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Ucraina, sei mesi dopo: la comunità internazionale continui a sostenere gli sfollati

Dopo la prima straordinaria ondata di solidarietà verso il popolo ucraino, a sei mesi dall’inizio del conflitto è fondamentale che Europa e comunità internazionale continuino a sostenere l’accoglienza dei profughi nei Paesi al confine. In particolare aumentando gli aiuti a Polonia, Romania e Moldavia, che si stanno facendo carico di dare rifugio a gran parte degli ucraini in fuga da un conflitto, che secondo le stime (al ribasso) delle Nazioni unite ha causato 13 mila vittime e lasciato 17,7 milioni di persone a dover dipendere dagli aiuti umanitari per sopravvivere, solo dentro l’Ucraina. È perciò essenziale, oggi più che mai, mantenere alta l’attenzione oltre che sul dramma della guerra che si sta perpetrando, sui rischi che stanno correndo gli ucraini in fuga dal Paese. Sono oltre sei milioni quelli che sono riusciti a lasciare l’Ucraina, quasi altrettanti gli sfollati interni.

Si tratta in gran parte di donne, a volte rimaste vittime di abusi e violenze da parte di soldati, che spesso non riescono a trovare l’assistenza psicologica o il sostegno di cui hanno bisogno; di minori, che in diversi casi attraversano il confine ucraino da soli rischiando di restare vittime di tratta e sfruttamento; di anziani e persone con disabilità che hanno bisogno di un’assistenza dedicata, che spesso manca. Assieme a loro sono tante anche le persone Lgbtqia+, i cittadini di paesi terzi e le persone di colore o di minoranza rom fuggite dall’Ucraina, ma che si sono trovate ad affrontare fenomeni di discriminazione, barriere linguistiche e legali, dovute anche alla mancanza di servizi specializzati adatti alle loro esigenze.

L’emergenza in Moldavia e Polonia

Nonostante gli sforzi immediati messi in campo dai governi per far fronte all’emergenza e garantire ai rifugiati ucraini di poter lavorare, avere un alloggio e assistenza, oggi in tanti, troppi, si stanno chiedendo quindi cosa sarà di loro nel prossimo futuro. Di fronte a mille difficoltà quotidiane, spesso separati dal resto della propria famiglia, con la prospettiva che un esilio che speravano durasse solo qualche mese possa prolungarsi e non di poco, con l’inasprirsi e il cronicizzarsi del conflitto. Come successo, ad esempio, al popolo siriano. In Polonia, come del resto anche in Italia seppur con numeri assai inferiori, in molti hanno trovato accoglienza in abitazioni private, grazie alla solidarietà di tante famiglie che hanno deciso di condividere la propria casa; oppure sono stati costretti a utilizzare i pochi risparmi che avevano per pagarsi un affitto. Ma adesso con un’inflazione alle stelle, l’aumento dei costi di energia e delle abitazioni, non riescono più a far fronte alle spese quotidiane.

Una situazione che se sta mettendo in ginocchio tante famiglie in Italia, si può facilmente intuire quale effetto devastante possa avere su chi ha perso tutto per la guerra. Inoltre il governo polacco dal primo luglio ha sospeso gli aiuti, pari a circa nove dollari al giorno, destinati alle famiglie che si sono fatte carico dell’accoglienza. In mezzo, il rischio che si creino delle disuguaglianze nell’accoglienza degli stessi ucraini. In Moldavia, ad esempio, tante famiglie ancora oggi sono costrette a vivere tutte assieme nelle palestre delle scuole, con scarsi servizi. E in gran parte sono cittadini ucraini di etnia rom, che spesso vengono indirizzati verso centri che garantiscono un’accoglienza di gran lunga peggiore rispetto a quella riservata agli altri rifugiati ucraini.

Le difficoltà nella risposta umanitaria

Anche le molte organizzazioni locali e non che si sono fatte carico dal primo giorno dell’aiuto ai rifugiati adesso stanno affrontando sfide sempre più difficili. Per far fronte ai bisogni crescenti nei primi mesi hanno dovuto rivolgersi spesso a personale volontario, che adesso fatica sempre di più a conciliare i propri impegni con lo sforzo umanitario. In questo scenario è quindi necessario che i governi e la comunità internazionale si attivino subito per coordinare in modo più efficace una risposta di lungo termine per l’accoglienza dei rifugiati. Un appello, a cui assieme ad altre organizzazioni al lavoro sul campo, si unisce anche Oxfam, che con tanti partner locali ha soccorso finora oltre 700 mila profughi ucraini nei paesi al confine ucraino e dentro il paese per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari nei centri di accoglienza; alloggi temporanei e beni di prima necessità ai nuovi arrivati; supporto psicologico e orientamento alle persone più vulnerabili a rischio di sfruttamento e tratta.

Nessuno in fuga dalla guerra può essere vittima di discriminazioni

Un aiuto e una solidarietà di cui l’Europa e l’Italia, e in generale la comunità internazionale, hanno già dimostrato di essere capaci verso il popolo ucraino, ma che allo stesso modo deve essere rivolta a qualsiasi persona in fuga da guerra e miseria, sia nei paesi di origine oggi spesso sull’orlo della carestia, come in Africa, che all’interno dei confini dell’Unione. Allo stesso tempo è fondamentale che i governi dei paesi al confine con l’Ucraina si impegnino per garantire che tutti i rifugiati ricevano l’aiuto e il sostegno di cui hanno bisogno; e a sostenere le comunità locali, la società civile e le tante famiglie che si stanno facendo carico di parte dell’accoglienza e fino ad oggi hanno dimostrato una straordinaria solidarietà.