Giustizia & Impunità

Corruzione, tangenti pagate con i bonifici: imprenditori indagati ed ex manager della Fiera di Milano ai domiciliari

L’indagine è partita dalla denuncia dell’ad di Fiera, Luca Palermo. Secondo l'accusa per "pilotare" due appalti sarebbero stati incassati due tranche per un valore di oltre 20mila euro

Le tangenti pagate con i bonifici. È uno dei particolari che emerge da un’inchiesta per corruzione per cui un manager è finito agli arresti domiciliari e dieci persone sono state iscritte nel registro degli indagati della procura di Milano. Le indagini preliminari sono condotte dalla Guardia di finanza di Milano e coordinate dalla procura di Milano e che hanno riguardato alcuni appalti della Fiera di Milano. La misura cautelare è stata notificata un ex manager della Fiera di Milano, Massimo Hallecker. Stando all’inchiesta, coordinata dal pm Paolo Storari e dall’aggiunto Maurizio Romanelli, l’indagato – ex senior buyer nell’ufficio acquisti di Fiera – avrebbe percepito tangenti su tre appalti per servizi legati a magazzino, impianti elettrici e manutenzione edili per un valore di 16,5 milioni. Hallecker, secondo i pm, avrebbe ricevuto 20mila e 810 euro. L’indagine è partita dalla denuncia dell’ad di Fiera, Luca Palermo.

Per pilotare due appalti, uno per la manutenzione e conduzione edile, impiantistica ed assistenza alle manifestazioni dei quartieri di Rho e Milano e l’altro per l’installazione e realizzazione di impianti elettrici per stand preallestiti e per aree servizi e aree speciali all’interno di Fieramilano, Fieramilanocity e Centro congressi Mi Co, secondo l’accusa, il manager avrebbe ricevuto il denaro da Gabriele Della Venezia, gestore di Eletric srl (tra gli indagati).

Per il terzo appalto, del valore di oltre 8 milioni, l’ex manager avrebbe favorito l’impresa Fabbro Logistics Management&Services spa (società indagata con i tre titolari). per la gestione dei servizi logistici per il magazzino di Lainate di Nolostand, la controllata di Fiera. In cambio avrebbe ricevuto una somma di denaro il cui ammontare al momento non è stato quantificato e l’affidamento di una commessa e la promessa sia di partecipare a un importante progetto edile da 25 milioni sia di concludere una trattativa di vendita di prodotti di pulizia e sanificazione a favore di aziende in cui lo stesso ex buyer aveva interessi o quote societarie. Inoltre, in un caso, le tangenti sarebbero state corrisposte tramite due bonifici bancari riportanti causali fittizie quali “acquisto mobili usati” o “acquisto Rolex” per complessivi 20.000 euro circa. I fatti contestati vanno dal marzo del 2020 fino al quest’anno. Fiera Milano, da cui è partita la denuncia, ha fornito sempre la sua costante collaborazione durante le indagini.

Stando alle indagini “una tangente per permettergli di ‘entrare in Fiera” sarebbe stata chiesta nel 2020 da Hallecker all’imprenditore Gabriele Dalla Venezia. Nel provvedimento è riportato il verbale di interrogatorio di Dalla Venezia, pure lui tra gli indagati, il quale ha ammesso di aver pagato i 20mila euro tramite i due bonifici versati. L’imprenditore ha raccontato di aver conosciuto l’ex manager di Fiera quando era responsabile dell’ufficio acquisti del gruppo Percassi nel 2016. Alla fine di quell’anno “in ossequio ad una prassi – ha affermato lo scorso marzo – , che spesso accade nelle imprese private, ho fatto dei lavori a casa di Hallecker. Non ho guadagnato nulla, gli ho solo fatto pagare il costo vivo dei lavori” facendogli risparmiare 7 mila e 500 euro.

Quando poi, nel 2018, il buyer è andato in Fiera “mi ha chiamato chiedendomi se ero interessato ad entrare nell’elenco dei fornitori di Fiera e io gli ho risposto in senso affermativo”. All’inizio del 2020 durante un pranzo “gli chiesi se doveva fare altri lavori, proponendo una soluzione analoga a quella del 2016. (…) Hallecker mi fece capire che non gradiva questa soluzione e preferiva il denaro e ciò sarebbe stato il corrispettivo per avermi fatto entrare in Fiera con tutto ciò che poi comportava in termini di possibilità di aggiudicazione di appalti. Io gli ho proposto di dare la somma di 20mila euro e lui mi disse che andava bene”. Hallecker, inoltre, dagli accertamenti, è risultato essere titolare della ditta individuale i suoi stessi nome e cognome, amministratore unico e socio al 49,7% della global Partner società che si occupa della costruzione di edifici residenziali e non residenziali e socio al 50 per cento della Lissus Concract operativa nel commercio all’ingrosso di infissi. In più, nel corso delle indagini, sono emerse altre 6 società in cui era socio occulto.

Agli atti anche un messaggio whatsapp inviato il 2 dicembre 2020 da Hallecke a Domenico Seidita, tra gli indagati, in merito all’appalto da circa 8 milioni per la gestione dei servizi logistici del magazzino di Lainate: “Mimmo stappa e preparati a lavorare duro”. La gara che sarebbe stata pilotata dal primo e affidato a Fabbro L M spa la quale ‘obbligatoriamente’ avrebbe dato in subappalto i lavori per quasi l’intero ammontare del loro valore alla Idea Servizi srl, società dell’amico Mimmo “in stretti rapporti personali e societari” con lo stesso Hallecker e un’altra persona. Come si legge nell’ordinanza del gip Domenico Santoro, questa sarebbe una delle ‘utlità’ ricevute da Hallecker. Anche il direttore commerciale della stessa Fabbro, sentito come teste lo scorso maggio, rispondendo alle domande se l’ex manager avesse ricevuto utilità, ha affermato: “Non me lo ricordo. Personalmente non ho dato soldi, però c’erano fatture che la Fabbro avrebbe dovuto pagare a una società di cui non ricordo il nome per fare arrivare una somma di denaro ad Hallecker parametrata ad una percentuale” sul valore dell’appalto pari al 5 per cento. I fratelli Fabbro sono già stati arrestati alcuni mesi fa nell’indagine milanese con al centro mazzette per gli appalti delle mense. “Mh… si, va bè, vediamo di far cosi… io però guarda, quando… quando io ho affidato a Fabbro barra loro l’appalto del magazzino, loro non erano i più competitivi e lo sai che c’era un’offerta più competitiva” aveva detto l’indagato intercettato il 6 maggio 2021 svela quindi la ‘confessione’ dell’ex dipendente che “è venuto meno ai propri doveri d’imparzialità“.