Scienza

Influenza australiana, i sintomi e come curarsi. Bassetti: “È tornata peggio di come ci aveva lasciato”

L'incubazione è in genere di due giorni. Si è contagiosi fino a 5 giorni successivi all'inizio dei sintomi. Nei giorni scorsi sono arrivate diverse segnalazioni di genitori che hanno accompagnato i figli, anche molto piccoli, nei pronto soccorso con febbre molto alta

L’Australiana era attesa ed è arrivata con tutta la potenza possibile. L’influenza, che ha messo a letto già 2,5 milioni di italiani, però sembra colpire maggiormente i bambini, che dopo due anni di mascherine, non sono entranti in contatto i virus influenzali e sono di fatto più esposti al contagio. Il virus si propaga grazie
alle goccioline diffuse con tosse e starnuti o anche con contatto diretto toccando oggetti contaminati. L’incubazione è in genere di due giorni. Si è contagiosi fino a 5 giorni successivi all’inizio dei sintomi. Nei giorni scorsi sono arrivate diverse segnalazioni di genitori che hanno accompagnato i figli, anche molto piccoli, nei pronto soccorso. Per quanto riguarda l’influenza “in Lombardia assistiamo a una tempesta perfetta che mette insieme più fattori: dalla scarsa alfabetizzazione sanitaria dei genitori al carico di lavoro dei singoli pediatri che hanno anche fino a 1.400 assistiti da seguire. Se, come sta accadendo in queste ultime settimana, l’incidenza dei casi sale rapidamente si creano diversi problemi” ha detto all’Adnkronos Salute Roberto Caputo, segretario regionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) della Lombardia.

L’AUSTRALIANA – Il virus responsabile dell’influenza è l’A H3 N1 – Darwin isolato appunto in Australia. Nella settimana dal 20 al 27 novembre i casi di sindromi sono aumentati sfiorando il 13% degli italiani. Sotto i 5 anni l’incidenza invece ha supera il 40%. Tanto da far dire all’infettivologo Matteo Bassetti, “l’influenza è tornata peggio di come ci aveva lasciato nel 2019 ed è partita a razzo, siamo tornati alla forza propulsiva dell’influenza del 2009 con numeri alti anticipati rispetto alla stagione. Abbiamo numeri importanti già a fine novembre. Sicuramente oggi fa paura anche per tutto quello che si porta dietro con una quantità di virus paninfluenzali, patologie da pneumococco e anche polmoniti. Qualcuno dice rimettiamo le mascherine, io dico assolutamente no. Questi microorganismi devono circolare e hanno sempre circolato, ci dobbiamo proteggere ma come? Ad esempio, abbiamo perso molto la copertura per lo pneumococco, la vaccinazione da polmonite, ma anche quelle per l’influenza”. Insomma vaccinarsi e il vaccino è disponibile perché già da tempo le Asl hanno iniziato la campagna.

IL VACCINO E LA TERAPIA – L’immunizzazione è raccomandata e offerta gratuitamente a operatori sanitari, adulti over 60, donne in gravidanza, persone con diabete, ipertensione, Hiv, asma, malattie cardiache o polmonari croniche, tutte le persone fragili e i bambini sani da 6 mesi a 6 anni. In Lombardia la campagna ha riguardato anche i bambini con più di 6 anni e la Regione, attraverso le Asl, ha offerto alcuni open day. C’è ancora pochissimo tempo per provvedere alla vaccinazione, poco meno di una settimana. Per l’influenza si possono usare gli antipiretici per far abbassare la temperatura che in molti casi segnalata arriva fino a 40. Vietati gli antibiotici perché l’influenza è una malattia virale, non batterica. E spetta comunque al medico una valutazione per scongiurare infezioni batteriche dovute all’abbassamento delle difese immunitarie che possono colpire la gola o anche bronchi e polmoni. Possono essere utilizzati, sempre su consiglio medico, sedativi per la tosse e aerosol.

I SINTOMI – Chi viene contagiato deve affrontare febbre, anche alta, dolori e tosse secca, raffreddore, cefalea e dolori muscolari. Quello che temono maggiormente i pediatri è l’insorgenza di complicanze come otiti, polmoniti, encefaliti, miocarditi. “Quest’anno l’anticipo dell’influenza ha preso tutti in contropiede – ha osservato Caputo – e non ha permesso di raggiungere i livelli di copertura dell’immunità che avrebbero ridotto la circolazione virale. Poi ci sono anche i virus parainfluenzali per cui non esiste la vaccinazione. Ci sarebbe anche da fare una riflessione sul ritorno alla vita comune in ambienti chiusi senza la mascherina, presidio che ci ha difeso nei due anni passati”.