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Elezioni Brasile, Vanda Ortega l’infermiera indigena candidata che lotta per la difesa della foresta amazzonica

Esponente della tribù Witoto, la 35enne ha guadagnato la notorietà nella città di Manaus per la sua battaglia in prima linea contro la pandemia di Covid: "E' necessario mantenere viva la foresta perché l’esistenza dell’uomo sul pianeta sia garantita"

“Le nostre candidature devono essere viste come un soffio di vita per l’umanità. Eleggere rappresentanti di indigeni che difendono la foresta amazzonica mettendo a rischio la propria stessa vita è necessario per garantire l’esistenza del pianeta. La nostra lotta non è importante solo per il Brasile ma per il pianeta”. Non ha dubbi Vanda Ortega del dare la misura dell’importanza di una maggiore rappresentanza per i popoli originari nel parlamento del Brasile di oggi. Esponente della tribù Witoto, appena 450 persone in tutto il paese, Vanda è tra i quasi 200 candidati indigeni che punta a uno scranno a Brasilia. Mai così tanti nella storia.

Infermiera, la 35enne ha guadagnato la notorietà nella città di Manaus per la sua lotta in prima linea contro il covid-19. “L’Amazzonia è stata per due volte epicentro della pandemia nel paese. L’effetto è stato catastrofico. Vedere tante persone correndo disperate alla ricerca di ossigeno ci ha segnati. Questa esperienza è stata rilevante anche per capire che per ovviare alla negligenza dello stato e alla storica discriminazione ed esclusione della vita politica dovevamo essere noi a partecipare più attivamente”.

Nel primo semestre del 2022 l’Amazzonia ha registrato il più grande tasso di deforestazione degli ultimi 7 anni: 3.988 chilometri quadrati. L’accelerazione è dovuta all’attività sempre più aggressiva di imprese minerarie e dell’azione di esploratori e trafficanti di materie preziose e legname, spesso guidati della criminalità organizzata. Per Vanda Ortega il risultato delle politiche del governo Bolsonaro. “In questi tre anni abbiamo assistito a una politica di stato volta da un lato a indebolire la legislazione a tutela dei popoli e dall’altro a limitare l’azione delle agenzie destinate alla tutela e al controllo delle aree indigene”, afferma l’infermiera.

Il Consiglio missionario indigeno (Cimi), ente legato alla Conferenza episcopale brasiliana, ha documentato un aumento del 16 per cento del numero di invasioni di riserve indigene protette nell’anno 2021, rispetto all’anno precedente. Mentre nel 2020 sono stati registrati 263 casi di invasione in 19 stati (su 27), nel 2021 i casi sono stati 305 in 22 stati. Lo studio denuncia che spesso, dopo le invasioni illegali, gli aggressori restano all’interno delle regioni tutelate. Nel caso della riserva degli Yanomami, tra gli stati di Roraima e Amazzonia, la più colpita del Paese, si stima che presenti più di 20.000 cercatori d’oro e boscaioli illegali. Il numero complessivo di indigeni residenti nell’area è di 28mila persone. I garimperos hanno compiuto attacchi armati “sistematici” contro le comunità. “In questi anni abbiamo registrato anche il maggior numero di sempre di violenze, assassini e stupri nei nostri territori”, conferma Vanda Ortega.

“Questo processo violento si affianca al progetto economico che vuole aprire i nostri territori all’esplorazione di minerali e delle ricchezze naturali della nostra terra. Nel periodo elettorale il tema più frequente nella retorica dei politici è che bisogna incentivare l’esplorazione perché questa può potare ricchezza in Amazzonia, ma noi sappiamo che non è così”, afferma Ortega. “Nel corso della storia abbiamo assistito a varie esplorazioni che hanno interessato la foresta: il pau brasil, l’oro e il caucciù. In nessuna caso ha portato ricchezza o qualità di vita per le persone o per i territori. Al contrario, sempre hanno significato distruzione, violenza, omicidi. Questo è arricchisce solo imprese, mentre le persone che estraggono l’oro dal fango in stato prossimo alla schiavitù sono esposte al rischio di intossicazione e di vita. La ricchezza di parlano non esiste, è un inganno, una logica illusoria”, evidenzia. “I saggi e gli anziani delle nostre tribù ci hanno sempre detto quello di cui la scienza ha iniziando a parlare più di recente, e cioè che è necessario mantenere viva la foresta perché l’esistenza dell’uomo sul pianeta sia garantita. La sopravvivenza per le popolazioni indigene è cruciale perché è solo la nostra resistenza che ha assicurato la sopravvivenza dell’Amazzonia finora”.