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Mario Sconcerti morto a 74 anni: addio a una delle firme storiche del giornalismo sportivo italiano

Editorialista, scrittore, dirigente sportivo, ma soprattutto uno dei giornalisti sportivi più importanti degli ultimi decenni

Addio a Mario Sconcerti, uno dei più apprezzati giornalisti sportivi italiani. Era ricoverato da qualche giorno al Policlinico di Roma Tor Vergata. Voce gentile e penna che sapeva essere tagliente e affilata: Sconcerti era nato a Firenze nell’ottobre del 1948 e della Fiorentina era tifosissimo “E’ come una figlia – aveva dichiarato parlando della squadra Viola – vinca o perda la amo a prescindere. E’ la rappresentazione della mia città ed è come se non avessi bisogno di fare il tifo per lei”. Ed era stato anche direttore generale della Cecchi Gori group, la controllante della Fiorentina alla fine degli anni 2000. Parentesi di sei mesi, tuttavia: si dimise dopo una polemica con Antognoni, dirigente Viola, in merito all’addio di Fatih Terim. Sconcerti è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi del paese, fin da quando inizia dalla redazione del Corriere dello Sport ovviamente a Firenze, giovanissimo. A 24 anni arriva a Milano ed è protagonista assoluto quando svela tutti i dettagli dell’Italia che andrà ai mondiali del 1974, a partire dell’esclusione di quelle generazione dei Mazzola e dei Rivera che della nazionale era stata l’asse portante a lungo.

A Repubblica poi nel 1979 con Scalfari fonda le pagine sportive del quotidiano, con una redazione modello dream team: c’era lui, Gianni Brera, Gianni Mura. E di Brera racconterà aneddoti imperdibili, come quando, arrabbiato con lui e desideroso di offenderlo tenterà di colpirlo su uno dei punti a Brera più cari: “I Longobardi erano slavi, non tedeschi” con la replica che sarà il versare a sconcerti un bicchiere di vino e l’invito “Bevi Navarro, che ti passa”. Abile nella polemica: fu tra gli accusatori di Paolo Rossi all’epoca dello scandalo scommesse. Sconcerti stesso raccontò che incontrandolo, di fronte alle sue giustificazioni Pablito gli metterà un indice sul naso: “Basta, è finita, restiamo amici”.

Da Repubblica passerà alla Gazzetta nel 1987 come vicedirettore vicario di Candido Cannavò, ma sarà una parentesi breve: tornerà a Repubblica in poco tempo per poi passare al Secolo XIX nel 1992 e tornare al Corriere dello Sport come direttore nel 1995 per sei anni. Anche in televisione Sconcerti si dimostra abilissimo nell’adattarsi alle caratteristiche richieste dalle nuove piattaforme come Stream prima e Sky poi: opinionista seguitissimo nelle domeniche pomeriggio condotte da Ilaria D’Amico intuisce l’importanza delle statistiche, forse tra i primi, e infatti le sue disamine basate sui numeri sono seguitissime. Segue da prima firma sportiva del Corriere della Sera il vittorioso mondiale del 2006 e poi si cimenta anche in Radio. Da Sky nel 2016 passa alla Rai come opinionista per 90° minuto e La Domenica Sportiva. Da opinionista non ha mai avuto problemi ad andare anche in direzione contraria al pensiero “mainstream” quando l’ha ritenuto necessario: non ha avuto problemi ad attaccare il Var ad esempio, e si è reso protagonista di polemiche accese anche con qualche intemerata come quella su Haaland. Appassionato anche di ciclisimo, ha seguito e commentato diversi Giri d’Italia e Tour De France. Oggi l’addio, a 74 anni.