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I destini incrociati di Tesla e Twitter – Con il crollo delle azioni della casa automobilistica rischio avvitamento

Nel complesso il peso degli interessi da pagare sul debito è stimato in 1,2 miliardi di dollari l'anno. Questo spiega anche la fame di profitti di Twitter targata Musk, impresa non semplice per una piattaforma che sinora non ha mai macinato utili

Martedì le azioni Tesla sono scese dell’8%, nell’ultimo mese e mezzo la società ha più che dimezzato il suo valore perdendo circa 500 miliardi di dollari di valore di borsa. Il 28 ottobre, quando il fondatore Elon Musk ha comprato Twitter per 44 miliardi di dollari assumendone la guida, i titoli della casa automobilistica valevano 225 dollari, oggi 139. La situazione rischia così di avvitarsi su se stessa perché le due società sono inevitabilmente legate, non solo perché l’uomo di riferimento è lo stesso ma anche perché le azioni Tesla sono entrate in gioco nelle operazioni di acquisizione. La discesa dei titoli è tra l’altro alla base della perdita da parte di Musk dell’ambita posizione di uomo più ricco del mondo, pochi giorni fa è stato sorpassato dal francese Bernard Arnault che regna sul colosso del lusso Lvmh.

Dei 44 miliardi di dollari che sono serviti per comprare Twitter, ventidue sono stati messi direttamente da Musk che ha reperito i soldi cash vendendo azioni Tesla in 4 tranche nell’ultimo anno. Tredici miliardi li hanno messe banche come Morgan Stanley e Bank of America. Il debito è stato quindi caricato sulla società. Ci son tre miliardi di prestiti non collateralizzati, ossia senza titoli corrisposti a garanzia dei finanziatori, che per questo motivo sono più rischiosi e pagano quindi un interesse elevato: l’11,75% l’anno. In sostanza Twitter deve pagare 300 milioni di dollari l’anno (su un fatturato di circa 5 miliardi) solo per le rate di questi finanziamenti.

Nel complesso il peso degli interessi da pagare sul debito è stimato in 1,2 miliardi di dollari l’anno. Questo spiega anche la fame di profitti di Twitter targata Musk, impresa non semplice per una piattaforma che sinora non ha mai macinato utili. A inizio dicembre è stata presa in considerazione la possibilità di sostituire questo finanziamento con uno garantito da azioni Tesla, quindi meno costoso, ma il calo delle quotazioni complica l’operazione. Man mano che il valore delle azioni di Tesla scende aumenterebbero le cosiddette chiamate di margine, ossia chi le ha in garanzia per prestiti effettuati chiede di aumentarne la quantità per mantenere invariato il rischio che si assume.

Nei giorni scorsi Musk ha lanciato un sondaggio su Twitter per chiedere agli utenti se fossero a favore della sua permanenza nella carica di amministratore delegato. Il 58% dei votanti si è espresso per il no e il proprietario ha confermato che farà un passo indietro una volta che sarà riuscito a trovare un degno sostituto. Musk, proprietario, manterrà naturalmente il controllo del social ma una rifocalizzazione della sua attività manageriale potrebbe essere gradita agli investitori di Tesla spaventati da questa nuova avventura. La scorsa settimana Musk ha ceduto azioni Tesla per altri 3,6 miliardi di dollari, aumentando le pressioni al ribasso sul titolo e infrangendo la promessa fatta lo scorso agosto: “Non venderò più”. Intanto Tesla ha bloccato le sue assunzioni e avvisa i dipendenti: un nuovo round di tagli al personale ci sarà nel primo trimestre del 2023.