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Plusvalenze Juve, inchiesta chiusa: avviso di conclusione indagine a tutto il cda e ai revisori. Tra le accuse anche l’ostacolo alla vigilanza

Secondo l’accusa sarebbero stato alterati bilanci quale conseguenza "di un anomalo ricorso ad operazioni di scambio dei diritti alle prestazioni sportive di un elevato numero di atleti, operazioni, per altro, nel complesso distoniche nel panorama nazionale".

Nuova ipotesi di reato e ampliamento del numero di persone coinvolte. Sono queste le novità che emergono dalla chiusura dell’inchiesta sulle plusvalenze della Juventus condotta della Procura di Torino. In una nota, il procuratore capo Anna Maria Loreto ha fatto sapere di aver notificato ai componenti del Consiglio d’amministrazione della Juve l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, iniziate nel 2021, per i reati di falso nelle comunicazioni sociali e false comunicazioni rivolte al mercato, trattandosi di una società quotata in Borsa. Secondo l’accusa sarebbero stato alterati bilanci quale conseguenza “di un anomalo ricorso ad operazioni di scambio dei diritti alle prestazioni sportive di un elevato numero di atleti, operazioni, per altro, nel complesso distoniche nel panorama nazionale“.

Le indagini della Procura di Torino sono state condotte da un pool di magistrati del Gruppo di Diritto Penale dell’Economia, composto dai sostituti procuratori Ciro Santoriello e Mario Bendoni e dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio. Gli indagati in totale sono 16. Tra questi ci sono il presidente della società bianconera Andrea Agnelli e il vicepresidente Pavel Nedved. Le annualità prese in considerazione dagli inquirenti sono tre: il 2018 (approvato il 24 ottobre 2019), il 2019 (approvato il 15 ottobre 2020) e il 2020 (approvato il 29 ottobre).

Secondo gli inquirenti le “operazioni di scambio, che, non generano flussi finanziari di sorta, risultano, concluse a valori stabiliti dalle parti in modo arbitrario e con lo scopo di far fronte alle necessità di bilancio del momento: tali operazioni sono state ritenute fittizie“. Sempre secondo l’accusa “le plusvalenze da queste generate, sono state rivisitate secondo i principi contabili internazionali, cui Juventus Fc, quale società quotata, deve comunque attenersi”. Per gli inquirenti ci fu un ulteriore intervento per alterare i risultati di bilancio attraverso ‘manovre stipendi’, negli anni 2020 e 2021. “Sussistono concreti elementi per ritenere che i calciatori, in accordo con la società, abbiano rinunciato a percepire, in concomitanza con il periodo pandemico, una sola mensilità e non quattro, come per contro comunicato da Juventus Fc nel marzo 2020”. E le restanti tre mensilità, “non sarebbero oggetto di rinuncia, bensì di differimento ad esercizi successivi. Ad alcuni indagati è stato contestato il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni insistenti.

“Con riguardo alla seconda ‘manovra stipendi’ (stagione sportiva 2020 2021), “avente ad oggetto accordi individuali di riduzione stipendiare per le mensilità marzo-giugno 2021, con contestuale integrazione, subordinata alla permanenza del calciatore interessato presso Juventus ad una certa data (il tutto secondo quanto in apparenza è emerso da scritture depositate presso la Lega Nazionale Professionisti – Serie A) – si legge ancora nella nota – va osservato come a seguito di perquisizione sono state rinvenute e sequestrate, al di fuori della sede sociale, scritture private contenenti l’impegno incondizionato della società al pagamento degli stipendi oggetto di riduzione, anche in caso di trasferimento del calciatore a club terzo e, pertanto, di contesto contrario a quanto risultante dai contratti depositati presso la Lega. Trattandosi di accordi che hanno avuto ripercussioni tanto sui risultati del bilancio approvato il 29 ottobre 2021 quanto sulle risposte fornite da Juventus alla Consob, a seguito di puntuale richiesta di informazioni, ne discendono ipotesi di reato non solo relative alle false comunicazioni sociali ma anche allo all’ostacolo all’esercizio delle autorità di pubblica vigilanza”. I pm avevano chiesto l’applicazione di misure cautelari personali, per alcuni indagati, e reali, come sono definiti il sequestro conservativo o preventivo. Richiesta rigettata dal giudice. Contro l’ordinanza del gip è stato depositato appello.