Ambiente & Veleni

Cambiamenti climatici, la denuncia: “Centrali a biomasse forestali sono bomba di carbonio nel cuore dell’Europa, come i roghi estivi”

“4,2 milioni di tonnellate di legna bruciata - di cui un quinto dalle 4 centrali italiane - e 6,2 milioni di tonnellate di Co2 emesse nel 2022, in nome delle rinnovabili”: è l'accusa della Fern sulla multinazionale ceca che in Calabria, Sardegna e Lombardia possiede impianti pagati dallo Stato con decine di milioni di euro di incentivi. Per una tecnologia che per la scienza tutto è tranne che pulita, ma che rientra nella tassonomia verde Ue

Nel solo 2022 il gruppo energetico ceco EPH (Energetický a Průmyslový Holding), specializzato in produzione di energia da biomasse forestali, ha bruciato legna corrispondente a circa il 75% del tagli di alberi di un anno in Repubblica Ceca (4,2 milioni di tonnellate di legna) e ha rilasciato più Co2 di quanto le foreste di quel Paese assorbono in media ogni anno (6,2 milioni di tonnellate di Co2). Tutto questo per fornire una quantità limitata di energia: 4,5 GWh, che rappresentano poco più del 5% dell’elettricità consumata annualmente in Repubblica Ceca. I calcoli sono stati fatti dall’ong per la protezione delle foreste europee Fern in un rapporto che denuncia come queste emissioni siano dovute a sussidi pubblici conseguenti al fatto che la Commissione Europea qualifica le biomasse forestali come energie rinnovabili (poiché gli alberi ricrescono). In vista del voto del Parlamento Europeo – previsto per martedì 13 settembre – sulla prossima versione della direttiva Energie Rinnovabili (Red III), l’ong europea avverte che se non si fermeranno i sussidi per l’energia prodotta bruciando interi tronchi di alberi, la “bomba di carbonio” rischia di allargarsi.

Il progetto in Sardegna: bruciare oltre 1,2 milioni di tonnellate di legna l’anno (95% da importare) – Il gruppo energetico Eph si definisce leader europeo della decarbonizzazione, poiché si è specializzato nel trasformare centrali a carbone in centrali a biomasse legnose. Tra i più ambiziosi progetti del gruppo ceco c’è quello della conversione a biomasse di parte della centrale a carbone di Fiume Santo in provincia di Sassari, che – per una produzione elettrica di 300 Mw – prevede di bruciare ogni anno 1,285 milioni di tonnellate di cui il 95% saranno importati. Oggi Eph a Fiume Santo brucia 2000 tonnellate di legna all’anno in due unità a carbone. Fern riporta che a gennaio 2022 Eph ha affermato che la realizzazione del progetto dipenderà dal supporto normativo e politico europeo e italiano: “La Red III sarà la chiave per determinare se le conversioni da carbone a biomassa e se nuovi impianti a biomassa hanno ancora un futuro nell’Unione Europea“. Eph possiede due centrali a biomasse legnose in Calabria – Strongoli e Crotone (in foto) – che bruciano complessivamente 750mila tonnellate di cippato di legna ogni anno, la metà del quale giunge via nave dalla Toscana, immettendo nella rete nazionale energia pari a 73 Mw. Per sostenere i due impianti lo Stato italiano ha pagato circa 80 milioni di euro nel 2019 e oltre 60 milioni nel 2020: questi dati del Gestore dei Servizi Elettrici (Gse), sono stati resi pubblici dalla video-inchiesta “L’affare dei tagli boschivi” trasmessa dal programma Spotlight di Rainews. L’impianto di Fusine in provincia di Sondrio (capacità di produzione elettrica da 7mw e un consumo di 82mila tonnellate di legna all’anno), ha invece ottenuto dal Gse sussidi per oltre 7 milioni di euro nel 2019 e 5,5 nel 2020.

Il rischio di aggravare il cambiamento climatico – I ricercatori di Fern citano uno studio dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) che ha valutato le emissioni medie della combustione del legno a 112 tonnellate di CO2 per terajoule (TJ) di energia, più di combustibili fossili come carbone e gas, e un articolo scientifico peer-reviewed del maggio 2022 che afferma: “Il primo impatto della bioenergia del legno è aumentare l’anidride carbonica nell’atmosfera, peggiorando il cambiamento climatico. La ricrescita delle foreste potrebbe alla fine rimuovere quell’anidride carbonica in più dall’atmosfera, ma la ricrescita è incerta e richiede tempo: da decenni a un secolo o più, a seconda della composizione della foresta e della zona climatica”. “Inoltre – aggiunge il dossier di Fern – c’è il sequestro scontato: quando un albero viene bruciato, smette di catturare Co2 e gli alberi più giovani hanno bisogno di molti anni per iniziare a catturarla alla stessa velocità”.

Produrre tonnellate di Co2 senza acquistare crediti di carbonio – “L’Emission Trading Scheme (Ets) dell’Unione Europea ritiene che la combustione di biomassa legnosa che rispetta i criteri della Red III rilasci zero emissioni” spiegano i ricercatori riferendosi alla direttiva europea sulle rinnovabili che potrà essere modificata dal voto dell’Europarlamento martedì. Per questo oggi “Eph può continuare a rilasciare milioni di tonnellate di Co2 senza acquistare crediti di carbonio nell’Ets”. “La multinazionale può anche accedere a finanziamenti ‘verdi’ poiché la combustione del legno è stata accettata come attività idonea alla tassonomia della finanza sostenibile dell’Unione Europea”.