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Marco Pantani, la commissione: “Mafia? La pista resta aperta. Sulla squalifica verità non soddisfacenti, ora Procura faccia chiarezza”

“Le verità consegnate non sono soddisfacenti, né per la cosiddetta squalifica, o meglio sospensione al Giro, né per le vicende che portarono alla morte del ciclista Marco Pantani“. A sottolinearlo il senatore M5s Giovanni Endrizzi, che ha coordinato il Comitato preposto tra i lavori della commissione Antimafia, nel corso della presentazione alla stampa della relazione conclusiva della Commissione stessa. Pantani fu trovato senza vita in un residence a Rimini il 14 febbraio 2004. Su quei fatti e su quelli che portarono alla sospensione al Giro d’Italia del 1999 (quando, dopo la tappa di Madonna di Campiglio, un’analisi del sangue rivelò un livello troppo alto di ematocrito, con la conseguente esclusione del ‘Pirata’ dalla gara, ndr) era tornata a occuparsi proprio la Commissione. “Fa specie che nessuno abbia mai voluto considerare quali erano le regole per quei controlli. Nessuno ha verificato cosa prevedevano i protocolli per le analisi: noi abbiamo verificato che questi protocolli erano lacunosi, non rispettati nella prassi. Basta soltanto pensare a come non fosse prevista nemmeno la sigillazione delle provette”, ha continuato il senatore.

Sull’eventualità che dietro a una ipotesi di manipolazione della analisi possa esserci stata l’azione delle mafie, Endrizzi ha poi continuato: “Noi abbiamo audito Renato Vallanzasca, che, ricordo, disse chiaramente di essere stato avvicinato (nel 2009 nel carcere di Novara, pochi giorni prima che fermassero Marco Pantani a Madonna di Campiglio, ndr) e incoraggiato a puntare perché Pantani ‘avrebbe perso il Giro’, che stava invece dominando. Quelle dichiarazioni le abbiamo rivalutate e riponderate. Allora forse era possibile identificare chi era stato a fare quelle rivelazioni, ma si scelsero altre strade investigative”, ha concluso Endrizzi. Per questo motivo, “il dubbio che ci possa essere stata una mano delle mafie rimane un’ipotesi aperta“, ha continuato Endrizzi. “Abbiamo riscontrato porte investigative non prese in considerazione. Alcune le abbiamo aperte, altre sono affidate alle procure competenti su entrambi i fronti, plaudiamo alla procura di Rimini che ha riaperto un fascicolo“.