Politica

La vicenda di Aboubakar Soumahoro è un proiettile al cuore della sinistra

La vicenda in cui è coinvolto Aboubakar Soumahoro è un proiettile che colpisce al cuore la sinistra. Perchè la sinistra è assetata di testimoni del bene, ha bisogno di protagonisti che sappiano dire: ecco come si diventa migliori. Noi di sinistra – mi ci metto anch’io – rispetto a chi vota la destra abbiamo necessità di esprimere, anche con l’immagine, l’esperienza di vita di coloro che riescono a dare senso alle parole che utilizziamo quotidianamente: solidarietà verso i più deboli, trasparenza nelle proprie azioni, responsabilità e soprattutto onestà.

Aboubakar ha saputo dare voce a quelli che la sinistra non aveva saputo rappresentare: dare dignità agli invisibili, una speranza agli ultimi di questa società.

Perciò Aboubakar è divenuta una luce, una speranza per tutti noi, una risorsa sulla quale abbiamo subito investito, immaginando che la realtà non potesse essere diversa dall’apparenza: quella di un uomo limpido e coraggioso, e umile e finalmente ultimo tra gli ultimi.

Quel che poi è capitato, e che qui non ripercorro, produce un danno così enorme perché affoga quella speranza, ricaccia tutti verso la risacca di un mondo che nasce storto e morrà storto. La più grande soddisfazione della destra in effetti qual è? Quella di dimostrare che non esistono buoni né santi, ammesso che si possa dire così. Che tutti amiamo il portafogli, che tutti, per il danaro, siamo disposti a concedere qualcosa alla disonestà, alla furbizia. Il mondo è questo, ci scrivono i colleghi dei giornali di destra, e lui – Aboubakar – è il simbolo della pochezza della cultura di sinistra.

Perciò questa vicenda colpisce al cuore noi tutti, noi – voglio dire – che immaginiamo invece un mondo più generoso con chi soffre, più solidale con chi non ce la fa, più giusto, più equo. Questa vicenda ci punisce più di una sconfitta elettorale, ci dice che le elezioni non sono il catalogo dal quale scegliere il migliore di turno, il volto più telegenico, l’eloquio più emozionante, il coraggio meglio esibito ma il saldo di cinque anni di lavoro, magari oscuro ma pulito, sincero.

La sinistra – e in questo caso ci metto anche il nuovo M5S – ha bisogno, se davvero ha voglia di rappresentare gli ultimi, di andare da loro sempre, di capirli, di sostenerli e di conoscerli finalmente. Non bandierine da sventolare durante la campagna elettorale, che poi si finisce come sappiamo.