Cronaca

Bari, in carcere la consigliera comunale Ferri di Italia Popolare (vicina ad Azione): “25-50 euro a voto, associazione per reclutare elettori”

L'inchiesta che ha portato a 19 arresti riguarda le elezioni amministrative del 2019. Francesca Ferri è accusata di corruzione elettorale: è capogruppo del partito di Massimo Cassano, candidato alla Camera (non eletto) tra i calendiani. Alcune foto li ritraggono insieme a Mara Carfagna durante l'ultima campagna elettorale. Ai domiciliari anche Nicola Canonico, imprenditore edile e presidente del Foggia calcio

Un compenso da 25 o 50 euro per ciascuno voto alla candidata Francesca Ferri alle elezioni del maggio 2019 per il Comune di Bari. Con questa accusa la consigliera comunale Ferri, oggi capogruppo per Italia Popolare, è stata posta portata in carcere. Risulta anche lei tra le 19 persone arrestate questa mattina in un’operazione dei carabinieri tra Bari, Taranto e Palermo, frutto di un’inchiesta che riguarda appunto le elezioni amministrative di Bari, ma anche di Valenzano, del 2019. Secondo l’accusa, fu costituita un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. Le indagini hanno accertato un’attività di selezione e reclutamento di elettori con il pagamento dei loro voti in favore di Francesca Ferri. L’associazione per delinquere, sostengono gli inquirenti, è stata promossa, costituita e organizzata, oltre che dalla Ferri, dal suo compagno convivente (anch’egli è finito in carcere) e dall’imprenditore edile Nicola Canonico (sottoposto agli arresti domiciliari), già consigliere comunale di Bari dal 2004 al 2009 e della Regione Puglia dal 2005 al 2015, nonché attuale presidente del Foggia calcio. Le accuse per i 19 arrestati, su ordine dal Gip della procura di Bari su richiesta della Dda, vanno dall’estorsione all’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, fino all’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso.

Francesca Ferri è capogruppo nel Consiglio comunale del capoluogo pugliese per Italia Popolare, che lo scorso dicembre ha aderito a Puglia Popolare, il partito di Massimo Cassano, candidato alla Camera nelle liste di Azione e Italia Viva in Puglia. Dopo l’ingresso in Azione degli ex-emilianisti di Puglia popolare, con la candidatura di Cassano – che per poco non è stato eletto alla Camera – Ferri ha partecipato anche a parte della campagna elettorale di calendiani e renziani in Puglia. In regione è considerata il braccio destro di Cassano. Infatti alcune foto (a destra) li ritraggono insieme durante la campagna elettorale per le politiche in compagnia di Mara Carfagna, capolista di Azione e Italia Viva nei quattro listini proporzionali pugliesi e poi eletta a Montecitorio. In passato Ferri invece era stata anche candidata alle elezioni regionali con Raffaele Fitto, attuale ministro per le Politiche europee del governo Meloni.

Oggi Ferri è al centro di uno dei due filoni dell’inchiesta condotta dagli inquirenti della Procura della Repubblica di Bari-Direzione distrettuale antimafia e dai poliziotti della Digos e della Squadra Mobile della Questura e dal nucleo della polizia economico finanziaria-Gico della Guardia di finanza. Il gip nella sua ordinanza ha riconosciuto la gravità indiziaria rispetto ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. Un’associazione che Ferri, secondo le indagini, ha promosso, costituito e organizzato insieme al compagno convivente (con rapporti di frequentazione, secondo quanto sostiene l’accusa, con elementi di spicco della criminalità organizzata locale) e all’imprenditore Canonico. Poi avrebbero aderito altri 7portatori di voto“, che avevano il compito di individuare, contattare e reclutare il maggiore numero possibile di elettori da cui avrebbero comprato i voti col danaro fornito o rimborsato sempre da Ferri, dal compagno e da Canonico.

“Questo gruppo criminale faceva attività di penetrazione nel territorio dal punto di vista economico ed ha avuto una capacità di penetrazione nel mondo politico attraverso un’interferenza con i processi democratici“, ha dichiarato il procuratore di Bari, Roberto Rossi, aprendo la conferenza stampa convocata per fornire dettagli sull’indagine. “Quello che è interessante è la modalità con la quale la criminalità organizzata interferisce con la democrazia. C’è un’intercettazione in cui gli indagati si chiedono a vicenda l’orientamento politico. ‘Non mi importa di essere di destra o di sinistra: importante è fare affari‘”, ha raccontato Rossi.

L’inchiesta della Dda di Bari ha preso in esame anche le elezioni comunali a Valenzano (Bari), in precedenza sciolto per condizionamenti mafiosi, che si sono svolte a novembre 2019. Secondo l’accusa, il vertice dell’organizzazione mafiosa operante a Valenzano e che avrebbe avuto collegamenti con il clan Parisi di Bari, “avrebbe assunto l’impegno di procurare voti della malavita“. “Sono stati così denominati in una conversazione intercettata tra due degli indagati ad alcuni candidati, in cambio della promessa di ricevere utilità, tra cui la modifica del piano regolatore comunale per rendere edificabili terreni di proprietà”, spiega la Dda di Bari in una nota. È stata provata – secondo l’accusa – l’esistenza di una intesa tra il vertice del clan operante a Valenzano ed uno dei componenti della “coppia Ferri” finalizzato ad ottenere l’impegno del gruppo mafioso a procacciare voti in favore di soggetti legati all’altro, candidati come consiglieri comunali e “infiltrati” dalla coppia in una lista civica. In questo caso il gip ha contestato lo scambio elettorale politicomafioso.

L’indagine ha portato anche ad una decina di arresti di indagati ritenuti appartenenti ad un’associazione mafiosa operante a Valenzano che, anche con l’uso della violenza e delle armi, avrebbe imposto la propria volontà nel commettere i reati di estorsione, usura, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi.