rapporto tra magistratura e giornalismo sarebbe un’urgenza democratica, su Repubblica, risponde il procuratore di Roma Francesco Lo Voi: “Penso che un’urgenza democratica sia consentire che l’opinione pubblica abbia contezza e conoscenza, attraverso il contenuto di atti giudiziari ostensibili, di come viene amministrata la giustizia penale e delle responsabilità contestate a chi è accusato di reati”.

Che il governo stia lentamente scaricando Nordio, lasciandolo solo nella sua crociata contro gli ex colleghi, lo dimostrano anche le parole inusuali pronunciate sabato a Cremona dal ministro delle Infrastrutture, il leader della Lega Matteo Salvini. “Spero che sia finito il tempo dei contrasti tra politica e magistratura. C’è bisogno di serenità e tranquillità e la politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa”, dice, rinnegando anni di attacchi frontali ai pubblici ministeri che hanno indagato lui e i vertici del suo partito. “Il ministro Nordio”, aggiunge, “pone l’accento su alcuni abusi, ma l’importante è che non ci siano polemiche con l’intera magistratura che ha a lavoro persone perbene che sono in tribunale non per fare politica o per intercettare a casaccio. Importante è individuare e sanzionare gli abusi senza nuovi scontri tra pezzi dello Stato”.