Lavoro & Precari

“Via il Reddito di cittadinanza dopo il primo rifiuto”: così il governo Meloni vuole mettere mano alla misura di contrasto alla povertà

Il sottosegretario leghista Durigon, in un colloquio con il "Corriere della Sera", illustra il progetto di riforma: "Dopo i primi 18 mesi il percettore viene inserito in un percorso di politiche attive: se non trova lavoro, ottiene di nuovo il Rdc ma con un importo tagliato del 25% e una durata ridotta di 12 mesi"

Rinnovabile per periodi sempre più brevi, con un assegno a scalare e chi rifiuterà anche una sola offerta di lavoro perderà il sussidio. E’ il “nuovo” Reddito di cittadinanza secondo quanto riferisce Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro leghista, al Corriere della Sera. La proposta della Lega, sottolinea Durigon, “è più morbida di altre che circolano nella coalizione, ma si muove nello stesso solco” e il punto di partenza è che “il sussidio non può essere a vita. Va fissato un termine oltre il quale non si può andare, un po’ come con la Naspi”, l’indennità di disoccupazione.

Durigon, che era sottosegretario quando il Reddito di cittadinanza è stato introdotto nel 2018, indica un percorso che definisce “ragionevole” che – spiega – “prevede, dopo i primi 18 mesi di Reddito, che si possa andare avanti al massimo per altri due anni e mezzo, ma con un décalage”. In sostanza dopo i primi 18 mesi, se la persona non ha trovato un lavoro, viene sospesa dal sussidio e inserita per sei mesi in un percorso di politiche attive del lavoro. Se dopo 6 mesi la persona è ancora senza lavoro, potrebbe ottenere di nuovo il Rdc, “ma con un importo tagliato del 25% e una durata ridotta a 12 mesi”, durante i quali continuerebbe a fare formazione. Se anche dopo questo periodo il beneficiario non è entrato nel mercato del lavoro, verrà sospeso per altri sei mesi, passati i quali potrà chiedere per l’ultima volta il Rdc, questa volta “solo per sei mesi e per un importo decurtato di un altro 25%. Prenderà cioè la metà di quanto prendeva all’inizio”.

La riforma prevederà poi che si decade dal diritto al reddito anche rifiutando una sola offerta congrua di lavoro (anziché due, come prevede la legge attualmente). Da questa stretta verrebbe colpito “un percettore su tre del Rdc”, secondo quanto stima Durigon. Infine, c’è il versante dei controlli. “Pensiamo – dice il sottosegretario – che il sistema non debba più essere gestito centralmente dall’Inps ma sul territorio dai Comuni, che conoscono meglio le reali situazioni di povertà”.

La modifica del meccanismo varato dal governo Conte è uno dei punti nell’agenda del governo di Giorgia Meloni sia per reperire risorse da destinare ad altre priorità sia per affinare uno strumento sul lato di collegamento all’occupazione che finora ha mostrato alcune falle. L’emergenza delle bollette ha infatti indotto l’esecutivo a destinare interamente il nuovo deficit di bilancio a compensare l’effetto su famiglie e imprese del caro energia. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps, a fine ottobre, sono stati spesi oltre sei miliardi di euro nei primi nove mesi dell’anno per il Reddito e la Pensione di cittadinanza. Dall’introduzione del reddito, nell’aprile 2019, in totale sono stati erogati circa 25,9 miliardi. In media l’importo percepito è di 550 euro al mese e il 64,7% dei nuclei beneficiari risiede nel Sud e Isole.

Nei piani dell’esecutivo non c’è una cancellazione del reddito ma appunto una modifica come peraltro già annunciato dal governo Draghi e auspicato anche da Confindustria e altre associazioni di impresa. La Banca d’Italia ha più volte sottolineato come il Reddito sia stato utile a sostenere una buona fetta della popolazione più in difficoltà e durante la crisi pandemica ma non ha saputo conseguire pienamente gli obiettivi sul fronte delle politiche attive del lavoro.

I sindacati, che porteranno il tema all’incontro di mercoledì prossimo con la presidente del Consiglio, invitano alla cautela sottolineando come sia uno strumento indispensabile contro la povertà, in aumento in questi mesi, sebbene riconoscano la possibilità di migliorarlo. Il M5s preannuncia battaglia in caso di una revisione troppo profonda.

Ieri era intervenuto il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che aveva aperto a una revisione della misura, anche se aveva precisato che l’istituto ha sempre svolto controlli, anche ex ante, per evitare le frodi. In un colloquio con l’Ansa Tridico si è detto “totalmente d’accordo a che le erogazioni vadano a chi effettivamente ne ha diritto secondo i requisiti di legge. Da parte sua l’Inps ha sempre svolto con responsabilità e competenza la funzione di ente erogatore ai sensi delle norme di legge”. L’Istituto ha fatto controlli ex ante e questo, “anche laddove non fosse espressamente previsto dalla legge, ha permesso di intercettare preventivamente tutti i possibili indebiti individuabili dalle analisi di rischio conosciute e disponibili”. Tridico ricorda poi come “milioni di famiglie in stato di profonda indigenza, progressivamente aumentate a causa della pandemia e della crisi hanno potuto sostenersi e non arretrare in profonda povertà grazie al sostegno del reddito o della pensione di cittadinanza”. “Lavorare su questo fronte delle condizioni dignitose del vivere – conclude il presidente dell’Inps – e parallelamente potenziare l’accesso al lavoro, per chi può, è la strada maestra”.