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Dopo Bakayoko, il caso dell’ex cestista Joseph Blair: “Fermato solo perché sono di colore”. Il sindacato di Polizia: “Ridicolo”

L'ex giocatore di Biella, Pesaro e Olimpia Milano era seduto davanti ad un negozio di asciugatrici quando gli agenti hanno chiesto i documenti a lui e a suo figlio. Il suo racconto su Instagram: "'Ma tu sei l'ex giocatore, ti lasciamo andare'. Se fossi stato solo una persona di colore in giro per la città è un problema?". Il segretario del Sap Paoloni replica duramente: "Abbiamo la strana sensazione che ci sia una caccia alla strega"

“‘Ma tu sei l’ex giocatore, ti lasciamo andare’. E se non fossi stato un ex giocatore? Se fossi stato solo una persona di colore in giro per la città è un problema?”. Queste le parole di Joseph Blair in merito all’episodio che lo ha visto coinvolto a Pesaro, dove la polizia lo ha fermato mentre era seduto davanti a un negozio di asciugatrici. L’ex giocatore di basket di Biella, Pesaro e Olimpia Milano ha raccontato quanto accaduto su Instagram. Blair, oggi assistant coach dei Washington Wizard in Nba, ha spiegato che a lui e a suo figlio Jourdyan gli agenti hanno chiesto i documenti, mentre la stessa cosa non è accaduta per gli altri due figli, avuti con la compagna italiana Paola, che hanno una carnagione più chiara. “Ciao a tutti i miei amici italiani, io sono qui fuori dalle asciugatici. Fa troppo caldo dentro, quindi ci siamo seduti fuori. È passata la polizia, si è fermata ed è scesa dalla macchina per chiederci i documenti – ha spiegato Blair in un video – Ce li hanno chiesti a noi due (a Blair e al figlio Jourdyan, ndr). A loro (Joseph jr e Jaeson, ndr) hanno detto che non serviva“.

“A Pesaro non ho mai avuto problemi di questo tipo e mi dispiace tanto perché come sapete un gran pezzo del mio cuore è in questa città”, prosegue il racconto di Blair. Che poi aggiunge: “Però ragazzi, così non si può. Nel mondo in cui viviamo non si può fare questo. Ho dato loro la mia patente americana, perché ovviamente non porto con me il passaporto quando vengo ad asciugare i vestiti. Dopo il controllo mi hanno detto: ‘Ma tu sei l’ex giocatore, ti lasciamo andare’. E se non fossi stato un ex giocatore? Se fossi stato solo una persona di colore in giro per la città è un problema?”.

La denuncia di Blair arriva poco giorni dopo l’esplosione del caso che ha coinvolto Tiémoué Bakayoko la settimana scorsa a Milano. Durante un fermo a inizio luglio, il centrocampista del Milan si è visto puntare una pistola contro l’automobile. Anche in quel caso, gli agenti dopo aver riconosciuto il calciatore lo hanno immediatamente lasciato andare. “Possiamo essere meglio di così come umani – ha concluso Blair – Spero che chi guarda questo video pensi che cose così non debbano succedere. E che controlli che non le facciano neanche le persone vicine. Voglio crescere i miei figli in un mondo dove questa roba non esiste”.

La replica del sindacato di Polizia
Dal canto suo il sindacato di Polizia ha replicato: “Adesso ci sembra che si stia quasi oltrepassando il limite del ridicolo“, ha detto Stefano Paoloni, segretario generale del Sap. “La sensazione che si ha è che non si aspetti altro che creare il ‘mostro’ perché la folla lo linci. Dopo Bakayoko arriva anche la denuncia dell’ex giocatore di basket Joseph Blair. Capiamo tutto, ma non la necessità di dover tornare a far parlare di sé a discapito delle forze dell’ordine che adesso non sono più libere di fare il loro lavoro”. Poi Paoloni lancia altre accuse: “Abbiamo la strana sensazione che ci sia una caccia alla strega, che punti al plauso della folla. Lasciateci fare il nostro mestiere. I controlli vengono fatti indipendente dal colore della pelle”.

Il segratario del Sap inoltre ha aggiunto: “Quindi, secondo queste nuove leggi dettate dai social, ad oggi dovremmo controllare solo persone con la pelle bianca perché altrimenti saremmo accusati di razzismo? Mi pare che si stia sfiorando il ridicolo. La notorietà va ricercata altrove e non a discapito della pelle di chi quotidianamente si alza con il solo intento di fare bene il proprio lavoro, sapendo che ad attenderlo fuori c’è una jungla pronta a fagocitarlo. Siamo stanchi di doverci difendere per ogni starnuto fatto e per i fantasmi creati dal politically correct”.