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Elezioni Palermo, il candidato di centrodestra e quel parente (acquisito) mafioso: “Nessuna frequentazione”. Morra: “Bastava dirlo subito”

Dopo le dichiarazioni contro Cosa Nostra, l’ex rettore ha dovuto spiegare i rapporti con i familiari della moglie (tra cui figura un nome di spicco delle famiglie agrigentine) a seguito delle rivelazioni de Il Domani. Il presidente della Commissione Antimafia. Che insiste: “Se non ci sono tale aderenze familiari basta dimostrarlo con la presentazione di un documento”

Si fa sempre più complicato il percorso elettorale del candidato del centrodestra alle comunali di Palermo Roberto Lagalla. Dopo le dichiarazioni – anche a gran voce – in cui prende le distanze dalla mafia, l’ex rettore che adesso ambisce alla guida del capoluogo siciliano ha dovuto spiegare i rapporti con i familiari della moglie, Maria Paola, figlia dell’ortopedico Giuseppe Ferro, fratello di Antonio Ferro, personaggio di spicco della mafia agrigentina. Precisamente – come ha rivelato Il Domani – Ferro è considerato il patriarca di un clan di Canicattì legato sia ai Corleonesi che ai Santapaola. “Si tratta di una parentela priva di qualsivoglia frequentazione. Non ho mai conosciuto, né intessuto rapporti, di qualsiasi forma e maniera, con certi ambienti e con le persone in questione”, ha spiegato il candidato sindaco. “Avrebbe potuto dirlo da subito”, sottolinea però Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia. Che insiste: “Se non ci sono tale aderenze familiari basta dimostrarlo con la presentazione di un documento”.

Il chiarimento è invece avvenuto solo in seguito alla notizia sulla parentela acquisita col matrimonio con uno dei boss di maggior riferimento del cuore della Sicilia. Una nuova tegola per l’ex rettore che oggi ha divulgato una nota in cui ha sottolineato: “Tra i punti chiave della mia azione amministrativa per Palermo c’è proprio l’attenzione e la vicinanza concreta agli imprenditori che subiscono pressioni dalla mafia”. Solo giovedì scorso, invece, gridava dal palco del Multisala Politeama riempito dal popolo chiamato a raccolta da Totò Cuffaro per la presentazione della lista della Nuova Dc, la sua avversione contro la “malavita organizzata”. Addirittura gridando che chiunque si fosse presentato con “proposte irricevibili” sarebbe stato mando via “a calci un culo”. Succedeva poco prima che Totò Cuffaro chiedesse alla stessa platea di ripetere in coro che “la mafia fa schifo”. Mentre agli albori della campagna elettorale, quando il centrodestra ancora si muoveva nel guado delle spaccature tra i partiti, l’ex rettore ha incassato l’endorsement di Marcello Dell’Utri alla sua candidatura. Lagalla ha infine sbaragliato tutti gli altri candidati (5), restando l’unica pedina di un centrodestra compatto e col pesante imprinting di due condannati per reati di mafia: Dell’Utri per concorso esterno, Cuffaro per favoreggiamento.

Così, il tema mafia ha tenuto banco finora, aggravandosi giorno dopo giorno, in vista anche del trentennale della commemorazione della strage di Capaci: prima l’intervento dei familiari delle vittime, da Alfredo Morvillo a Maria Falcone, poi anche i manifesti del collettivo di artisti Off lineForza Mafia”, “Democrazia Collusa”, “Make mafia great again”, che capeggivano per le vie del centro storico. In mezzo le rivelazioni – sempre pubblicate dal Domani – sulle chat di whatsapp che raccontavano un fitto sistema di raccomandazioni. Un’indagine sulla massoneria della Procura di Trapani che ha portato al sequestro del telefono di Lagalla, per il quale non è stata poi formulata alcuna accusa, ma dalla quale è emerso un contesto di richieste che sembrano sancire un sistema di favori reciproci con politici e potentati. Si voterà il 12 giugno. La campagna elettorale, in fondo, non è che all’inizio.