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La corsa delle rate di prestiti e mutui, interessi verso il 6%. Ormai ci si indebita per le bollette, meno per auto e ristrutturazioni

Con il costo del denaro aumentato al 2,5% l’orizzonte del 6% per i mutui appare sempre più vicino, si legge nello studio. Peraltro, si legge in uno studio della Fabi,  "se i tassi medi si sono attestati, nel mese di ottobre, attorno a quota 3,2%, quando il costo del denaro era al 2%, sul mercato - segnala il sindacato - alcuni intermediari propongono, già oggi, mutui con interessi superiori al 5%"

Non bastavano bollette alle stelle e inflazione a due cifre. A rosicchiare i redditi delle famiglie ci sono, più di prima, anche le rate di mutui e prestiti. Nel caso di finanziamenti a tasso variabile o di prestiti che vengono accesi ora, l’aggravio provocato dall’aumento del costo del denaro nella zona euro è notevole. Secondo alcune simulazioni per chi ha un mutuo variabile di importo medio a 25 anni la rata mensile è cresciuta di circa 180 euro dallo scorso luglio, quando la Banca centrale europea ha iniziato ad alzare i tassi. Nuovi dati sono state diffusi oggi dalla Fabi (il principale sindacato dei bancari). Con il costo del denaro aumentato di mezzo punto percentuale al 2,5% (il riferimento è all’ultimo rialzo dello 0,5% deciso giovedì scorso dalla Bce, ndr) , l’orizzonte del 6% per i mutui appare sempre più vicino, si legge nello studio. Peraltro, scrive la Fabi, “se i tassi medi si sono attestati, nel mese di ottobre, attorno a quota 3,2%, quando il costo del denaro era al 2%, sul mercato – segnala il sindacato – alcuni intermediari propongono, già oggi, mutui con interessi superiori al 5%.

Giovedì scorso il rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana ha riportato un tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni del 3,02% (2,75% il mese precedente, 5,72% a fine 2007). Il dato è relativo a novembre e non incorpora quindi ancora il rialzo dei tassi deciso due giorni fa. “Siamo tornati a livelli di agosto 2014”, spiega il vice dg dell’associazione, Gianfranco Torriero indicando che “noi consideriamo solamente il tasso d’interesse e non il Taeg (Tasso annuo effettivo globale ndr), i cui valori sono influenzati dalla dimensione media del finanziamento”.

Nel corso dell’ultimo quinquennio, i mutui ipotecari- scrive ancora la Fabi nella sua analisi – sono risaliti di ben 46,1 miliardi (+12,2%) da 379,1 miliardi a 425,2 miliardi, il credito al consumo di 11,9 miliardi (+11,7%) da 102,5 miliardi a 114,4 miliardi mentre gli altri finanziamenti sono calati di 4,1 miliardi (-2,9%) da 144,7 miliardi a 140,5 miliardi. Per quanto riguarda le imprese, nello stesso periodo si è registrato una riduzione complessiva dei finanziamenti a due cifre e pari a 11,4 miliardi (1,7%) passando da 678,5 miliardi a 667 miliardi. Dal 2018 a ottobre 2022, il credito alle famiglie è aumentato di 54 miliardi, con un aumento dell’8,6% che ha portato lo stock da 626,2 miliardi a 680,2 miliardi. Le maggiori accelerazioni sono state conseguite nei comparti mutui prima casa e prestiti al consumo mentre un calo – seppur contenuto – si è concentrato nel comparto “altri finanziamenti”. Guardando i primi 10 mesi dell’anno in corso, i finanziamenti delle banche alle famiglie sono cresciuti in media del 2,6%, contro un 1% di aumento dei prestiti alle imprese.

Nicoletta Papucci, responsabile per il marketing del gruppo MutuiOnline, spiega che negli ultimi tempi le famiglie hanno aumentato i prestiti per liquidità, magari per pagare spese extra di bollette energetiche, mentre hanno ridotto i finanziamenti auto e per la ristrutturazione casa. Dopo la stretta decisa da Francoforte, il mercato dei prestiti personali e del quinto dello stipendio subirà una crescita dei tassi nei prossimi mesi ma resterà vitale. “La decisione della Bce e i rialzi attesi per i prossimi mesi – sottolinea – aumenteranno i tassi del credito al consumo ma, considerando che l’importo medio è di 11mila euro, si avrà un effetto sulle rate molto minore rispetto ad altre tipologie di finanziamento” come i mutui.

Le principali banche centrali hanno avviato il rialzo dei tassi da alcuni mesi (a marzo la Federal Reserve, a luglio la Bce) per cercare di contrastare l’inflazione, salita fino ad oltre il 10% sia negli Stati Uniti che in Europa. Alzando i tassi si riduce la quantità di moneta in circolazione e questo contribuisce a frenare la corsa dei prezzi. Quello da cui usciamo è peraltro un quindicennio di tassi straordinariamente bassi, arrivati in alcuni casi persino in territorio negativo, che hanno contribuito ad alimentare bolle speculative in molti settori, compreso quello immobiliare.