Scienza

Centaurus, la vaccinazione anti Covid con tre dosi offre “effetto protettivo”. Lo studio sul New England Journal of Medicine

Il team di scienziati ha verificato la capacità degli anticorpi sviluppati dopo la vaccinazione di riconoscere e neutralizzare la nuova variante utilizzando il siero di 20 volontari che avevano ricevuto la dose booster del vaccino Moderna da quasi un mese.

Nei giorni in cui iniziano le prenotazioni per il vaccino bivalente in Italia e il composto sta ormai arrivando a tutte le regioni, arriva un piccolo studio molto interessante condotto da ricercatori del Duke University Medical Center di Durham e di Moderna (che produce uno dei vaccini a Rna messaggero autorizzati, ndr) e pubblicato sul New England Journal of Medicine. La vaccinazione con tre dosi offre un effetto protettivo contro la sotto-variante BA.2.75 (cosiddetta Centaurus) comparabile a quello che si ottiene contro le sotto-varianti BA.1 e BA.2 e maggiore a quella contro BA.5. La sotto-variante BA.2.75 “mostra ancora una prevalenza relativamente bassa a livello globale”, pari allo 0,9% nella 33esima settimana del 2022 (15-21 agosto) e all’1,2% nella 34esima (22-28 agosto), “ma un certo numero di Paesi ha osservato recenti tendenze all’aumento” secondo l’Organizzazione mondiale della sanità nell’ultimo bollettino sull’andamento della pandemia.

“BA.2.75 è emersa di recente con un lento ma allarmante aumento della prevalenza”, scrivono i ricercatori statunitensi. Attualmente “è monitorata come una delle prossime varianti potenzialmente prevalenti a livello globale. La capacità di BA.2.75 di sfuggire agli anticorpi neutralizzanti indotti dal vaccino è quindi di grande interesse”. Il team ha verificato la capacità degli anticorpi sviluppati dopo la vaccinazione di riconoscere e neutralizzare la nuova variante utilizzando il siero di 20 volontari che avevano ricevuto la dose booster del vaccino Moderna da quasi un mese. Dallo studio è emerso che la vaccinazione ha un’efficacia contro Centaurus del tutto sovrapponibile a quella di BA.1 e BA.2 (poco più bassa rispetto a B1.A, ma più alta rispetto a BA.2); l’efficacia è invece più che doppia rispetto alla sotto-variante BA.5, che è quella attualmente dominante nel mondo. “Se e in che misura un altro richiamo del vaccino, in particolare uno contenente la proteina Spike di Omicron, possa suscitare una risposta più potente contro BA.2.75 e le future varianti SarsCoV2 rimane di grande interesse”, concludono i ricercatori.

Secondo uno studio italiano la sotto-variante è meno contagiosa e meno pericolosa della Omicron 5 e non avrebbe tutte queste possibilità di espansione. I ricercatori dell’Università di Sassari, in collaborazione con l’’Università Campus Bio-Medico di Roma e il Dipartimento di Scienze Biochimiche della Sapienza Università di Roma, hanno pubblicato un’analisi sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Medical Virology che fornisce una prospettiva genetica analizzando tutti i genomi disponibili e conducendo il primo studio evolutivo di natura filodinamica su questa variante.

Dai risultati emerge che Centaurus presenta una capacità di evolversi ed espandersi inferiore a quella della variante Omicron 5 (che risulta essere ancora la variante dominate). Lo studio sottolinea che, alla luce dei dati attuali, la variante Centaurus non presenta preoccupanti caratteristiche compatibili con una che abbia elevate capacità di espansione. “I risultati del nostro studio hanno un valore predittivo poiché oltre a permettere per la prima volta l’identificazione del momento in cui Centaurus ha raggiunto il suo picco massimo di espansione nella seconda metà di giugno 2022, indicano inoltre che, allo stato attuale delle cose, nell’immediato futuro Centaurus non sarà in grado di espandersi ulteriormente“, spiega Pier Luigi Fiori del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari. Per lo studio sono stati analizzati tutti i genomi disponibili nella banca dati pubblica GSAID, per la variante Centaurus e per il lignaggio principale della variante Omicron 5, al momento delle analisi che sono state condotte circa 20 giorni fa. In particolare, sono stati utilizzati 700 genomi virali che hanno richiesto circa 1500 ore di calcolo computazionale per portare a termine le analisi genetiche.

Lo studio su Nejm